Chronik | Da Roma

Di simboli, storicizzazione e semafori

Digressione semiseria per apprezzare il lavoro al Monumento alla Vittoria durante la sosta ad un semaforo pedonale di Roma.

Un piccolo giro per Roma basta ad un occhio sensibile ai simboli di regime per uscirne pesto. Dai grandi monumenti di epoca fascista alle piccole targhe nascoste, un po’ ovunque ci sono relitti intrisi di retorica risorgimentale o fascista. Ma per vederli (se piccoli) o notarli (se grandi) occorre appunto un occhio sensibile e allenato. Perché la stragrande maggioranza delle persone non ci fa caso. La metabolizzazione dei retaggi nazionalistici è proceduta al pari di quella relativa ad altre e certamente più apprezzabili vestigia storiche. Si passa sopra le scritte DVX del foro italico come si transita accanto ad una chiesa.

È un peccato, perché si perdono delle perle talvolta esilaranti, come questa targa commemorativa di Cesare Battisti in Piazza Venezia datata due mesi dopo la sua morte nel 1916 (pardon, MCMXVI): “la disperata austriaca ferocia volle offesi e puniti in Cesare Battisti la stirpe, la fede, l’amore della patria e della libertà e nella cieca barbarie del supplizio se’ condannò all’obbrobrio del mondo lui votando all’ammirazione dei secoli”).

Non può che venire in mente Flaiano: è una cosa grave ma non seria. Si può non ridere di fronte a queste parole, nonostante il dramma di quei momenti, le tragedie umane, l’orrore di quegli avvenimenti accaduti giusto un secolo fa? L’occhio allenato è causa di vergogna, perché costringe a porsi la domanda se sia peggio ridere nonostante le tragedie o non ridere di fronte a lapidi del genere. Qualsiasi scelta lascia un po’ di amaro in bocca.

Così come si passa indifferenti accanto a questi simboli, è un peccato non fermarsi in ogni chiesa ad ammirarne i tesori d’arte. Semplicemente non c’è il tempo di farlo. Per questo stesso motivo la gente si disinteressa dei simboli. Li ha di fatto storicizzati senza bisogno di interventi esterni di storicizzazione. Ma un occhio allenato no, li nota per forza, per lui non c’è la storicizzazione. Ecco che inevitabilmente si schiudono i tre scenari ben noti di fronte al problema di che fare della simbologia di regimi da cui distanziarsi.

Il primo è non fare niente, riderci sopra e sperare che quei luoghi non diventino ritrovi di nostalgici – gli stadi questi rischi li corrono molto: questa è la pavimentazione del viale che porta allo stadio Olimpico.

Fregarsene potrebbe essere una buona soluzione, ed è appunto ciò che fanno quasi tutti. Spesso la migliore risposta alle ideologie cieche è l’indifferenza o, meglio ancora, una sonora risata. Ma il problema è la presenza di alcuni occhi sensibili e allenati. In qualche caso anche allenati a strumentalizzare non tanto i simboli quanto soprattutto la loro sopravvivenza con finalità di prosecuzione delle stesse divisioni che quei regimi alimentavano. No, far finta di niente non va bene.

La seconda possibilità è cancellarli. Su questo gli animi (e gli storici) si dividono da sempre. L’unica certezza è che più tempo è passato più diventa controproducente togliere i simboli dei regimi che furono, perché si attira l’attenzione su qualcosa che non la merita più, e si ricompattano le fila di coloro che, come tutti gli esaltati, si identificano in un simbolo. Peggio ancora se si tratta di simboli di regimi criminali. L’iconoclastia verso le simbologie dei regimi sconfitti è, se non sempre giustificabile, ampiamente comprensibile nell’immediatezza degli eventi. Per contro, più il tempo passa più questi simboli acquistano un significato diverso. Chi guarda Ötzi fatica a vedere in lui un uomo, anche se lo era. E il Colosseo non era meno celebrativo e “di regime” dello stadio Olimpico, ma oggi lo si vede giustamente solo come monumento patrimonio dell’umanità.

