Kultur | Diario di viaggio

L'arrivo in Laos

prime ore e prime impressioni di un Paese
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Tramonto, Laos
Foto: Giulia Pedron

Natura selvaggia, foreste color smeraldo, cascate cristalline, templi antichi e moltissimi sorrisi: questo è il Laos, un Paese dove le giornate scorrono lente in un’atmosfera di pace tipica dello stile di vita della sua gente gentile e allegra. Un Paese dove le diverse influenze sono ben individuabili: influenze francesi, vietnamite, thailandesi e cinesi si mescolano nella società laotiana. Il Laos sfiora il confine settentrionale della zona temperata del sud-est asiatico e penetra profondamente nel cuore della valle tropicale del Mekong.

Dopo poco più di due mesi che ero in viaggio era giunto il momento di conoscere questo Paese. Ci sono arrivata partendo da Chiang Rai, in Tailandia, insieme a Eli, un ragazzo Israeliano conosciuto qualche settimana prima e rincontrato proprio a Chiang Rai da dove abbiamo deciso di fare autostop insieme. Zaino in spalla, siamo usciti dal centro della città per accostarci sul ciglio della strada e chiedere un passaggio: non è passato molto tempo fino a quando un ragazzo tailandese ci ha fatti salire sulla sua macchina per portarci fino a un bivio dove siamo scesi per alzare nuovamente il dito nel tipico gesto dell’autostop. Un furgoncino si è fermato e ci ha caricati allegramente sul carrello per portarci direttamente al confine con il Laos. Erano un signore e un ragazzo tailandesi, molto simpatici e gentili ai quali abbiamo rubato una foto al momento dei saluti.

Al confine, timbro di uscita dalla Tailandia sul passaporto e un lungo ponte da attraversare con un autobus, timbro di entrata ed ecco che eravamo il Laos! Una volta entrati nel Paese siamo riusciti a fare ancora una volta autostop fino all’autostazione principale di Huanxai e lì le cose hanno iniziato a complicarsi. La meta finale era Luang Namtha. Fiduciosi di riuscire a continuare in autostop (fino a quel momento era andata così bene!) ci siamo nuovamente posizionati a lato della strada convinti che, primo o poi, qualcuno di sarebbe fermato: invece la gente ci guardava e, in risposta al nostro pollice alzato, ci salutava divertita dai finestrini delle auto. A quanto pare fare autostop in Laos non è così comune. Due ore sul ciglio della strada per arrivare alla conclusione che forse un’autobus sarebbe stato la scelta più saggia.

In stazione ci viene detto che l’autobus partirà alle 16.00 ma, come temevamo, non è stato così. Alle 16 in punto, quando già le valigie erano state caricate e i biglietti controllati, ci avvisano che saremmo partiti alle 18.00. Alle 17.00 ci portano invece in un’altra stazione dove l’autobus che ci stava aspettando sembrava particolarmente comodo (piccola parentesi, in Laos così come in altri paesi asiatici esistono gli autobus “notturni”, ovvero al posto dei classici sedili hanno dei veri e propri lettini, questo era uno di quelli). Peccato che però non ci fossero più posti liberi e che quindi l’unico spazio disponibile per me, Eli ed altre persone (probabilmente tutte quelle che avevano comprato il biglietto delle 16) era limitato allo strettissimo corridoio tra le due file dei sedili. Per fortuna erano solo 4 ore!

Siamo arrivati a Luang Namtha che era già notte, abbiamo trovato un piccolo hotel e siamo andati subito a dormire. Luang Namtha è rinomata per i meravigliosi trekking contornati dalla natura selvaggia ma il giorno dopo purtroppo, siamo stati svegliati da una pioggia insistente e abbiamo constatato che il brutto tempo non si sarebbe arrestato facilmente nei giorni a venire. A quel punto abbiamo deciso di iniziare il nostro viaggio verso Luang Prabang di cui vi parlerò nel prossimo articolo!