Wirtschaft | L'intervista

“Così ho battuto (ancora) Airbnb”

Filippo Battiti, 27enne imprenditore trentino, e la sua lunga battaglia contro la multinazionale degli affitti brevi. “Vittoria anche in secondo grado, spero sia finita”.
Filippo Battiti
Foto: Filippo Battiti

Può una piccola start-up trentina dare filo da torcere ad Airbnb, la monumentale multinazionale degli affitti brevi? La storia di Filippo Battiti dimostra che sì, si può. Anche a più riprese. Come avevamo già raccontato su salto.bz circa un anno fa, il 27enne imprenditore originario di Trento, ex studente di Economia e scienze sociali alla Bocconi di Milano, aveva deciso di aprire nel 2017 un’attività propria avendo sviluppato software gestionali per il settore alberghiero. Filippo aveva chiamato la sua “creatura” Ciaobnb e da lì erano iniziati i guai. Il nome è troppo simile ad Airbnb e l’azienda americana gli fa causa. Ciaobnb, che nel frattempo è diventato Ciaomanager, resiste. Passano due anni ma alla fine i giudici dell’EUIPO - l’Ufficio marchi e brevetti europeo gli danno ragione. Il gigante della sharing economy però non demorde e fa ricorso. E a un anno dalla prima sentenza arriva il due a zero.


salto.bz: Battiti, si direbbe che è diventato l’incubo di Airbnb…
Filippo Battiti: A me però ha tolto il sonno. Ora sono felice, i giudici hanno confermato in secondo grado che l’azienda californiana non aveva ragione di opporsi alla registrazione del nostro marchio. La sorte ci ha sorriso di nuovo, per il momento.

Non è finita, allora?

C’è la possibilità del terzo grado, l’ultimo, ma ad oggi ancora non ci è stato comunicato nulla in merito. Non è quindi detto che Airbnb insista ulteriormente con la causa. Se ci sarà da affrontare l’ennesima battaglia non ci tireremo indietro, ma in cuor nostro speriamo di aver già raggiunto la fine di questa storia che ci ha rubato molte energie.

La sorte ci ha sorriso di nuovo, per il momento

Cosa significa un’attesa così lunga, sul filo del rasoio, per una realtà estremamente giovane come la sua?

Tutte le controversie legali portano con sé una certa dose di preoccupazione ma quando a fare causa è un’azienda multinazionale di quelle proporzioni difficilmente le potenziali conseguenze sono favorevoli per la controparte composta da piccoli imprenditori. I nostri consulenti legali ci avevano messo in guardia: “Avete la ragione dalla vostra, ma non è scontato che vinciate perché è plausibile che si vada a tutelare piuttosto la conoscibilità collettiva di un grande marchio come quello di Airbnb”.
Non mi aspettavo che il colosso americano potesse prenderci di mira e in secondo luogo non credevo che avrei dovuto attendere degli anni per avere una risposta in merito al mio caso.
Peraltro, non sapendo come sarebbe potuta andare a finire questa vicenda e visto il rischio che si prospettava, avevamo cambiato il marchio Ciaobnb prima ancora della sentenza di primo grado. Senza contare che più il nome diventava famoso più gli eventuali danni che Airbnb ci avrebbe chiesto se avesse vinto sarebbero stati maggiori. È successo però che siamo cresciuti, raddoppiando l’organico rispetto al 2019 (l’azienda conta oggi quasi dieci dipendenti, ndr), aumentando i partner e diventando più solidi anche dal punto di vista finanziario, se penso che tre anni fa ero partito da solo e senza un soldo… All’inizio, di fronte a un colpo di scena del genere, abbiamo vacillato, temevamo che ci avrebbero prosciugato, ma non abbiamo mollato.

 

In questo scenario già di per sé complicato nessuno aveva previsto l’arrivo di una pandemia. Come ve la state cavando?

