Politik | Mobilità ecologica in provincia di Bolzano

Mobilità ecologica, "quo vadis"?

A "spizzichi e bocconi" si hanno alcune indicazioni di quello che si vuol fare per agevolare la mobilità alternativa in Sudtirolo, ma si è ben lontani da una strategia organica, chiara e, soprattutto, dichiarata.
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Di tanto in tanto escono informazioni sulle iniziative della mobilità ecologica in Alto Adige. Chi segue da un po’ questo settore rimane perplesso nel vedere l’evoluzione di tali iniziative. Appare chiaro l’imprinting solo verso l’idrogeno, la mostra inaugurata il 7 settembre al Museo di Scienze Naturali ne è un po’ lo specchio alla presenza degli assessori Mussner e Theiner e dei rappresentanti dell’IIT che sta seguendo il progetto H2 a Bolzano Sud. Ma in estate c’è chi ha parlato di scartare l’elettrificazione della ferrovia Merano-Malles per optare su treni a idrogeno, poi si è parlato di idrogeno in val Pusteria con l’idea della STA di un distributore H2. Questo entusiasmo H2 in una prospettiva di lungo termine appare giustificato, ma a breve e medio si scontra però con la dura realtà dei costi. Fattore questo su cui si glissa fin troppo. E’ vero ce ci sono stati e ci saranno contributi europei, ma anche in questo caso avere cifre è impresa ardua. Ultimo esempio in ordine cronologico l’intenzione di acquistare altri 20 bus a idrogeno. Chi scrive queste righe ha saputo alla fiera Uitp di Milano che l’UE darà solo 200mila Euro per mezzo e che il restante del prezzo (fra 450 e 550mila Euro) sarà a carico degli acquirenti. Solo che giusto l’assessore Mussner alla suddetta inaugurazione di qualche giorno fa ha accennato a costi in linea con quelli dei bus già in circolazione (circa 1,1 milioni di Euro). Come stanno in realtà le cose? Bella domanda che rimane sul tavolo. Come pure quella di come si vuole provvedere al rinnovo della flotta pubblica delle aziende di trasporto pubblico locale in questa legislatura, bus a idrogeno a parte, quindi fino al 2018 ma semplicemente non si sa un bel nulla oppure si è già deciso di non rinnovare nulla?

Ad accompagnare l’idrogeno la mobilità elettrica con le EV (electric vehicle). Diciamo pure che le grandi prospettive di qualche anno fa si sono dimostrate delle enormi bolle mediatiche e, aggiungo, qualsiasi accorto osservatore lo avrebbe capito da subito. Ma evidentemente fin troppi hanno creduto alle mirabolanti prospettive che si sono dimostrate solo campagne di p.r. Il progetto di green mobility ora in ballo con il Bls parla di arrivare a mille vetture entro il 2020. Un obiettivo assai ridotto ma reale visto il mercato che offre pochi modelli e carissimi, che il normale cittadino ben difficilmente acquisterà. Anche su questo qualche giorno fa è uscito un comunicato dell’assessore Mussner che punta ad avere 30 colonnine di ricarica veloce entro il 2018. Per quali vetture, non si sa. Forse quelle dei turisti o solo per dire "siamo green"?

Rimane l’alternativa che pare scocciare l’ente provinciale. Questa è data dal metano e dal biometano. Certo ancora oggi nessuno può dare una spiegazione razionale dei circa 150 bus a gasolio, compresi quelli del Metrobus, comprati nel 2013 quando nel contempo si sono stralodati i cinque bus a idrogeno. Quale la logica di questi acquisti non è dato di saperlo. Si sa solo che questo acquisto ha mandato letteralmente per aria quanto prevede il “Piano clima energia 2050” per il trasporto pubblico. Questo piano, approvato dalla giunta provinciale nel 2011, prevede che “Entro il 2025 nelle zone urbane saranno utilizzati unicamente veicoli del TPL a zero emissioni (azionamento elettrico, a idrogeno, a metano) e anche nel trasporto extraurbano sarà rafforzato l’impiego di simili tecnologie, procedendo poi alla sostituzione totale della flotta di veicoli entro il 2050.” Gli autobus a gasolio comprati fra il 2013 ed il 2014 (compresi i mezzi del Metrobus) saranno in circolazione anche nel 2025 e ben oltre considerando che rimangono in servizio anche 15 e oltre anni. In poche parole, la Provincia ha smentito se stessa e nessuno se n’è accorto.  Lo sviluppo della rete di distributori stradali di metano è ormai fermo, nonostante i privati possano avere contributi per aprirne, ma evidentemente questi non sono sufficienti. Guardare oltre Brennero gioverebbe siccome la Tigas (il ramo della Tiwag) ha realizzato in un decennio quasi una trentina di impianti. Cosa hanno fatto nello stesso periodo Sel, Aew e le altre aziende muncipalizzate): semplice, nulla. Pure sul fronte biometano si è totalmente fermi, anche se in tale settore si può aver scontato il tremendo ritardo della legislazione italiana per utilizzarlo nei trasporti. Nondimeno non c’è ombra alcuna di progetti in tal senso, idem per l’idrometano (miscela fra metano e idrogeno), soluzione che appare però ormai su di un binario morto. In poche parole: il metano/biometano è stato praticamente cancellato dalla mobilità alternativa da parte della giunta provinciale. Dimostrato anche all'acquisto di mezzi a gasolio di enti pubblici e parapubblici. Peccato poiché tale tipo di mobilità alternativa è quello che i cittadini, ma pure gli enti pubblici, potrebbero oggi concretamente scegliere coniugando minori emissioni e minori costi. Treno che si è perso con il mega-acquisto di bus a gasolio giustificato con tesi che equivalgono ad arrampicate sugli specchi. Se si fossero scelti a metano si sarebbe ottenuto un bel risparmio in termini di costi di carburante e pure ambientali, oltre al fatto che avrebbero potuto essere riforniti con biometano, ma, come molte aziende di tpl erroneamente fanno in Italia, si privilegia la trazione più economica all’acquisto, tanto il conto del gasolio pare lo paghino altri. Il tutto appare assai curioso considerando che il metano sia definito come “ponte verso l’idrogeno”, ma qui in Alto Adige pare che tutti se lo siano scordato.

Il metano insegna una cosa che pare non si voglia proprio comprendere: senza rete di distribuzione, la mobilità H2 rimarrà inchiodata al palo. 

Quindi appare chiaro che se c’è una strategia, questa appare impostata unicamente al futuro di lungo termine e, spesso, solo per potersi definire “green region”. Ma grattando sotto la vernice “green”, la realtà pare un po' diversa. Ci si dovrebbe anche chiedere chi sostiene, suggerisce e prende queste decisioni i cui effetti si dispiegheranno nel corso dei prossimi 10, 20, 30 anni. Tra l'altro mai c'è stato un dibattito pubblico, solo una comunicazione unidirezionale, a tratti monotona.

A proposito di comunicazione, le iniziative per la mobilità ecologica e sostenibile meriterebbero (e dovrebbero) essere catalogate e facilmente reperibili in un sito web. Di questo oggi, però, non vi è poco o nulla. Un'ultima annotazione riguarda i nostri vicini trentini che paiono avere le stesse idee come qui in da noi. Insomma siamo in buona compagnia a pensare solo per la mobilità alternativa del 2050, per quella dei giorni nostri, chi ci pensa?