Gesellschaft | Intervista

“Lo consiglio davvero a tutti”

Denis Iardino lavorava in banca. A 29 anni ha mollato (quasi) tutto per diventare educatore sociale.
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Denis Iardino
Foto: Denis Iardino

“Un lavoro bellissimo poco scelto dai maschi che invece sono molto richiesti”.

Quella di Denis Iardino (33 anni, bolzanino doc) è una storia che dice tante cose. Innanzitutto che non è mai troppo tardi per iscriversi all’università e che nella vita è possibile conciliare attività diverse e potenzialmente incompatibili. Ma il messaggio di gran lunga più interessante ed originale è quello relativo al fatto che quella dell’educatore può essere un’avventura bellissima anche per un maschio. Nonostante il fatto che il corso di laurea in Educazione sociale presso facoltà di Scienze della Formazione di Bressanone sia quasi esclusivamente frequentato da femmine.

 

Denis Iardino, com’è nato tutto ciò?

La decisione di mettermi a studiare a 29 anni è nata dall’insoddisfazione dal lavoro che facevo. Dopo aver fatto il calciatore professionista per un po’ di tempo infatti mi ero messo infatti a lavorare in banca. Dopo 7/8 anni di questa vita mi sono detto che dovevo fare qualcosa per cambiare.

 

Quella per il sociale ed i giovani è stata una ‘vocazione tardiva’?

Mah, in realtà neanche tanto. Perché già da giovane avevo già accompagnato ragazzi nei campeggi e svolto attività di questo genere. Dopo la maturità però avevo avuto la fortuna di poter fare il calciatore professionista per qualche anno, una cosa che all’epoca era il mio sogno. Quindi la prospettiva di fare l’educatore l’avevo messa un po’ nel cassetto.

 

Calciatore dove?

Qualche anno nell’Alto Adige Südtirol in prima squadra, mentre oggi invece gioco nell’Appiano. Il lavoro in banca l’avevo trovato proprio nel momento in cui avevo deciso di lasciare il calcio professionistico. Mi è capitato un po’ per caso, avevo che assumevano tanti giovani e allora ho provato anch’io e mi hanno preso subito. Da lì è iniziata la mia vita da bancario/calciatore. Ma le soddisfazioni ancora una volta erano legate al mondo del calcio. Pensando al futuro allora ho cominciato a ragionare sulla necessità di trovare prima o poi un lavoro che mi potesse dare una maggiore gratificazione.

 

 

Com’è nata l’idea di andare a studiare presso il corso in Educazione Sociale di unibz?

Ho ragionato sulla base delle mie caratteristiche umane e le mie passioni ed ho visto in quel percorso una possibilità per me. Una prospettiva per esprimermi per quello che sono, anche caratterialmente. Per questo mi sono iscritto, continuando intanto anche a lavorare in banca. Con l’ansia però di non riuscire a starci dietro, dovendo conciliare calcio, lavoro e studio. Alla fine però è andato tutto liscio come l’olio, sono stato addirittura il primo del mio corso a laurearmi con il massimo dei voti in 2 anni e 9 mesi in occasione della prima sessione utile.

 

Un successone insomma…

Sì, per questo ho deciso poi di iscrivermi al master per completare il percorso, sfruttando la spinta. Il mio timore era quello che se mi fossi fermato dopo la triennale, mi sarei poi adagiato non trovando più le energie per rimettermi in gioco. Va anche detto che già nel corso del terzo anno di studio ho avuto l’occasione di iniziare a lavorare per l’associazione La Strada, così dopo un breve periodo ho lasciato il lavoro in banca.

 

Di quante ore sono le giornate di Denis Iardino? 40? La mole d’attività sembra quella di due persone, non di un singolo individuo.

Sono sempre stato così. Ma conto di godere dei risultati di questo sforzo già a partire dall’inverno 2018, quando dovrei riuscire a completare il master. La mia vita potrà finalmente diventare più rilassata.

 

Beh, si fa per dire…

In realtà faccio tutte cose che mi interessano, mi piacciono e mi danno grandi soddisfazioni. Durante il terzo anno sono riuscito ad avere il part time dalla banca per fare il tirocinio, dove sono piaciuto e allora ho deciso di fare il grande salto.

 

Che tipo di attività svolge per La Strada Der Weg?

