schiava vino
Foto: Das Badl
Gesellschaft | Finferli e nuvole

La schiava giusta

In estate è il vino migliore del mondo, dopo il pinot nero, a patto che sia fresca. Un viaggio fino al bar (a gestione cinese) dove la servono bene.

Con 40 gradi in città decido di fare un'escursione in montagna. Una salita di quasi due ore ed ecco finalmente il Gasthaus. Si suda anche a 1.600 metri. Ordino una Weizen e la scolo in un attimo. Placata la sete, si fa sotto la fame. Una cosetta leggera. Però, dimenticavo, con me ho pure il cane. Naida, si chiama, una femmina. Ha di sicuro fame pure lei. Allora addocchio lo stinco che sta annientando il bavarese al tavolo accanto.

A me la ciccia e al cane l'osso, penso. So di fare una cazzata. Già l'idea mi appesantisce lo stomaco. Un macigno nel caldo. Pesantezza e sudore. Ma lo ordino lo stesso. Con un bel bicchiere di vino rosso. Anzi un Viertele. Che non sia caldo, però.

Così quando arriva la signora, gentilissima, chiedo: che rossi avete? A bicchiere la schiava; anche cabernet e pinot nero, se vuole. Schiava? Perfetto. Ce l'ha un po' fresca? La faccia della signora si fa seria. Un attimo di silenzio, poi sguardo e voce si fanno professionali.

In montagna si suda anche a 1.600 metri. Al Gasthaus ordino un quarto di schiava. Temperatura ambiente, mi chiedono? Dipende quale. Casa mia in questi giorni raggiunge i 29 gradi. Ne uscirebbe un brulé

“Solo i vini bianchi stanno in fresco. I rossi – alza un po' il tono – SEMPRE a temperatura ambiente.” Accenna un sorriso e attende l'ordine. Bianco, con lo stinco?, penso. Non se ne parla nemmeno.

“Un quarto di schiava.”

Temperatura ambiente? Dipende quale. Casa mia , all'interno, in questi giorni raggiunge anche i 29 gradi. Ne uscirebbe quasi un brulé, una sorta di Gluehvernatsch, insomma. Vado al gabinetto e mi sembra che anche dietro il banco non è che sia freschissismo. Così, quando torna, gliela butto lì in un modo che mi sembra elegante.

“In città un caldo da pazzi. A casa mia, dentro, in salotto, ho misurato anche 29 gradi!!”

La signora si acciglia, scuote la testa con una smorfia di compassionevole solidarietà. “Cose da pazzi quest'anno, anche quassù...”

Appoggia il quartino e se ne va. Vino attorno ai 24 gradi. Non ha colto il riferimento. Ambiente, 29 gradi.

Verso Gries ci sono i locali giusti. Piego sotto i portici e raggiungo un bar di mia fiducia a gestione cinese. Il ragazzo estrae la bottiglia dalla vasca temperata. Frescura attorno ai 14 gradi. Perfetta

Dopo 17 minuti e 40 secondi, Naida, la cagnetta (che ormai però pesa 35 chili), ha finito di disintegrare l'osso extra large dello stinco. Sembra la ruspa che disintegra il bunker nr. 14. Solo che quest'ultima è molto più lenta. Come la mia digestione, che si trascina lungo tutta la strada di ritorno e continua anche quando arrivo a Bolzano. Decido di passeggiare ancora un po', verso il ponte di Sant'Antonio e poi verso piazza Vittoria. E' lì che mi viene un'idea. Verso Gries ci sono i locali giusti. Piego a destra, sotto i portici, e raggiungo un bar di mia fiducia a gestione cinese.

Un rosso, dico. Il ragazzo fa per attingere alla spina del merlot delle Venezie, poi si ricorda. Dalla vasca temperata estrae invece la bottiglia del Martinstrunk e versa. Perfetta. Frescura attorno ai 14 gradi. La schiava giusta.

La schiava, in estate, è il vino migliore del mondo. Dopo il pinot nero. Ma questo lo servono sempre a temperatura ambiente. Con la schiava, invece, qualche volta va bene.