Politik | Giovani e lockdown

Lockdown solo per i giovani? Una follia

Il provvedimento di un sindaco in Campania: imporre il lockdown ai giovani tra 14 e i 24 anni. Una via che non può essere assolutamente presa come esempio.
Giovane e virus
Foto: (c)Pixabay

“Zona rossa rafforzata, con divieto di circolazione sul territorio comunale per i giovani dai 14 ai 24 anni” è questo uno dei provvedimenti proposti, nell'ultima ordinanza, da Gaetano Cimmino, Sindaco del Comune di Castellammare di Stabia, in Campania.

L'ennesima decisione che pone, con arroganza, la lente di ingrandimento sui giovani che, solamente a causa della propria età anagrafica, si vedono costretti a rinunciare alle libertà personali più degli altri .

La motivazione è riconducibile al recente aumento del numero di casi in queste fasce d'età, in quanto, come riportato da Franco Locatelli - Presidente del Consiglio Superiore di Sanità - nella conferenza stampa del 2 marzo: “abbiamo delle evidenze chiare che nelle fasce d'età tra i 10 ei 19 anni vi è un aumento di casi di Covid-19” . Lo stesso Locatelli però vuole sottolineare come “questo maggior potere contagiante non si associa a patologia più grave” .

Questa non è una gara tra generazioni

La risposta che la politica deve dare, per fronteggiare la pandemia, non deve ridursi ad una gara tra generazioni: quindi tra coloro che, per fasce d'età, contano meno positivi.

Sarebbe bene che le istituzioni si concentrassero invece nel far rispettare le regole a tutti, indipendentemente dall’età, prendendo delle serie e concrete misure in tal senso. Non si può cadere nella banalizzazione costruendo una visione mediatica che mostri i giovani come vittime e, contemporaneamente, come colpevoli della situazione che stiamo vivendo. E le frasi pronunciate, anche a livello locale, che mettono il focus esclusivamente sui giovani, certo, non aiutano a far nascere in modo trasversale un sentimento condiviso di responsabilità e rispetto delle regole.

Una proposta che arriva proprio quando aumentano i positivi tra i più giovani

Ancora più curioso è constatare il tempismo con cui la politica ha ipotizzato dei 'lockdown selettivi', proprio nel momento in cui l'aumento di positivi si verifica tra i più giovani che - in parte - non hanno diritto di voto, e che quindi non potrebbero destabilizzare il consenso.

In queste mattine ho trascorso del tempo a rileggere diverse proposte – pubblicate nei mesi passati – che si pongono l’obiettivo di trovare un giusto compromesso tra la salvaguardia della vita dei cittadini e della loro salute, e la tutela dell’economia, l’avvio dei settori produttivi e – non per ultima – dell’Istruzione e dell’Università. Mi è capitata tra le mani proprio la ricerca pubblicata da ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) che mette in luce come, durante la fine del 2020, un lockdown selettivo sarebbe stata la scelta migliore per permettere l’avvio delle realtà economiche e sociali. Secondo i loro dati, a dover stare a casa, però, sarebbero state le persone più anziane.

Nonostante lo stesso Istituto avesse espresso il desiderio che l'offerta dei lockdown selettivi non fosse scartata a priori, avendo comunque grossi dubbi etici e politici a riguardo, questa via non è stata minimamente presa in considerazione.

Ora, invece, se ne torna a parlare concretamente, e i diretti interessati sarebbero i giovani.

Un lockdown - fondamentalmente - generalizzato e che quindi riguarda tutte le fasce d'età, è quello che viene messo in atto a livello locale, come nella maggior parte del Paese. È quindi certo che la chiusura riguarda anche i giovani che sono costretti, ormai da un anno, a rinunciare a tutte le attività in presenza. Ma non solo: penso a chi, finiti gli studi, sarebbe voluto entrare nel mondo del lavoro; penso ai molti universitari altoatesini che non mettono piede in Università da settembre; e infine penso agli studenti delle scuole superiori che - come me - hanno avuto una didattica a singhiozzo.

Non è efficace prendersela con gli stessi giovani che hanno voglia di tornare tra i banchi di scuola, che vogliono riabbracciarsi, riempire le piazze lottando per il futuro, con gli stessi ragazzi e ragazze intraprendenti che – forse troppo a lungo – sono stati costretti a rinunciare a tutto e che ora sono stufi degli slogan come #andràtuttobene senza poter ottenere un secondo di libertà in più, ma sentendosi, ancora una volta, considerati i colpevoli di tutto questo, da dover essere rinchiusi nelle proprie stanze.