Gesellschaft | Le quote rosa

Oltre le quote rosa

Le quote rosa non servono a scrittrici, scienziate, filosofe e parlamentari. Le quote rosa servono a risolvere le problematiche delle categorie umili.
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Mi viene in mente Flora, una mia “congenere” italiana, che lavora 16 ore su 24. Pensavo quanto sarebbe bello se potesse diminuire le ore di lavoro, oppure incassare un po' di soldini in più, per lo meno in egual misura rispetto al suo amico Pepe, che lavora quanto lei. Che venisse il giorno in cui appena tornata a casa, mentre è sotto la doccia calda svestendo parzialmente la sua stanchezza accumulata dall’alba, suo marito le preparasse il tavolo, uno dei figli (ne ha tre) preparasse i piatti; l’altro mettesse la biancheria nella lavatrice, il terzo portasse il cane a passeggio dopo cena, e così via. Ma Flora, malgrado le battaglie e le vittorie delle donne, fa sempre da sola, prepara la cena mentre mangia il pranzo, poi di sera il pranzo mentre stira la biancheria. Ed è contenta perché è viva.

Infatti sono 2.200 le donne uccise dal 2000 al 2012, circa 120-130 solo nel 2014. Il femminicidio non ha risparmiato nord o sud, centro o est, nazionalità e colore, lingua o grado d’istruzione. Si nutre di “rosa” e di “costola”. Fu uno stimato avvocato di Verona, altro che uno straniero “delinquente”, l'assassinio dell’estetista Lucia Bellucci. Fu il fratello laureato che uccise anche Kozeta un sabato sera. Ricordo in Albania, negli anni 80, questa ragazza diciottenne che trovarono morta nella sua camera da letto. La polizia chiuse il caso senza svolgere delle accurate indagini. I familiari sostennero che era un po' maldestra, che spesso si impigliava nei suoi stessi piedi, e molto probabilmente aveva sbattuto la testa all’angolo del letto. Fatto sta, che tutti nel palazzo, e un bel po' nel quartiere, sapevano come era morta Kozeta. Al padre non andava bene che lei uscisse ogni tanto con il suo ragazzo di sabato sera. E nemmeno al fratello, un paio di anni più vecchio di lei. Non andavano a genio le sue “episodiche” passeggiate con un maschio. Preferivano vederla dietro i piatti, dietro le pentole, tra le tende pesanti della casa. E’ così che una sera, dopo infiniti litigi e sfibranti dibattiti, di urla e pianti sommersi, il fratello le mette le mani sul collo, la stringe forte mentre lei tenta di salvarsi. Poi si riprende e la lascia cadere dopo averla spinta con una forza spaventosa. La ragazza debole, perdendo l'equilibrio, cade con la testa sopra l’angolo appuntito di ferro del letto. Almeno così dice la gente. 

Vi sembra un caso arcaico? Niente affatto. Sono esempi odierni in ogni bozzolo del mondo. Dai paesi ricchi ai paesi poveri. Va oltre la quota rosa il destino di quella ragazzina quattordicenne della Sierra Leone (e le altre come lei) che veniva violentata continuamente dallo zio. Delle ragazzine del turismo sessuale nei bordelli della Cambogia; delle bambine Indiane, delle donne Africane che vengono massacrate e violentate ripetutamente. In modo fatiscente si sta declinando anche l'immagine delle donne europee dopo guerre e rivoluzioni, scontri e sangue versato dalle nostre madri e nonne, quei trofei storici che vengono svalutati nei formati rosa. In Italia bastarono vent'anni a ri-plasmare la donna coquet destabilizzando le giovani di oggi, e ristabilendo la sindrome di Monna Lisa.

Quello che preoccupa non sono le donne con la personalità di George Sand, Giovanna D’Arco, madre Teresa, Ipazia di Alessandria, Simone de Beauvoir. Esse furono semplicemente  geniali, e non potevano essere diversamente. Non sono né le scrittrici, né le scienziate, né le filosofe, né le parlamentari ad essere bisognose delle quote rosa. Le quote rosa servono a risolvere le problematiche delle categorie umili. Insomma, di colei che lavora ore e ore fuori casa, per poi tornare al “suo nido” per pulire, cucinare, stirare, e perfino fare l’amore esclusivamente per dovere. Sono donne sventurate, maltrattate dolcemente, illuse e silenziose.

Pesante il compito delle quote rosa se deve, e solo allora avrebbe senso, far si che Flora, riuscisse a lavorare di meno guadagnando il giusto, cosicché una domenica mattina, trovasse il tempo per leggere un bel libro, scegliendo non a caso “Le brave donne vanno in paradiso, e le cattive dappertutto”, niente meno che Ute Ehrhardt.

Oltre le quote rosa, esiste da millenni già pronta per l’uso un po’ di sfumatura rosa nell'anima e nella mente maschile, e un po’ di blu nell'anima e nella mente femminile. Per meglio dire, donne e uomini “le mezze mele” di Platone, le anime gemelle, ermafroditi. Le donne , metà dell'intero, nonché la spina dorsale che annida la vita… 
Che non sia solo una costola, e ancor peggio, rosa…

 

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gorgias Do., 05.03.2015 - 14:49

Ute Ehrhardt si scrive senza h iniziale. Ma lei il libro lo ha letto?

Poi ha dimostrato veramente un buon gusto nel parlare di certe cose con lo stesso fiato '. . . delle donne Africane che vengono massacrate e violentate ripetutamente. In modo fatiscente si sta declinando anche l'immagine delle donne europee . . .'

Complimenti!

Do., 05.03.2015 - 14:49 Permalink
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Gentiana Minga Do., 05.03.2015 - 17:43

Salve Giorgia. Grazie della osservazione,ho già corretto. Purtroppo dando più importanza il contenuto del libro,non sono mai stata brava a memorizzare il nome con o senza H. Ovviamente non faccio parte delle categorie che citano i libri senza averli letti . Per quanto lei scrive del mio “ buon gusto di parlare di certe cose con lo stesso fiato “ , non è la mia intenzione di mettere tutte le discriminazioni allo stesso livello. Anche se le vittime sono delle donne. Ho semplicemente portato diversi fatti,diversi situazioni, da diversi paesi … Comunque la ringrazio profondamente per aver espresso liberamente la sua opinione.

Do., 05.03.2015 - 17:43 Permalink