Ovviamente è una questione di sensibilità e di magnitudine. Nel mio caso, la targa commemorativa di Cesare Battisti suscita ilarità, ma la zona dello stadio, con i continui richiami al Duce, non la trovo affatto divertente, pur riconoscendone il pregio storico e architettonico.

La terza possibilità è la storicizzazione. A ben vedere è l’unica opzione nei confronti dei “relitti” che siano sopravvissuti ai cambi di regime. Sul come farlo naturalmente ci si può dividere, e anche sul giudizio rispetto alla qualità e all’opportunità dell’intervento di storicizzazione. Il rischio è ad esempio di sconfinare in una retorica uguale e contraria a quella dei regimi che si intendono spiegare e contestualizzare. Ma certo occorre provarci. Chissà, magari a Roma la storicizzazione di alcuni monumenti sarebbe meno difficoltosa che a Bolzano. Anche per questo va apprezzato il lavoro, ottimo e competente, fatto al Monumento alla Vittoria.

 

Ah, la cosa più importante! Questo testo non ha alcuna pretesa, né intende comunicare un messaggio. È la semplice trascrizione di una riflessione compiuta camminando per Roma. Come sempre di fretta, ma fermato da un semaforo e costretto a notare la targa per Cesare Battisti. Un pensiero come tanti, durato quanto il rosso di un semaforo. E pubblicato solo perché rivolto a lettori i cui occhi sono generalmente molto allenati, forse troppo. E chissà, magari da condividere un giorno con chi a queste cose non dà alcun peso.

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Marco Pagot Mi., 06.01.2016 - 16:37

Verissimo, la rimozione può creare feticci e dare (inopportuna) pubblicità a ciò che dovrebbe rimanere sepolto.
Ma non tutti i relitti hanno la stessa dimensione, imponenza e capacità di permeare la nostra quotidianità. Il Monumento é impossibile non notarlo, come alcuni degli esempi fatti da Francesco, ed é quindi preferibile -dopo tanto tempo- una storicizzazione intelligente, quindi comprensibile e non solo simbolica. Bisogna parlarne, rivelarne il significato e ribaltarlo.
Ma altri simboli, molto più diffusi, sono di più facile rimozione: basterebbe farlo senza "polemiche in casa" anche tra chi pensa siano fuori luogo. Perché altrimenti siamo noi a risvegliare un dibattito, più che i sostenitori dell'icona.
Questo vale per le vie e scuole intitolate, per gli spazi pubblici concessi a chi si rifà a quel "passato oscuro", per i simboli che é possibile rimuovere e magari ricontestualizzare altrove (penso alle aquile di ponte druso, giustamente volate via, che diventano forte simbolo in un museo, ma potente feticcio se lasciate nel magazzino della giardineria comunale).

Servirebbe poi, a volte, il coraggio civile di difenderci da chi rievoca questi simboli, o cerca di infangarne altri. Non lasciare una piazza per strumentalizzare le foibe (magari con qualche saluto a braccio teso), ma neppure per lanciare anatemi criptofascisti sotto il naso del povero Matteotti.

Mi., 06.01.2016 - 16:37 Permalink
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Stefano de Grandi Mi., 06.01.2016 - 17:22

Concordo sull'aggettivo "esilarante" attribuito alla targa romana in onore (absit iniuria verbo) del Battisti. Fermiamoci qui, però, non andiamo oltre: potrebbero offendersi quelle sezioni del Club Alpino Italiano che sono ancor oggi intitolate al predetto, quegli storici che hanno speso e tuttora spendono fiumi di inchiostro in epiche apologie sempre del predetto, tutti quei politici, militari e pubblici altolocati funzionari che domani celebreranno la Festa del Tricolore, di cui il nostro era così profondamente innamorato. Potrebbero offendersi tutte quelle anime candide che ancora credono alla fondatezza dei miti dell'irredentismo italiano, a dispetto di B. Mussolini che, in un suo scritto del 1911, disse che la popolazione rurale del Trentino era austriacante. Rimuovere queste certezze in Italia può essere molto pericoloso, specialmente se tali certezze servono, come nel caso di specie, a giustificare e perpetrare lo status quo attuale. Senza mantener vivi i miti di Battisti e di un'altra mezza dozzina di Padri (si fa per dire) della Patria, mancherebbe la legittimazione morale all'esistenza dell'Italia contemporanea. Zu gefährlich.

