Trentino nel caos politico: pochi nani e molte ballerine

A pochi mesi dalla tornata elettorale la situazione politica della provincia di Trento appare indecifrabile. Risultato di un potere assoluto durato dieci anni in un clima fondato sulla premessa amicale della fedeltà indipendentemente dai curricula, in un contesto opaco e con bilanci ambigui nel migliore dei casi, e del tutto preoccupante nella galassia delle partecipazioni pubbliche. Le risposte ufficiali dicono: "Tutto va ben, madama la marchesa." Ma la realtà della crisi, anche nelle dorate autonomie speciali, bussa alla porta, con i disoccupati in carne ossa e un precariato diffuso. A complicare il quadro assenza di opposizione e infiltrazione mafiosa in crescita.
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Foto: Stefano Fattor

Fanno già riflettere i confronti con le regioni ordinarie italiane. I confronti più incalzanti vanno messi in rapporto con il Sudtirolo, con il Tirolo, con la Baviera per essere del tutto convinti che qualcosa non quadra. A parità di risorse il Trentino annaspa già con i vicini sudtirolesi. Maggiore disoccupazione, assenza di internazionalizzazione di aziende sempre meno incisive nel tessuto produttivo solo provinciale e nazionale. Ipertrofia burocratica a tutti i livelli con la trovata delle comunità di valle, un ulteriore costo aggiuntivo a una macchina amministrativa già elefantiaca e controproducente. Mancanza assoluta di memoria storica: il potente Silvano Grisenti, che ora torna sulla scena, dimentica di esserne stato uno dei sostenitori negli anni passati, mentre oggi tuona sul loro abbattimento. Bastano poi venti cartelle al socialista craxiano Mario Raffaelli per vedersi regalate paginate sui giornali locali per un documento infarcito di cose sensate e di amenità, con cantonate clamorose sulla cooperazione, lui sicuramente a conoscenza di meccanismi criminali che hanno consentito il lievitare del debito pubblico italiano nei folli anni ottanta, quando sì davvero la crescita avrebbe consentito di mettere in campo quelle riforme che una certa signora Tatcher non esitò trenta anni fa a mettere sul piatto. Ora sarebbero improponibili in un Paese alla frutta come il nostro. Il panorama politico trentino è composto da nani che difendono posizioni insostenibili. Il PD è guidato, parola grossa, da immobilisti che fanno invidia alla peggior democrazia cristiana, e infatti le parentele di quel partito sono lì a dimostrarlo. Il partito autonomista si accontenta di fare da stampella a una coalizione che vede anche nei contenitori dellaiani (sono rimasti solo quelli) l'evaporare di una stagione finita, a Roma però. Per il resto l'opposizione si contraddistingue per loschi figuri (il giudice ha detto che in politica si possono usare certi termini) che si confondono con la maggioranza: massoni di terza fila, chierici e questuanti di ogni risma, con la missione principale di portare a casa più soldi in saccoccia possibile. Della società trentina, se c'è ancora, a nessuno importa. Emblematico il caso dei federalisti, Miglio si rivolta nella tomba, condotti allo sfascio scientifico totale per la seconda volta da quando presentano ben sei consiglieri provinciali e regionali. Era già accaduto nel 1993, venti anni dopo, senza aver mai avuto un sindaco tra le proprie fila, si ripete la commedia già scritta, oggi, nel 2013, con la stessa pseudodirigenza. Gli elettori probabilmente dovrebbero far scattare qualche piccolo ragionamento. Intanto girando per il Trentino si possono incontrare cittadini e paesani a spasso di ogni età, giovani studiosi senza prospettive, precari con contratti da regime comunista, il controllo va bene ma l'umiliazione dovrebbe essere troppo anche per uno dei popoli più conservatori d'Europa. In più la netta sensazione che la malavita organizzata sia entrata alla grande nei meccanismi del potere che conta, tra gli appalti della Autobrennero che pochi vedono, nemmeno il consiglio di amministrazione, in enti e società pubbliche, con una evidente meridionalizzazione del personale, chiedere a Trentino Trasporti, solo per fare un esempio. Nel drammatico turn over degli esercizi commerciali a Trento down town, sì a Trento c'è anche un centro, a vista d'occhio abbiamo assistito a una sorta di metamorfosi di decine di imprese commerciali che hanno mutato pelle e idioma, d'incanto. Piccoli segnali dice qualcuno, ma sono solo la punta di un iceberg che avanza tra il buio dei personalismi esasperati e la mancanza di una rotta politica. I media offrono a loro volta una presunta immagine di una realtà che li autoalimenta, con il risultato del grottesco di secondo grado, ma questo è un argomento che merita un approfondimento a sè stante.