Politik | Dentro il Palazzo

Un Consiglio a sangue freddo

Nel giorno del “Renxit” il Consiglio regionale sudtirolese/trentino reagisce con moderata scompostezza. Una cronaca delle voci di corridoio.
Consiglio regionale
Foto: Salto.bz

Ore 9.30, nel foyer del Consiglio provinciale (oggi trasvalutato in Consiglio regionale, per la seduta di approvazione del bilancio) cominciano ad arrivare alla spicciolata i primi politici. Il compito dei cronisti è quello di carpire le dichiarazioni tiepide – quelle a caldo sono state già inzuppate nei primi caffè mattutini, al seguito di una notte corta, consumata nell'apprendimento dei risultati elettorali – che diano un senso possibile alla batosta presa dal governo nazionale sul referendum costituzionale, il cosiddetto “Renxit”, come da prevedibile battuta che qui è Andreas Pöder (BurgerUnion) a pronunciare per primo.

Le facce non tradiscono grosse emozioni, la distanza speciale dalle sorti del resto del Paese garantisce colpi attutiti, passi felpati ed esternazioni di contenuto entusiasmo o rammarico, a seconda di chi le pronuncia. Potremmo parlara di una moderata scompostezza. I primi che avvistiamo sono Walter Blaas e Roland Tinkhauser (Freiheitlichen): “Il sistema capillare della Svp ha tenuto, questo si può senz'altro dire”, formula il leader. “Mi pare una batosta per le opposizioni a livello locale”, precisa il concetto Tinkhauser. L'analisi però ammutolisce davanti ad un dato di fatto che prende il sopravvento: al quarto piano non funzionano i riscaldamenti. Probabile che il vento gelido contro le autonomie speciali che soffia dal resto del Paese abbia già prodotto i primi tagli? Per riscaldarsi, intanto, ci si rifugia nella piccola caffetteria accanto all'aula.

Arriva il trentino Maurizio Fugatti (Lega Nord). “Io il risultato l'ho visto bene, mi pare che i cittadini abbiano punito la maggioranza provinciale, parlo ovviamente per quel che riguarda il Trentino, ed è soprattutto il voto di Trento città che ci fa capire come l'establishment locale non sia in sintonia con il popolo. Adesso nessuno potrà costringerci a cambiare lo statuto, e questo è sicuramente positivo”. Il dubbio che possa andare diversamente, che cioè in Parlamento si formi una maggioranza assai ostile alle ragioni delle autonomie speciali, non lo sfiora neppure per un minuto.

Anche Hans Heiss (Verdi) transita tra l'aula e l'uscita. Quando rientra lo blocchiamo per una dichiarazione panoramica. “Sono tornato appena dalla Scozia”, esordisce facendo capire che la visione di altri panorami potrebbe adesso non rendere lucido come sperato il suo giudizio. “Il nostro era un NO in chiave minore, sottotono, sapevamo delle difficoltà che sarebbero comunque sopravvenute. Qui in Sudtirolo l'Svp è riuscita a mettere le opposizioni in riga, ma forse il segnale che è stato dato dai cittadini ha anche un altro significato. Non è cioè da escludere che la campagna referendaria abbia risvegliato una sorta di interesse per il Paese in generale, una nuova curiosità per l'Italia (Heiss dice: ein sympatisches Interesse, ndr)”.

I politici continuano ad arrivare, sono quasi le 10.00, ora in cui comincerà la seduta. Pöder si dichiara sorpreso dell'alta affluenza registrata in Sudtirolo (“davvero non me l'aspettavo...”), evidentemente il sympatisches Interesse per l'Italia è qualcosa che non rientra nel campo delle possibilità. Riconosce comunque “alta credibilità” alla Svp e ritiene che le opposizioni abbiamo sbagliato ad insistere con una campagna anti-Roma. E detto da lui fa un certo effetto.

L'unico che traversa lo spazio con un volto raggiante (e le dita a forma di V) è Alessandro Urzì. “Gli iper-autonomisti (cioè la Svp, ndr) cantano vittoria, ma la loro è una vittoria di Pirro. L'affermazione del SÌ non fa che mettere un focus negativo su questa provincia, attira ancora di più l'astio nei confronti del nostro status privilegiato. Io dico che Kompatscher, invece di gongolare, dovrebbe trarre le conseguenze dall'esito del voto”.

