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Gesellschaft | Avvenne domani

Il cane da guardia degli ultimi

In morte di Padre Giovanni Barbieri.

Furono loro, con un dotto gioco di parole, a definirsi “Dominicanes, cani da guardia del Signore”. Se il calembour ha un fondo di verità, in un convento di Bologna, nei giorni scorsi, è morto un Domenicano che è stato un cane da guardia molto particolare. Ha sempre ignorato il gregge delle pecore bianche per inseguire e raccogliere quelle nere, gli sbandati, gli ultimi. Padre Giovanni Barbieri è stato, tra le persone che ho conosciuto, quella che ho visto incarnare nel modo più completo alcuni tra i più aspri precetti evangelici. “Pulsate et aperietur vobis”, e lui ha sempre aperto la porta a chiunque bussasse.
Furono in molti a bussare in quel periodo confuso e a volte terribile che coincide con l’arrivo, anche tra le vigne e i meli dell’Alto Adige dell’era degli stupefacenti. Non che la droga non circolasse da sempre, ma era roba da ricchi, cocaina e morfina che allietavano i provinciali stravizi di chi poteva permetterselo. Quel che succede con gli anni 70 è una storia tutta diversa. La dipingevano, all’inizio, come un’altra porta aperta verso un mondo libero dall’autorità, ma quasi subito qualche compagno di scuola andò a morire lontano, dopo un lungo viaggio in autostop. Vi si abbandonarono in tanti, finendo ingabbiati in una prigione che non ammetteva sconti di pena e dalla quale uscire era quasi impossibile, visto che il mondo esterno non prevedeva nessuna possibilità di aiuto, se non quella costituita dalla disperazione di famiglie che non riuscivano nemmeno a concepire quel che stava succedendo ai loro figli.
Era il dominio incontrastato dell’eroina. Per infilarsi una siringa nel braccio iniziavano presto a compiere piccoli reati, diventando l’incubo di chi aveva dimenticato l’autoradio in macchina. Le ragazze si prostituivano nei giardini della stazione di Bolzano, quelli che secondo alcuni sono diventati un luogo di degrado solo da quando li frequentano personaggi dalla pelle di colore diverso dal nostro. Erano le preferite, quelle ragazzine, dei bravi altoatesini che le caricavano volentieri sulle loro auto. Chiedevano poco e non pretendevano di usare precauzioni, destando l’ira delle professioniste che si vedevano sottrarre quote di mercato. Era una vita nomade. Viaggiavano in mezzo mondo, attirati dal mito di tante Shangri La, di una felicità perpetua che spesso era solo una scorciatoia verso una brutta morte per overdose. Capelloni, drogati e puttanelle. La parte “sana” della società li guardava con un misto di terrore e disprezzo. Di aiutarli a venir fuori dalla rete nella quale erano rimasti avviluppati neppure parlarne. Si fecero in fretta, invece, dei processi penali.
Il primo in Alto Adige, verso la metà degli anni 70, riguardava un giro di spaccio piuttosto consistente centrato sulla città di Merano dove la droga, dicevano i benpensanti sottovoce, era arrivata grazie agli ambienti che ruotavano attorno al mondo dell’ippica, confondendo probabilmente gli esseri umani con i cavalli. L’unica porta che si apriva, in quei primi anni di esplosione del fenomeno, era quella di Padre Giovanni Barbieri. Lo vedo come se fosse oggi, in un lampo bianco e nero della sua uniforme religiosa, affannarsi in giro per la città a domandare aiuti, comprensione, indulgenza per i ragazzi che accoglieva e cercava come poteva di aiutare, a tirare avanti, non morire troppo presto. Non era un vicino di casa molto apprezzato. Tra i tanti appartamenti nei quali ha ospitato il suo Centro relazioni umane, ricordo quello situato all’incirca a metà di viale Venezia. Era un porto di mare e i vicini, per ragioni umanamente comprensibili, non erano entusiasti di quel continuo andirivieni. C’erano i “tossici” e, inevitabilmente, come le mosche sul miele, arrivavano anche gli spacciatori che spesso, troppo spesso, portavano sulle spalle la stessa scimmia.

Non era molto amato, a Bolzano, Padre Barbieri. Cercava a tutti i costi di tenere all’interno della comunità persone che molti avrebbero voluto vedere solo dietro le sbarre di un carcere o sotto un metro di terra. 

Non era molto amato, a Bolzano, Padre Barbieri. Cercava a tutti i costi di tenere all’interno della comunità persone che molti avrebbero voluto vedere solo dietro le sbarre di un carcere o sotto un metro di terra. Desideri che purtroppo, nonostante gli sforzi del Domenicano, si avveravano anche troppo spesso. In redazione aggiornavamo allora con regolarità una statistica sui morti per overdose. Padre Giovanni Barbieri continuò a perlustrare Bolzano alla ricerca degli ultimi anche quando, finalmente, iniziarono a radicarsi faticosamente alcune strutture pubbliche e private che accoglievano coloro che fino a quel momento avevano avuto solo una porta cui bussare, la sua. Il cane da guardia aveva sempre qualcuno da soccorrere, da aiutare, cui offrire un posto per dormire un pasto caldo, un filo esile di speranza o comunque un abbraccio di fraterna comprensione. Ora se n’è andato con il suo abito bianco e nero, confuso nella moltitudine che in questi giorni si congeda in modo angosciante dall’esistenza. È una condizione che Padre Giovanni Barbieri ha affrontato con coraggio per tutta la vita e che lo ha accompagnato sino all’ultimo respiro. Riposi in pace. Lo ha ben meritato.

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Karl Trojer Sa., 11.04.2020 - 16:54

Padre Giovanni aveva dato sostegno anche alla più giovane delle mie sorelle, caduta nella droga, una giovane donna dolce et allegra, un´artista diplomata all´Accedamia d´Arte a Venezia. Lo considero un uomo santo, uno que ha pienamente soddisfatto alla carità incondizionata. Un grande grazie !

Sa., 11.04.2020 - 16:54 Permalink