Politik | Manifestazione

Per una scuola aperta, anche a distanza

Ieri mattina sono scesi in piazza i genitori per protestare contro la DAD. Le argomentazioni? Alcune al limite del negazionismo, nonostante la serietà dell'argomento.
didattica a distanza
Foto: (c) Othmar Seehauser

Come l’Alto Adige anche molte altre regioni d’Italia – dalla Lombardia, al Piemonte, fino all’Abruzzo – hanno deciso di chiudere tutte le scuole superiori e, in alcuni casi, anche le scuole medie. È per questo motivo che alcuni genitori altoatesini hanno deciso di ribattezzare l’acronimo “DAD” in “Dimenticati a Distanza” manifestando, ieri mattina alle ore 10, al Parco della Stazione davanti al Consiglio provinciale, per chiedere alla politica di riportare nell’immediato gli studenti in classe. L'invito a partecipare è stato allargato anche a studenti e professori.

Le scuole, si sa, sono chiuse a causa dell’emergenza Covid-19 e il diffondersi del virus non sembra cessare. Manifestare in piazza è attualmente concesso, sarebbe grave il contrario, ciò però non significa che sia la scelta giusta da intraprendere. Gli organizzatori hanno deliberatamente autorizzato a non presentarsi alle video lezioni chi, tra gli studenti, non poteva essere sul luogo, invocando uno “sciopero”. Una logica strana per manifestare il proprio dissenso che non richiede alcuna partecipazione attiva. Contemporaneamente le dichiarazioni di alcuni manifestanti presenti in piazza lasciano senza parole, si minimizza il problema dei morti – che recentemente hanno superato quota 100 mila persone (un’intera Bolzano) solo in Italia - e la presenza delle nuove varianti. Ma non è tutto: si accusano le istituzioni di voler sottomettere i giovani ad una “dittatura”, e si invitano gli adulti a prendere posizione in quanto i giovani “non ne hanno più le forze”. Discorsi che, oltre a togliere il focus dall’apertura delle scuole, sono al limite del negazionismo.

 

Vorrei per questo esplicitare che i molti studenti che non si allineano alle richieste di un immediato ritorno in presenza non lo fanno perché siano svogliati o senza forze, ma perché sono consapevoli dell’impossibilità che questo avvenga nel giro di poco tempo. Sono molti i giovani che si impegnano a rispettare le regole e cercano di uscire il meno possibile di casa per limitare la diffusione del virus, sono molti quelli che cercano di investire il proprio tempo in modo creativo e propositivo, ad esempio, frequentando la scuola (anche a distanza) per acquisire gli strumenti che permettono di riconoscere le dittature, quelle vere.

Ma se il problema della DAD è la totale assenza di voglia da parte di molti studenti di svegliarsi la mattina e accendere il computer, se i problemi sono l’assenza di passione ed entusiasmo e la necessità da parte dei professori di somministrare verifiche ed interrogazioni, allora perché manifestare contro le video lezioni in sé?

Non sarebbe invece più efficace richiedere un migliore insegnamento a distanza, puntando sulla qualità e il coinvolgimento di tutti?

Ecco, io credo che sia necessario pretendere da parte della politica tre piani, programmati nei minimi dettagli, per tre tipologie di scenari diversi. Sarebbe bello vedere le persone, anche i genitori, battersi per un qualcosa che trovi il giusto compromesso – temporale e strutturale – tra l’esigenza di tornare tra i banchi e la diffusione del virus.

 

I 3 programmi necessari

 

Il primo punto dovrebbe ristabilire le priorità dell’insegnamento a distanza: i giovani stanno soffrendo e possono avere gravi conseguenze causate dal lockdown. La scuola non può girarsi dall’altra parte, anzi, dev’essere il luogo dove poter affrontare queste problematiche sociali.

Il secondo deve programmare l’eventualità di un rientro al 50%: serve una organizzazione dettagliata che vada dai trasporti alle entrate scaglionate. È necessario però riorganizzare la didattica stessa: insegnare un po’ in presenza e un po’ a distanza non è affatto banale, serve essere preparati.

Il terzo e ultimo punto deve organizzare la ripresa delle lezioni al 100%, tenendo conto di tutto ciò che ci gira intorno.

Il rientro in classe, indipendentemente dalla capienza massima, deve tener conto dell’andamento della campagna vaccinale.

Serve continuità didattica tra i momenti in presenza e quelli a distanza.

Qualsiasi sia la modalità scolastica che si decida di intraprendere, serve continuità e sono necessarie delle certezze. Solo così, all’interno della scuola, può esserci una prospettiva. Non possiamo permetterci di creare “precarietà” nel mondo studentesco.
Abbiamo rincorso per un intero anno l’ideale di riaprire le scuole e incominciare di nuovo a frequentare le lezioni in presenza. Non è tardi per disilluderci e iniziare a migliorare ciò che già abbiamo e sui cui possiamo contare, senza negare l’evidenza della pandemia.