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Bolzano docet

Un articolo dell’inglese The Guardian elogia il capoluogo altoatesino per aver fatto i conti con il proprio passato attraverso il depotenziamento del fregio di Mussolini.
Piffrader
Foto: Repubblica.it

“Venire a patti con la propria storia nazionale non è sempre facile”. Esordisce così, in un articolo apparso oggi sul quotidiano britannico The GuardianCarlo Invernizzi-Accetti, Assistant Professor di Teoria Politica alla City University of New York, che descrive la città di Bolzano come potenziale portatrice sana di un modello utile per confrontarsi con “questioni spinose” come quei fardelli storici caricati sulle spalle marmoree di alcuni monumenti o altre vestigia del passato. 

L’analisi si concentra sul bassorilievo di Piffrader in piazza Tribunale, raffigurante Mussolini a cavallo nel gesto del saluto romano accostato al motto “Credere, obbedire, combattere”, su cui, come noto, è stata sovrapposta la scritta luminosa “Nessuno ha il diritto di obbedire”, citazione della filosofa Hannah Arendt. “Di fronte alla richiesta da una parte di ‘distruggere’ e dall’altra di ‘preservare’ il bassorilievo, la città ha optato per ciò che appare in retrospettiva una strategia molto più intelligente”, si legge nell’articolo che ripercorre tutte le fasi che hanno portato al depotenziamento dell’opera.

"La memoria - e quindi la storia - non è una ‘lavagna bianca’ su cui possiamo scrivere arbitrariamente ciò che ci sembra congeniale nel presente"

“La cosa più importante, tuttavia, è che il monumento originale rimane visibile attraverso l'iscrizione - scrive Invernizzi-Accetti - Ciò ha lo scopo di sottolineare che la memoria - e quindi la storia - non è una ‘lavagna bianca’ su cui possiamo scrivere arbitrariamente ciò che ci sembra congeniale nel presente. Piuttosto, è un processo di sedimentazione attraverso il quale il passato non è mai completamente cancellato, ma costantemente reinterpretato attraverso la lente del presente. Il bassorilievo trasformato invita quindi le persone a riflettere sulla complessa storia della città in un modo che non è né celebrativo né negativo, ma piuttosto contestualizzato, e per questo motivo tanto più impegnativo e profondo”.

E ancora: “La citazione di Hannah Arendt implica che non possiamo in buona fede declinare la responsabilità riguardo le cose sulle quali abbiamo il potere di agire, come i monumenti che ereditiamo dalla nostra storia. Anche lasciarli intatti è un modo per affermare qualcosa nel presente. La domanda è quale tipo di messaggio vogliamo che portino”. Parlando di monumenti controversi l’autore ricorda le contestazioni riguardo la rimozione di una statua del generale Robert E. Lee da un parco di Charlottesville legata, come diverse altre opere, al razzismo sudista che scatenò la Guerra civile americana e ribadisce la lezione di Bolzano che ha “decisamente preso posizione a favore della libertà e del coraggio civico. C'è solo da sperare che altre amministrazioni che affrontano problemi simili in tutto il mondo possano guardare a questo modello”.

L'articolo del The Guardian può essere visualizzato a questo link.

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Hartmuth Staffler Mi., 06.12.2017 - 15:51

Meiner Meinung nach hat niemand das Recht, ein Zitat von Hannah Arendt zu verfälschen. Immerhin handelt es sich um das geistige Eigentum dieser bedeutenden Persönlichkeit.

Mi., 06.12.2017 - 15:51 Permalink
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Hartmuth Staffler Mi., 06.12.2017 - 22:12

Eine Auslassung ist eine Verfälschung; diese Auslassung macht das aus dem Zusammenhang gerissene Zitat noch unverständlicher, als es ohnehin schon ist. Das hat Hannah Arendt nicht verdient.

Mi., 06.12.2017 - 22:12 Permalink
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Albert Hofer So., 14.01.2018 - 14:07

Hübscher Artikel, aber in einem Detail doch eine äußerst abenteuerliche Fehldeutung, wieso der Duce noch im Jahr 2017 ungestört hoch vom Rosse herunterwinken durfte: "Although Italy’s fascist past is officially condemned, the monument stood untouched until a 2011 directive from the national government formally required the municipal administration to do something about it."

Der Autor des Artikels stellt die Sache also so dar, als ob erst eine staatliche Ordre von ganz oben nach all den Jahrzehnten eine Aufarbeitung angestoßen hätte und die bis dato unwilligen lokalen Autoritäten sich diesem Druck schließlich beugen mussten... Die Realität war freilich genau umgekehrt, nämlich jahrzehntelanger Druck von Seiten der deutschsprachigen lokalen Bevölkerung, totaler Unwille zur guten Geste von Seite der staatlichen Behörden und ein "Freifahrtschein" der zuständigen Ministerien erst in Folge einer Erpressung durch SVP-Parlamentarier im Zuge eines Misstrauensvotums gegen den Kultusminister...

So., 14.01.2018 - 14:07 Permalink