Politik | Prove di esame

Il Piano Recovery ha sostanza da vendere

Per promuovere il Recovery Plan servono due strumenti: Trasparenza per rendere ufficiali i contenuti e la posta in gioco ed una buona preparazione all’esame europeo.
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La rappresentazione della discussione sugli obiettivi e sulla gestione del piano italiano per il Recovery Fund europeo nei media segue la collaudata falsariga: Ci si concentra sugli attori politici e sui loro posizionamenti perchè di questo si può costruire una storia a tappe che si autoalimenta e con facce idonee a renderla un „Grande fratello politico“ con l’indispensabile varietà di caratteri e di verve performativa. I contenuti, già sufficientemente predeterminati dall’Unione Europea, sono da una parte troppo scontati: Ovviamente bisogna promuovere la digitalizazione, la riconversione verde dell’economia e della mobilità, progressi significativi nell’infrastrutturazione e nella messa in sicurezza del territorio, più sostegni per la scuola, le famiglie, i giovani, programmi per ricerca, formazione professionale e servizi sanitari più efficienti ecc. E dall’altra sono troppo tecnici per importunare con ciò la gente, già di suo distratta e poco incline a sforzi di ragionamento ed in questo periodo sottoposta a terapia d’urto pandemica e perciò poco lucida.

Nel piano c’è tutto quello che bisogna affrontare con urgenza

Ma una volta definito il piano nelle sue componenti principali, servirebbe proprio uno sforzo per far sapere alla popolazione che sì, il Piano è completo e annovera tutte le mission più importanti o perlomeno quelle improcrastinabili, se si guarda con realismo alla situazione del paese. Ci sono tutti gli elementi per permettere all’Italia l’aggancio ai livelli infrastrutturali di altri paesi piú avanzati. Si tratta di un’opportunità unica, promossa anche grazie alla solidarietà all’interno dell’Unione Europea, per rimettersi in gioco con tutte le qualità imprenditoriali e di sistema paese che finalmente si potranno far valere.

Allora l’attenzione va focalizzata sulle caratteristiche dei progetti e sulle modalità di realizzazione. Come richiesto dall’UE bisogna impostarli in modo da identificare bene obiettivi finali ed intermedi, evidenziarne i risvolti qualitativi in termini di upgrading dallo status quo e definire criteri per la verifica dei progressi ottenuti. Il primo traguardo è quello di superare la valutazione ex ante dei progetti da parte del Consiglio Europeo. Gli stanziamenti correlati verranno pagati sulla base di verifiche intermedie e finali del raggiungimento degli obiettivi. Una buona preparazione per questo esame europeo è, quindi, indispensabile. Basta prendere i progetti e, attraverso i criteri già noti e da specificare ulteriormente nella bozza del piano, sottoporli ad un test preliminare.

Sottoporre i progetti ad un test pubblico di maturità europea

I media potrebbero dedicare a questa operazione di informazione, sensibilizzazione e condivisione del piano alcune pagine sui giornali e degli spazi nelle trasmissioni televisive, senz’altro anche qualche approfondimento sulle piattaforme online. Messi in condizione di conoscere e di valutare perlomeno l’impostazione dei progetti più importanti, i cittadini e le cittadine saranno osservatori critici, responsabili e consapevoli. Un altro compito importante da svolgere poi, in corso di realizzazione, è quello di rendere percettibili man mano i risultati degli sforzi compiuti. Più che nuovi ingegnosi traguardi nella digitalizzazione saranno i recuperi di qualità nelle infrastrutture e nei servizi di utilizzo quotidiano a convincere la popolazione che il paese è stato in grado di compiere una svolta vera: Più nidi ed asili, scuole sicure ed attrezzate, maggiore attenzione alle esigenze delle famiglie nel mondo del lavoro, una gestione appropriata delle risorse idriche, la messa in sicurezza del territorio in relazione ad eventi naturali, reti fognarie complete, servizi ed impianti di gestione dei rifiuti funzionanti, il recupero di aree inquinate, la cura dell’ambiente e del patrimontio artistico ecc.

Quando si parla di resilienza, ci si riferisce alla possibilità di ricompattare la società attraverso sostegni mirati alle persone bisognose ed ai territori più deboli. Questo è un impulso importante per un maggiore equilibrio delle prospettive di benessere tra i ceti sociali e la loro permeabilità. Con interventi della portata di una decina di manove finanziare, d’altra parte, non si possono escludere sostanziosi effetti di trascinamento ed articolazioni delle misure che, come nel caso del superbonus del 110 per cento per lavori di risanamento energetico, finiscono per avvantaggiare coloro che del sussidio ne fanno un business con allettanti margini di guadagno. La task force ministeriale che, complessivamente, coordina gli interventi dovrebbe attivare una funzione di monitoraggio per osservare e, possibilmente, correggere questi risvolti. Se verso l’interno va data la giusta importanza all’equità sociale, anche verso l’esterno è da evitare di fornire l‘immagine di un’acutizzazione delle differenze di sviluppo del paese: Chi visita l’Italia come turista seguendo sullo smartphone un percorso di visita dei tesori storici ed artistici a Roma o in Sicilia, non dovrebbe trovarsi nella situazione di tragittare lungo strade colme di rifiuti e vedere i fiumi in condizioni pietose perchè utlilizati come discariche.

Con i soldi non viene fornita la cultura per farne buon uso.

Tutti i piani sono perfettibili. Matteo Renzi ne ha fatto una battaglia di Italia Viva, ottenendo delle migliorie e, soprattutto, visibilità. È vero, l’innovazione verde avrebbe bisogno di più audacia e progetti più proiettati nel futuro, ma bisogna anche dare tempo al tempo. Adesso ci si augura che la coalizione si compatti e che prevalga il buon senso. Non è in gioco soltanto l’allocazione di un budget da sogno con gli oltre 200 miliardi di Euro del Recovery Fund, ma l’unica ed ultima chance di uscire dal tunnel del degrado politico, istituzionale, produttivo e civico. I fondi dell’UE sono uno strumento finnanziario straordinario, ma con essi non verrà fornita la cultura necessaria per farne buon uso. Possono essere gestiti bene oppure possono essere messi a rischio, se si ricade nell’allegra improvvisazione e nell’astuta disattesa del quadro normativo, bistrattando sia l’Unione Europea che i paesi che ripongono fiducia nell’Italia. Vorrebbe dire che si fornisce prova certa e definitiva di non essere in grado di ridurre il debito e di intraprendere un cammino lungo, ma deciso, verso l’accountability economica e politica. Da queste considerazioni ne discende che la più grande sfida è quella di infondere nella gente una consapevolezza nuova di cultura civica e di condivisione della responsabilità della good governance.