Mi., 06.01.2016 - 17:22 Permalink
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gorgias Do., 07.01.2016 - 07:17

In München steht dort, wo einmal das braune Haus stand, nun ein NS-Dokumentationszentrum. Ich finde es besonders gelungen, da man von diesem Standpunkt aus auch auf historische Stätten der NS-Bewegung blicken kann, danach tut man sich um einiges schwerer das Geschehene in die Vergangenheit abzuschieben.
Da man nicht jedem Pflasterstein in Rom, der mit faschistischen Symbolen behaftet ist, eine Mahntafel anbringen kann, und eine Beseitigung auch nicht das Ziel sein kann, wäre etwas analoges wie in München sicher überlegenswert.

Do., 07.01.2016 - 07:17 Permalink
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Stefano de Grandi Do., 07.01.2016 - 09:40

Si tenga ben stretti i suoi ideali ottocenteschi, che , secondo lei, hanno definitivamente cancellato miseria e povertà (ha dimenticato anche l'ignoranza, ma questa l'aggiungo io volentieri, per chiudere in bellezza). Coltivi pure il culto di quel criminale di Napoleone, il quale in nome della civiltà (quale?) ha stuprato mezza Europa, distrutto centinaia di chiese e le ha depredate di secolari tesori artistici e religiosi. Sia sempre orgoglioso, mi raccomando, delle origini italiane del tiranno d'Europa (mi sono permesso di correggere l'aggettivo da lei usato: italiofone, il quale, oltre che errato in ortografia, è errato pure nell'uso, in quanto si riferisce alla lingua parlata ma non alle origini). Faccia pure tutto ciò ma eviti, per pura salvaguardia delle sue certezze, di informarsi in merito a tutti quei Veneti che contro Napoleone hanno combattuto in nome della comune fede cristiana, non vada a cercare i nomi di quei circa 500.000 Lombardo-Veneti che hanno orgogliosamente combattuto nell'800 contro i franco-piemontesi con l'uniforme dell'imperial-regio esercito austriaco. Non legga il testo delle canzoni popolari degli abitanti del nord Italia che, spossati dalle tasse introdotte dal neo insediato Regno d'Italia, emigravano in America cantando "Porca Italia...". Il resto del testo glielo risparmio, gli ulteriori insulti verso il Regno d'Italia sono francamente irripetibili.
Rispetto i suoi antenati che hanno pagato di persona per la loro fede italiana ma rispetto non significa condivisione. Io rimango della mia idea: l'Italia moderna, figlia delle rivoluzioni ottocentesche da lei citate, è un'assoluta mostruosità, per peggio non dire. Polverizzare targhe ed ammennicoli vari sarebbe un tardivo ma dovuto sussulto di residua dignità.

Do., 07.01.2016 - 09:40 Permalink
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gorgias Do., 07.01.2016 - 09:42

Questo è sempre bello, amalgare gli elementi liberali delle correnti nazionali ottocentesche con l'ideologia reazionaria antiliberale del fascismo novecentesco.

E un altro pensiero: Palermo come membro della camera di senato della repubblica italiana che vive almeno parzialmente anche Roma, dovrebbe parlare della francia, dell'austria e di Andreas Hofer prima di poter prendere l'argomento soprastante su come in Italia tratta il proprio passato. Neanche in un pensiero en passant estranio di ogni pretesa?

E poi avere una reazione esagerata e di esumare persino il povero bisnonno per dare piu gravitas ai propri argomenti?
Penso che ci sia troppa pretesa. Per primo nella seconda guerra l'Italia faceva perte dei cattivi. E secondo a finche si trovano i calendari del duce in edicola la tematica necessità di essere tratata.

Do., 07.01.2016 - 09:42 Permalink