Wirtschaft | I dati Eurostat

Case al freddo

16 italiani su 100 non possono riscaldare la propria abitazione. È quasi il doppio della media UE. Colpa della crisi, che pone a rischio anziani, neonati e malati cronici
Freddo
Foto: upi

"Puoi permetterti di riscaldare casa tua?", domanda Eurostat ai cittadini dei Paesi UE. Per il 16 per cento degli italiani, purtroppo, la risposta è negativa. Si patisce il freddo in casa, e questo - lasciano intendere le statistiche - è soprattutto a causa degli effetti della crisi. I dati, che sono stati pubblicati il 4 gennaio, ci dicono che l'Italia, nella poco invidiabile classifica 2016 dei Paesi Ue dove ci sono più persone che non riescono a riscaldare adeguatamente la loro abitazione, si colloca al sesto posto. Peggio di noi fanno solo Bulgaria (39,2%), Lituania (29,3), Grecia (29,1), Cipro (24,3) e Portogallo (22,5). La media UE (i dati fanno riferimento al 2016, come da tabella) è dell'8,7%.

Stanno meglio di noi in Romania, dove appena il 13,8% della popolazione denuncia problemi di riscaldamento (mentre dieci anni fa, nel 2007, un terzo della popolazione viveva al freddo), passando per la Spagna (10,1), la Polonia (7,1), la Gran Bretagna (6,1), la Francia (5), la Germania (3,7) fino ad arrivare alla Finlandia, che è la "prima della classe" con una percentuale pari appena a 1,7.

La situazione italiana è dovuta in gran parte agli effetti economici della crisi, e questo emerge dalla lettura della serie storica dei dati Eurostat. Nel 2006 la quota della popolazione che non riusciva a riscaldare adeguatamente il suo alloggio era del 10,4% e nel 2010 era salita all'11,6% contro una media Ue del 9,4%. Il problema è esploso nel 2011, quando il dato italiano ha toccato il 17,8% contro una media Ue del 9,8. L'anno dopo il fenomeno ha toccato il suo apice. Nel 2012 infatti ben il 21,3% degli italiani dichiarava di non riuscire a riscaldare adeguatamente la sua casa mentre la media Ue cresceva ma si attestava al 10,8%. Negli anni successivi la situazione in Italia è leggermente migliorata (18% nel 2013 e nel 2014) per poi scendere al 17% nel 2015 e al 16,1 del 2016 contro l'8,7% della media Ue.

Nel riportare la notizia, il quotidiano di informazione sanitaria QuotidianoSanità invita a misurare gli effetti del freddo domestico sui soggetti più a rischio, e cioè "i cardiopatici, i soggetti affetti da patologie respiratorie croniche, persone anziane e con problemi cognitivi, i neonati, persone che soffrono di altre malattie croniche (diabete, malattie della tiroide, malattie artritiche, dipendenze, patologie psichiatriche) o che assumono sostanze psicotrope o antinfiammatori".

"Gli anziani -spiega l'articolo- sono particolarmente vulnerabili agli effetti delle basse temperature a causa della diminuita risposta del loro sistema di termoregolazione e la ridotta percezione del freddo. I soggetti con deficit fisici e/o psichici (come i malati di Alzheimer) sono più a rischio, perché non sono in grado di gestire correttamente il riscaldamento domestico e di adottare comportamenti adeguati. I Malati cronici (che in Italia sarebbero almeno 4 su 10, ndr) sono a rischio in quanto l’improvviso grande freddo, associato ad avverse condizioni metereologiche, può peggiorare condizioni di salute già precarie e, soprattutto, aggravare patologie croniche quali: malattia cardiovascolare, broncopatia cronica ostruttiva, asma bronchiale, diabete e disturbi neurologici (soprattutto se in trattamento con sostanze psicotrope)".

Problemi, infine, ci sono per neonati e lattanti (i bambini poveri sono 1 milione e 292mila, certifica l'ISTAT) "in quanto nei primi mesi di vita la termoregolazione corporea è meno efficace ed il rapporto superficie cutanea/massa corporea è elevato (elevata dissipazione di calore): il neonato è molto vulnerabile alle temperature molto basse e può entrare rapidamente in situazioni di ipotermia; inoltre, i bambini molto piccoli non possono manifestare in modo esplicito il disagio causato dal freddo (non autosufficienza)".