Kultur | SALTO WEEKEND

Lo Spirito di Schengen

Che relazione c'è tra Ötzi e una sbarra di confine? In margine alla mostra Hostile Environment(s), conclusasi con la proiezione di alcuni appunti filmati.
Poliziotti austriaci al Brennero
Foto: dagospia

Sabato scorso (7 febbraio 2020) si è conculsa a Bolzano (presso la galleria ar/ge kunst) la mostra Hostile Environment(s), a cura dell'architetto e ricercatore trentino (ma residente a Londra) Lorenzo Pezzani. Una descrizione del progetto (e del suo senso) la trovate qui. A ridosso dell'inaugurazione aveva detto: “Dal soggiorno sudtirolese vorrei trarre nuovi stimoli per il mio lavoro e conto sulla collaborazione di tutti: ho sicuramente molto da imparare. Penso che in un luogo come questo l'ostilità di un ambiente possa per esempio esprimersi con l'utilizzo consapevole del freddo, da sempre un potente dissuasore e agente d'esclusione. Non pochi migranti muoiono infatti per ipotermia, sia quelli che aspettano i soccorsi in mare, sia quelli che magari cercano di passare la notte in un vagone vuoto, fermo ad una stazione di frontiera. Queste note rappresentano un consuntivo provvisorio della mostra, prendendo spunto dall'ultimo appuntamento che si è avuto con l'autore, ovvero la presentazione di alcuni frammenti filmati, o schizzi per immagini, che potrebbero in futuro essere utilizzati per la composizione di un vero e proprio doku-film, dal titolo "The Spirit of Schengen". Ma il processo – per adesso – è più importante del risultato finale.

Cosa intendiamo, in generale, con l'espressione lo “Spirito di Schengen”? Chi vive in Alto Adige/Südtirol o ne segue le vicende ricorderà quanto accadde il primo aprile del 1998, al Brennero. I due ministri degli Interni, Giorgio Napolitano per l'Italia e Karl Schloegl per l'Austria, si incontrarono alla frontiera dei due paesi per presenziare al sollevamento della sbarra di confine. Sembrava (e in un certo senso, ma limitato, lo era) la fine di un'epoca. Basta con le inimicizie ereditarie (Claus Gatterer), basta con la diffidenza, le attese, i controlli. Basta con il nazionalismo. In Europa, da lì in avanti, avrebbe regnato la “libera circolazione”. Lo “Spirito di Schengen”, appunto.

 

Eppure. Sempre nel 1998 un altro evento segnò la fine di una contesa di frontiera che per certi versi stava lì a sottolineare come il passaggio del confine fosse una questione tutt'altro che irrilevante. Dopo una disputa durata sette anni, ecco che la cosiddetta “Mummia del Similaun”, per gli amici Ötzi, viene definitivamente strappata all'Austria e portata in Italia, nel Museo Archeologico di Bolzano. Per Pezzani questa è la spia di una contraddizione che lega i due fenomeni apparentemente distanti: “La scoperta di Ötzi nel 1991 e la vicenda della sua cosiddetta restituzione all'Italia rianima la questione dei confini proprio mentre gli stati europei stanno negoziando la loro abolizione”. Gli appunti filmati cercano di problematizzare il nesso tra questi eventi, scavano nelle contraddizioni dello “Spirito di Schengen”. La domanda fondamentale resta: l'abolizione di un confine istituzionale implica un superamento del concetto stesso di confine, oppure si limita a frantumarne la logica, facendolo quindi risorgere altrove e introiettandolo nel corpo della società (persino nel corpo di una mummia, che da “resto umano” si è trasformata in “oggetto da esposizione”)?

 

In effetti, dopo che fiumi di spumante sono scorsi a celebrare l'oltrepassamento delle frontiere europee, adesso i confini sono tutt'altro che spariti. Essi risorgono, più rigidi che mai, intorno al perimetro continentale (trasformando per esempio il mare in un muro: la cosiddetta Fortezza Europa) e agiscono a livello burocratico, nella selva di permessi concessi e negati (si pensi alla famigerata “Circolare Critelli”) a persone la cui libertà di spostamento si vorrebbe paragonabile a quella di Ötzi nella sua gabbia di ghiaccio. L'ipotesi di Pezzani (esibita nella mostra sugli “ambienti ostili” e galleggiante nei frammenti filmati de “Lo spirito di Schengen”) è che una cosa non escluda l'altra: “I confini si mobilizzano, si ritirano dalle frontiere e si disseminano negli interstizi che distinguono le persone, moltiplicando per ognuna di esse le occasioni di esperire sulla propria pelle la dinamica, spesso invisibile, dell'esclusione”.

Dopo aver lasciato Bolzano, adesso la mostra si trasferirà in Belgio, presso la galleria Z33 di Hasselt. Chiedo a Pezzani che cosa si aspetta, quali sono le prospettive del suo lavoro itinerante e di lungo respiro: “Il mio intento è quello di mostrare che cosa accade quando il focus dell'osservazione si sposta da episodi di violenza esplicita (per esempio un naufragio) all'esame di ambienti ostili in cui la violenza è più sfumata e inapparente. È possibile riuscire a far emergere un tipo di violenza che tende così pervicacemente a nascondersi? Attraverso l'esibizione delle mie grafiche, ma anche raccontando una storia contraddittoria come quella di Ötzi – l'uomo restituito dai ghiacci mentre intorno a lui si andavano sciogliendo e contemporaneamente ricostituendo le vecchie linee di frattura tra i paesi –, credo che sia possibile stimolare una proficua riflessione.  L'obiettivo sarebbe quello di contribuire ad estendere quanto più possibile il diritto alla mobilità, che oggi invece è negato ad un grande numero di persone. In futuro mi piacerebbe per esempio seguire e documentare l'intera traiettoria di un migrante, dall'Africa fino al suo arrivo in una grande città Europea”.

 

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Massimo Mollica Di., 11.02.2020 - 16:51

Io credo che la vicenda Ötzi sia solo una questione meramente economica. Non si parla di confini ma di soldi, di piccioli!
Comunque proprio oggi ho letto un articolo su businessinsider dove Ötzi dimostra come la globalizzazione esistesse già 5000 anni fa. Pare che "Nel tardo neolitico infatti la Toscana usava complesse tecnologie per estrarre il metallo ed era al centro di una produzione di alta qualità di manufatti che poi circolavano a centinaia di chilometri di distanza."
Studio fatto da un team di ricerca italiano, Andrea Dolfini dell’università di Newcastle, Gilberto Artioli e Ivana Angelini dell’Università di Padova.

Per me lo spirito di Schengen risale a più di 5000 anni fa!

Di., 11.02.2020 - 16:51 Permalink
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Hartmuth Staffler Di., 11.02.2020 - 17:05

Das Abkommen von Schengen hat keine Grenzen aufgehoben, sondern lediglich die Grenzkontrollen, mit dem Vorbehalt, die Kontrollen jederzeit - wenn auch nur vorübergehend aus gegebenem Anlass - wieder einführen zu können. Die Bundesrepublik Deutschland verstößt mit ihren Kontrollen an der Grenze zu Österreich ganz klar gegen das Schengener Abkommen. Quod licet Jovi, non licet boci.

Di., 11.02.2020 - 17:05 Permalink