Il settore turistico, si sa, è uno dei più colpiti dalla crisi legata al Covid-19 ma per fortuna i nostri alberghi trentini e altoatesini si stanno riprendendo, la situazione non è così drammatica come per altri clienti che lavorano nelle città d’arte, Firenze, Milano, Roma, per esempio. Per quel che ci riguarda la nostra impresa non è solo riuscita a sopravvivere ma paradossalmente anche a crescere. Mi spiego: in questo periodo ad aumentare sono soprattutto gli ordini dai nuovi hotel, appartamenti, B&B interessati ai nostri servizi, anche se molti sono ancora in attesa di poter riaprire l’attività. Certo, il nostro fatturato ha risentito di questo rallentamento ma i clienti attivi per fortuna ci sostengono. Aiutiamo le strutture ad affrontare questo momento di crisi in maniera più reattiva rispetto a quelle che non hanno il supporto degli strumenti che offriamo.

Uno su tutti?

Il programma Revenue Management che, detta in sintesi, controlla l’andamento di mercato, delle prenotazioni, dei concorrenti, degli eventi, delle previsioni meteo e via dicendo, e poi consiglia quali prezzi fare al pubblico. In una situazione come quella attuale dove niente è come prima e cambiare le proprie politiche strategiche diventa giocoforza necessario, il nostro si rivela uno strumento importante. E vista la difficoltà del momento abbiamo deciso di offrirlo gratuitamente ai nostri clienti. Del resto siamo tutti nella stessa barca, se gli hotel arrancano ne risentiamo noi stessi. Io resto un imprenditore a perdere, ma potendo contare sull’aiuto dei miei genitori ho preferito rinunciare ancora al mio primo stipendio piuttosto che dover licenziare un dipendente.

La scelta più facile, davanti a questo tentativo [da parte di Airbnb] di soffocare la libertà di poter fare concorrenza, sarebbe stata tornare indietro, chiedere scusa e sperare di non dover pagare nulla a nessuno per aver solo provato ad aprire un’attività propria

Da mettere in conto però ci sono stati anche i costi legali e il tempo speso per la difesa giudiziaria nella contesa con Airbnb.
 
All’inizio ho risposto di mio pugno ai giudici, non avevo la disponibilità economica per rivolgermi a un avvocato. E la pressione psicologica non è stata indifferente, con i malloppi di 100, 200, 300 pagine  e allegati che arrivavano periodicamente dagli avvocati di Airbnb a fronte delle nostre due paginette scarse. La scelta più facile, davanti a questo tentativo di soffocare la libertà di poter fare concorrenza, sarebbe stata tornare indietro, chiedere scusa e sperare di non dover pagare nulla a nessuno per aver solo provato ad aprire un’attività propria. Invece nel 2018 con l’arrivo dei primi clienti abbiamo iniziato a incassare. Ci siamo rivolti a uno studio legale di Brescia, che ci ha offerto condizioni convenienti perché parte del lavoro lo avevamo già predisposto. In quanto al tempo, beh, per un’azienda piccola come la nostra è la risorsa più importante e dedicare ore e ore alla questione, ore in origine riservate allo sviluppo dell’attività, non è stato piacevole.

Valutate quindi l’opzione risarcimento danni?

Per ora abbiamo deciso di non procedere ma comunque non escludo a priori la possibilità, anche perché fra costi sostenuti, energie sprecate, e notti insonni, il tributo è stato alto e forse potremmo anche ottenere una cifra sostanziosa qualora vincessimo. Il fatto è che se metto sulla bilancia il tempo da dedicare a un’altra eventuale causa e quello che vado a togliere dal lavoro, indispensabile per far crescere l’attività, allora la decisione pende più da quest’ultimo lato.

“Ciaobnb” resta nel cassetto in attesa della resurrezione?

L’idea è di rispolverarlo, appena siamo sicuri di poterlo fare. Quel nome ce lo teniamo stretto, e se non chiederemo i danni ad Airbnb almeno riutilizzeremo il marchio per cui abbiamo combattuto finora. Uno smacco. Mi sembra il minimo. O no?