Adesso sono arrivati quasi tutti, i giornalisti delle televisioni accendono le lampade, i rappresentanti del popolo divengono falene. Il governatore trentino Ugo Rossi ripete a breve distanza di tempo dichiarazioni che divengono necessariamente sempre più sintetiche, ma anche precise. Parla di un'“onda nazionale” che sommerge ogni volta le buone istanze autonomistiche propagate dal governo locale. Il suo timore, afferma, è che adesso si percepisca una spaccatura tra Trento e Bolzano, come se gli italiani (quelli dell'Alto Adige, ma anche i trentini non pienamente convertiti alla battaglia per l'autonomia) si rifiutino di capire che in questo modo stanno mettendo a rischio la percezione che bisogna invece assolutamente far valere: “Con la scusa di abbattere Renzi, le opposizioni hanno reso più difficile la nostra missione, che resta quella di rendere pienamente giustificabile il nostro statuto speciale”.

Tutt'altra analisi (e altro stato d'animo) per Paul Köllensperger, secondo il quale, puntando su Renzi, la Svp ha compiuto uno sbaglio strategico. “L'elettorato si è lasciato influenzare dalle paure agitate dal matrimonio Svp/Pd, che hanno dipinto una forte crisi dell'autonomia se non si fosse avallato il progetto della riforma costituzionale. Per noi era sempre chiaro il contrario e quindi siamo contenti dell'esito del voto”. Sul futuro, il consigliere provinciale dei Cinque Stelle si mantiene coperto, ma non rinuncia ad esprimere il suo vaticinio: “Renzi è molto furbo, lascerà qualcuno dei suoi in sella e alle prossime elezioni ce lo troveremo nuovamente davanti. Io spero comunque che si vada presto al voto per avere finalmente un governo legittimato dalla volontà del popolo”.

La caffetteria del “Palazzo” ormai ribolle di consiglieri, le frasi si acciuffano al volo. Martha Stocker e Arnold Schuler parlottano in un angolo. Chiedo alla prima, in tedesco, un commento di pancia. Mi risponde, in tedesco, parlando di “Ambivalenz”: “Da un lato soddisfattissimi per come è andato il voto qui da noi, dall'altro preoccupatissimi per l'Italia”. Schuler la vede in modo poco diverso: “Da noi è prevalso l'ottimismo, lo slancio per il cambiamento, in Italia invece il pessimismo e la sfiducia”.

Il confronto tra Sudtirolo e Italia, infine, non può mancare neppure nell'analisi di Sven Knoll, il quale sfreccia a grande velocità da una parte all'altra, ma non è avaro nel rilasciare dichiarazioni (anche in italiano). La sua prima considerazione, venisse isolata per farci un titolo, potrebbe destare un certo scalpore: “L'Italia ci ha salvato”. L'analisi mitiga l'eclat. “Trovo stranissimo che qui in Alto Adice – non è un errore di stampa, piuttosto vezzo da straniero – si sia votata una riforma centralistica. Evidentemente le persone, che non hanno capito davvero quale fosse il contenuto della riforma, hanno voluto esprimere il loro desiderio di cambiamento a prescindere, perché in Italia non funziona nulla e allora meglio fare qualcosa, muovere qualche passo in avanti per evitare il caos”. Che adesso il caos sia diventato veramente più probabile non dovrebbe comunque risultare sgradito al marziale rappresentate di Süd-Tiroler Freiheit, da sempre convinto che valga il principio del “tanto peggio, tanto meglio”. Con l'autodeterminazione, si sa, panacea universale per togliere qualsiasi male.

È tempo di riporre i taccuini e lasciare il Consiglio provinciale. Qualcuno continua a lamentarsi che i riscaldamenti non funzionino. “Questa secondo me è la vera notiza di oggi”, aveva esordito all'inizio Tinkhauser, al quale, peraltro, il sangue freddo non fa difetto già di suo.