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Giornalismo infetto

Dopo la morte per malaria di una bambina italiana "il Tempo" e "Libero" attaccano i migranti. Con titoli in prima pagina che sarebbero contrari alla deontologia.
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Foto: libero
Una bambina di 4 anni è morta di malaria, il 5 settembre, ma per alcuni media questa notizia dolorosa è stata solo un espediente per alimentare la campagna d'odio verso i migranti. L'equazione che han fatto nelle redazioni de "il Tempo" e di "Libero" è davvero semplice: la malaria è una malattia "africana" (è in quel Continente che si registra la quasi totalità delle vittime, stimate in oltre 429mila nel 2015 dall'Organizzazione mondiale della Sanità) e sono gli "africani" ad averla importata in Italia. Sulla base di questa semplicistica equazione, e potendo scrivere che la piccola era stata in ospedale con due bambini che avevamo contratto la malattia in Burkina Faso, Paese dell'Africa subsahariana di cui è originaria la loro famiglia, hanno titolato le rispettive prima pagine del 6 settembre "Ecco la malaria degli immigrati" (il Tempo) e "Dopo la miseria portano malattie" (Libero). Questo quotidiano ribadisce, “Immigrati affetti da morbi letali diffondono infezioni", e quindi in un video messaggio il direttore, Pietro Senaldi, difende la propria scelta editoriale parlando di "contagio", anche se il parassita che causa la malattia non può trasmettersi da persona a persona, ma ha sempre bisogno di un vettore, una zanzara del genere Anopheles.
 
I titoli dei due quotidiani, che hanno portato alcuni lettori a pubblicare in calce agli articoli commenti di questo tenore -"E' evidente e pacchiano un tentativo goffo per minimizzare, per parlare di qualsiasi cosa ad eccezione che uno dei 6 milioni di immigrati in Italia possa avercela portata in qualche modo"-, sono stati da più parti stigmatizzati.
Giovanni Maria Bellu è il presidente dell'Associazione Carta di Roma, un codice deontologico che dal 2008 detta alcune regole alle quali i giornalisti italiani devono attenersi quando si occupano di immigrati, rifugiati, richiedenti asilo e vittime della tratta. "A partire da un caso unico, verificatosi in circostanze ancora in via di accertamento, di un contagio all’interno delle mura di un ospedale, si tenta di accreditare l’idea che gli immigrati (gli stessi che stuprano, come suggerisce il catenaccio di Libero), portano anche malattie letali" ha scritto Bellu, annunciando un esporto disciplinare all'Ordine dei giornalisti.
 
Anche il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine, Nicola Marini, è intervenuto sul tema, insieme con Giuseppe Giulietti e Raffaele Lorusso, presidente e segretario generale del sindacato dei giornalisti: "Il ricorso a titoli sensazionalistici e privi di riscontri oggettivi nei confronti di persone straniere -hanno spiegato-, oltre a minare la credibilità dell'informazione, viola il testo unico dei doveri del giornalista, in particolare in materia di diffusione di notizie sanitarie, ingenerando nell'opinione pubblica timori infondati".
 
Secondo Ordine e sindacato, la libertà di espressione e il rispetto dell'articolo 21 della Costituzione "non possono essere invocati per far passare messaggi di odio indiscriminato in una supposta interpretazione dei sentimenti dell'opinione pubblica che invece deve poter ricevere un’informazione corretta e scevra da suggestioni infondate".
 
E “Articolo 21” è il nome dell'associazione che insieme ad altre realtà -“A mano disarmata”,“Progetto diritti”, “Rete Nobavaglio” e Amnesty International Italia- ha dato mandato di studiare la possibile presentazione di un esposto-denuncia alla magistratura contro i due quotidiani per "procurato allarme" e per aver violato la legge 205/1993 che sanziona e condanna gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista, e aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali.