Politik | salto europe

La Brexit ha insegnato…

Alle europee del 26 maggio 2019 le giovani generazioni hanno trainato l’aumento dell’affluenza alle urne, portandola al 50,6%.
Commissari europei
Foto: Parlamento Europeo

Al referendum del “leave” del 23 giugno 2016 erano stati soprattutto gli anziani a portare la Gran Bretagna al di fuori dell’Unione Europea. Tre anni dopo i giovani hanno mostrato più interesse nell’andare a dire la loro anche alle urne. Un Eurobarometro commissionato dal Parlamento a giugno ha infatti mostrato come siano stati soprattutto gli under 40 ad essere maggiormente coinvolti al voto. Nella fascia under 25 c’è stato un +14% di affluenza rispetto al 2014, mentre per i giovani adulti fra i 25 ed i 39 anni c’è stato un +12% rispetto a 5 anni prima.

In 19 Paesi su 28 c’è stato un aumento dell’affluenza rispetto al 2014: in particolare in Polonia, Romania, Spagna, Austria, Ungheria e Germania. Per il 22% degli intervistati la Brexit ha svolto un ruolo “in una certa misura” come fattore che ha incentivato la decisione di votare.

Le due motivazioni che hanno spinto al voto gli europei sono state soprattutto economia e crescita (44%) ed i cambiamenti climatici (37%). In 16 Paesi europei il tema più importante considerato dai cittadini è stata l’economia, in 8 il cambiamento climatico.

Significativa anche la risposta dei cittadini europei al momento politico continentale caratterizzato dal sovranismo, infatti il 68% degli intervistati ritiene che il loro Paese abbia beneficiato dell’adesione all’Unione, il livello più alto registrato dal 1983. Non è infine ancora così ovvio a tutti che ogni 5 anni fra fine maggio ed inizio giugno si voti per il Parlamento Europeo: soltanto il 44% degli intervistati nell’Eurobarometro dice di aver notato la campagna che è stata fatta a livello continentale per invitare al voto (50% tra chi poi ha effettivamente votato, 39% fra chi ha disertato le urne). Per chi vuole dare un’occhiata più esaustiva ai numeri dell’Eurobarometro, ecco qui tutto ciò di cui c’è bisogno.

 

Cammino in salita per Ursula

 

Con le audizioni degli aspiranti commissari, iniziate lunedì 30 settembre, che si concluderanno giovedì 10 ottobre, comincerà un mese a dir poco decisivo per le sorti dell’Unione.

Nelle ultime settimane c’è stata la conferma di Christine Lagarde a guida della Bce, quindi a breve si vedranno circolare anche le prime eurobanconote a firma Lagarde. Mentre Ursula Von der Leyen, dal primo novembre ufficialmente Presidente della Commissione Europea, si trova a dover lavorare sodo per trovare la quadra politica del suo “esecutivo”. Le verrà anche per questo probabilmente comodo, come riferisce il sito www.eunews.it, il fatto di vivere direttamente nel palazzo della Commissione, il Berlaymont di Bruxelles, al 13esimo piano del quale la Von der Leyen vivrà in uno spartano appartamento di 25 metri quadri. Una nuova frontiera quindi, dal portarsi il lavoro a casa al portarsi la casa al lavoro.

 

 

Paolo Gentiloni, Commissario europeo all’economia nonostante qualche perplessità da parte dei popolari più “rigoristi”, Irene Tinagli, divenuta presidente della Commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo, Roberto Gualtieri, passato da Bruxelles a via XX Settembre a Roma a capo del Mef, Ministero dell’Economia e delle Finanze, David Sassoli, presidente del Parlamento europeo

Per l’Italia sembrava dovesse arrivare il momento della “resa dei conti” economica, visti gli annosi problemi di bilancio. Dal 16 luglio invece si è innescato un concatenarsi di eventi che per ora rafforza le relazioni Italia-Europa. I 15 europarlamentari del Movimento 5 Stelle innanzitutto hanno a sorpresa votato Von der Leyen presidente, rivelandosi quindi decisivi per il risultato finale, visto che la ex ministra tedesca alla difesa è diventata inquilina del Berlaymont per soli 9 voti di scarto.

Poi il “numero”, o il trick come direbbero i ragazzi di oggi, lo ha fatto il Pd, che con poco più della metà del consenso europeo rispetto alle elezioni 2014 si è portato a casa tante posizioni importanti.

Paolo Gentiloni, Commissario europeo all’economia nonostante qualche perplessità da parte dei popolari più “rigoristi”, Irene Tinagli, divenuta presidente della Commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo, Roberto Gualtieri, passato da Bruxelles a via XX Settembre a Roma a capo del Mef, Ministero dell’Economia e delle Finanze, David Sassoli, presidente del Parlamento europeo.

Tornando alla Von der Leyen, la quadra della Commissione non sarà semplice perché il Parlamento ha bocciato il commissario candidato per l’allargamento Laszlo Trocsanyi, ungherese del Ppe e la rumena del Pse Rovana Plumb, candidata ai trasporti. Oltre alle capacità personali vengono a pesare anche in questa fase le due spine nel fianco dei due grandi “partiti di raccolta” europei: il partito Fidesz di Orban fra i popolari ed i socialisti rumeni.

Sono stati invece “rimandati” la macroniana Sylvie Goulard, candidata per industria, mercato interno e difesa, la svedese del Pse Ylva Johansson, candidata per gli Affari interni ed il polacco Janusz Wojciechowski, che puntava a guidare l’agricoltura europea.

 

Johnson o Bercow?

 

Chissà cosa succederà di qui al 17-18 ottobre, prossima data fissata per il Consiglio europeo, che si occuperà anche di clima ma soprattutto di Brexit. A metà settembre Boris Johnson pareva irremovibile sul voler uscire dall’Unione Europea, anche senza accordo, entro il 31 ottobre. O sfiducia e nuove elezioni, sembrava l’aut-aut di Johnson, o Brexit senza se e senza ma.

I sondaggi danno i Conservatori al 35%, i Laburisti al 23%, i Liberaldemocratici vera sorpresa al 18% ed il Brexit Party di Farage al 12%.

Lo speaker di Westminster John Bercow ha annunciato le sue dimissioni da presidente della House of Commons il 31 ottobre, ma potrebbe essere il leader che guida un nuovo governo di “unità nazionale” dopo aver ricevuto una proroga ai negoziati di uscita dall’Ue.

Mentre in Italia c’è una proposta di referendum della Lega per togliere la quota proporzionale alla legge elettorale per avere un maggioritario puro con collegi uninominali “all’inglese”, in Uk si sta profilando un sistema multipartitico stile “prima Repubblica all’italiana”. I sondaggi danno infatti i Conservatori al 35%, i Laburisti al 23%, i Liberaldemocratici vera sorpresa al 18% ed il Brexit Party di Farage al 12%

Guardando la media dei sondaggi realizzata nel Poll of Polls di Politico si capisce come, mentre in Italia c’è una proposta di referendum della Lega per togliere la quota proporzionale alla legge elettorale per avere un maggioritario puro con collegi uninominali “all’inglese”, in Uk si sta profilando un sistema multipartitico stile “prima Repubblica all’italiana”. I sondaggi danno infatti i Conservatori al 35%, i Laburisti al 23%, i Liberaldemocratici vera sorpresa al 18% ed il Brexit Party di Farage al 12%.

Tra i sondaggi c’è anche la riproposizione di due referendum. Il remain nell’Unione Europea sarebbe al 50% (con il leave al 44%), mentre per un ulteriore referendum indipendentista scozzese c’è parità sul 44%.

 

25 maggio e 23 agosto giornate contro i totalitarismi

 

Nelle ultime settimane si è parlato anche di una risoluzione votata dal Parlamento europeo sull’importanza di una memoria comune per il futuro dell’Europa. Una risoluzione molto discussa per l’equiparazione fra comunismo e nazismo. Con l’accorato invito alla Russia a non esaltare il regime totalitario sovietico. Il 25 maggio diverrà "Giornata internazionale degli eroi della lotta contro il totalitarismo", mentre il 23 agosto (data del patto Molotov-Ribbentrop) si ricorderà la “Giornata europea di commemorazione delle vittime dei regimi totalitari”.