Ho due incarichi. Il primo è di educatore scolastico presso una scuola media, ma poi lavoro anche presso il Centro Giovani Charlie Brown. A darmi grandi soddisfazioni è sopratutto quest’ultimo impegno in cui sono stato coinvolto nel rilancio il centro: in pratica vi abbiamo portato un po’ le nostre passioni cercando di condividerle con i ragazzi. Tra i percorsi di crescita che in cui sono attivo c’è anche un progetto per bambini e bambine che utilizza il calcio come strumento educativo, sulla falsariga della scuola di calcio dell’Excelsior.

 

Gli studi in Educazione Sociale ad unibz normalmente sono frequentati quasi esclusivamente da studentesse. Per quale motivo?

E’ un po’ difficile da spiegare. Per tradizione il mondo del sociale è sempre stato legato più che altro all’universo femminile.

 

Alla Strada Der Weg però ci sono molti educatori maschi…

Sì. E secondo me i maschi dovrebbero sentirsi stimolati a fare questo tipo di studi, anche perché sono molto ricercati. Spesso vengono esplicitamente richieste figure maschili per questi ruoli. Uno che fa questo tipo di percorso difficilmente resta a casa dopo essersi formato.

 

Beh, bisogna avere anche un po’ di predisposizione.

Sì, io ad esempio mi confronto spesso con amici e compagni di squadra che mi dicono che non riuscirebbero mai a fare un tipo di lavoro basato sullo stare in mezzo a ragazzi e bambini.

“Io invece morirei stando su una scrivania a contar soldi”

Quale invece la ricetta per riuscire a fare tutte queste cose bene e senza perdersi e stressarsi?

Fin da piccolo sono stato abituato a conciliare lo studio con il calcio e quindi ad avere sempre un impegno pomeridiano, organizzando le tempistiche. Ni ha aiutato ad avere la mente predisposta ad organizzarmi. Poi per fare tutto bene naturalmente bisogna anche essere molto determinati. In questa fare poi sono spinto da un grandissimo entusiasmo e da una forte motivazione. In un primo momento la motivazione principale è stata quella di cambiare lavoro, successivamente mi sono concentrato davvero su quello che sarei andato a fare.

 

In ogni caso per lavorare i ragazzi non c’è per forza bisogno di studiare 5 anni all’università, basti vedere il percorso formativo di molti animatori turistici. Quali sono state allora le motivazioni per sottoporsi ad un percorso di studi così impegnativo all’interno dell’università?

E’ importante poter disporre strumenti da mettere in campo e non improvvisarsi. Il segreto del lavoro dell’educatore è la relazione. Magari è anche vero che non si può imparare, ma è altrettanto vero che avere un certo tipo di informazioni ti aiuta magari a leggere le situazioni in maniera più articolata ed avere degli strumenti di interpretazione per provare a risolverle le problematiche. Quello dell’educatore poi è anche un ruolo molto delicato avendo a che fare con bambini e ragazzi. Si tratta di un ruolo di notevole importanza perché per tante persone diventi davvero un punto di riferimento. Insomma: è molto meglio essere attrezzati allo scopo. La mia idea di continuare gli studi è stata proprio motivata dall’esigenza di migliorarmi nel lavoro. Anche e soprattutto perché ci sono arrivato un po’ tardi, per cui cerco di avere tutti gli strumenti necessari.

 

Questo studio in università come si svolge? Ci sono parti teoriche e parti pratiche?

Al master l’età media dei corsisti è elevata. Per cui se alla triennale ero uno dei più vecchi ora invece sono uno dei più giovani. Anche le parti teoriche comunque sono caratterizzate da aspetti pratici e il percorso è molto incentrato sulla possibilità di imparare molto anche dai colleghi di corso. Si condividono molte esperienze personali, approfondendole in maniera anche scientifica. Al master riesco a mettere molto in relazione il mio lavoro quotidiano con gli studi. Ho quindi la possibilità di approfondire quello che faccio in modo più mirato e considerandolo da diversi punti di vista.

 

Si tratta di un percorso di studi da consigliare a tutti?

Sì, certo. Il mio rimpianto è di non averlo intrapreso già a 20 anni. A 33 anni naturalmente tutto comporta sacrifici in più e ogni tanto per motivi oggettivi a certe cose non riesci a dare il giusto spazio.