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Aste al doppio ribasso

Ecco perché quando acquistiamo pelati o passata in un supermercato siamo parte di una filiera complessa, che genera il fenomeno del caporalato.
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Foto: upi
È difficile capirlo quando entriamo in un supermercato per acquistare un barattolo di pelati o una bottiglia di passata di pomodoro, ma in quel momento diventiamo parte della filiera che porta ai titoli in prima pagina sullo sfruttamento dei migranti nei campi.
Alla base della piaga sociale conosciuta con il termine di "caporalato", infatti, c'è un meccanismo di mercato, e cioè le aste al "doppio ribasso" attraverso le quali la grande distribuzione acquista (GDO) impone il prezzo di fornitura di pelati e passate all'industria di trasformazione del pomodoro.
Il funzionamento di queste aste è descritto nel rapporto 2016 della campagna #FilieraSporca - promossa dalle associazioni Terra! Onlus, daSud e terrelibere.org - con l’obiettivo di ricostruire il percorso dei prodotti agroalimentari dal campo allo scaffale, dedicato proprio alla crisi del pomodoro. In un primo momento, la GDO fa sedere attorno a una piattaforma virtuale i propri fornitori, chiedendo loro di avanzare un’offerta per una grande quantità di un certo prodotto; sulla base dell’offerta più bassa la GDO convoca successivamente una seconda asta on line, che in poche ore chiama i partecipanti a "rilanciare", con un evidente paradosso, per ribassare ulteriormente il prezzo di vendita di quel prodotto.  
Alla base c'è un meccanismo di mercato, e cioè le aste al "doppio ribasso" attraverso le quali la grande distribuzione acquista (GDO) impone il prezzo di fornitura di pelati e passate all'industria di trasformazione del pomodoro.
Stiamo descrivendo un mercato che vale 3 miliardi di euro, di coltivazioni che occupano 70 mila ettari di terra e di oltre 5 milioni di tonnellate di prodotto finito. E parliamo di un prodotto di punta del made in Italy nel mondo: il 60% del pomodoro lavorato dall'industria italiana è infatti esportato.
Anche per questo, i promotori della campagna #FilieraSporca hanno lanciato nella primavera del 2017 la campagna #ASTEnetevi, per l’abolizione delle aste al doppio ribasso. Nell'arco di tre mesi, complice l'apertura del ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina, hanno già raccolto un parziale successo: "Grazie alla nostra pressione - spiega in un comunicato del 28 giugno Terra! Onlus- una parte importante della Grande Distribuzione Organizzata si impegnerà ad abbandonare la controversa pratica delle aste on line al doppio ribasso sui prodotti alimentari. Durante una conferenza stampa al ministero delle Politiche Agricole, Agroalimentari e Forestali, oggi (il 28 giugno, ndr) è stato approvato un protocolo di intesa tra il ministero, Federdistribuzione e Conad che spinge gli aderenti a rispettare alcuni capisaldi della battaglia portata avanti in questi anni dalle associazioni e dai sindacati.
Il documento prevede l’istituzione di una pagina dedicata sul sito del MIPAAF, sulla quale saranno pubblicate tutte le sigle della GDO che accetteranno questo 'codice etico'. Verranno periodicamente effettuate verifiche dal Ministero, con la possibilità di segnalazioni di terze parti, per controllare l’effettivo rispetto delle disposizioni. La più importante riguarda l’impegno a non ricorrere alle aste elettroniche inverse per l’acquisto dei prodotti agricoli e agroalimentari, mentre spicca anche la possibilità per i firmatari di sperimentare sistemi di trasparenza come l’etichetta narrante, che informino i consumatori sulla provenienza delle materie prime, il rispetto delle norme sul lavoro agricolo e i passaggi di filiera". I promotori della campagna #FilieraSporca chiedono però che anche "altri attori importanti come Coop Italia, Eurospin e Lidl firmino al più presto questo protocollo".
 
Oltre allo sfruttamento del lavoro, il meccanismo delle aste al doppio ribasso colpisce anche la qualità del prodotto, come spiega Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia: "Il prezzo del pomodoro da industria supera di poco gli 80 euro a tonnellata. Poco più di 8 centesimi al chilo. Un prezzo che l'industria di trasformazione ha fissato lo scorso marzo. Per gli agricoltori, o la finestra (non firmare l'accordo proposto dall'industria) o la minestra (accettare l'accordo). Ma la finestra quando hai già predisposto terreno e anticipato spese è troppo alta, quindi conviene mangiare la minestra. A questo punto per rendere meno amara la minestra bisogna forzare la produzione il più possibile (quindi più acqua, più concimi, più diserbo). Ma probabilmente non basta. Bisogna spendere il meno possibile per raccogliere i pomodori, 3 euro per quintale, di più sarebbe proibitivo. In nome della competitività e dell'efficienza, in sol colpo, perciò vengono messi in ginocchio gli agricoltori, viene peggiorata vergognosamente la qualità dei pomodori (provate a immaginare che sapore avranno dei pomodori da 900 e passa quintali per ettaro), vengono affamati i lavoratori. Questa è l'economia di mercato".