Gesellschaft | C.L.A. dal 1976

Un lavoro che ti cambia la vita

Una cooperativa al passo coi tempi
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C.L.A. Roberto Comina e Lorenzo Pellicini
Foto: Comina - Pellicini

Bolzano, primi giorni di ottobre 2020, C.L.A.

Ho appuntamento con Roberto, direttore uscente della cooperativa, e Lorenzo, suo successore: il passaggio di consegne è tuttora in corso e io sono qui per farmi raccontare l'origine, gli sviluppi e le prospettive di quella che si può considerare un vero e proprio pezzo di storia del territorio.

Lorenzo Ho insistito che ci fosse nel logo: 1976. La longevità di un’azienda è una referenza molto importante.

Roberto [ridendo] Il problema è che ti dà l'impressione di essere di quell'epoca.

Lorenzo Beh, in effetti, nel '76 tu avevi già finito di fare il militare...

Abbiamo una data. Ma dove, come e perché è nata C.L.A.?

R La sua prima sede furono dei locali della Casa del Giovane Lavoratore. Don Giorgio Cristofolini era infatti uno dei soci fondatori di C.L.A., insieme al professor Italo Mauro, storico docente di filosofia del liceo classico, fondatore dell’A.I.A.S., padre di un ragazzo disabile, e Giandomenico Sbop, allora direttore della formazione professionale. Queste ed altre figure eccezionali si erano rese conto che mancava una realtà che potesse accogliere le persone in situazione di handicap alla fine del percorso di formazione. Ecco perché pensarono ad una soluzione ad hoc: una Cooperativa, denominata poi “Lavoratori Associati”, che ne valorizzasse le competenze garantendogli un futuro.

Un compito cui C.L.A. è rimasta fedele nel tempo.

R Sempre di più: ad oggi, la maggior parte del personale, uffici inclusi, è costituito da persone svantaggiate, una ventina di soci in tutto.

La più grande soddisfazione è per noi sapere che per loro facciamo la differenza, che qui trovano qualcosa che non hanno mai avuto: non solo un lavoro, ma una rete di relazioni, un sostegno, una quotidianità scandita da ritmi regolari.

Come è arrivato in cooperativa?

R C.L.A. viveva un momento di grande crisi ed era ormai al tracollo a causa dei debiti. L'allora vicepresidente mi ha chiesto di aiutarli: era l'89 e io lavoravo per un'azienda che vendeva prodotti simili ai loro. Decidemmo di introdurre nella produzione Pastel, una linea di raccoglitori in cartone accoppiato, più semplice da commercializzare rispetto ai modelli in pvc, da loro realizzati fino a quel momento. Ha funzionato. Pian piano abbiamo aggiunto anche l'articolo promozionale, un prodotto che garantiva un ampio margine di guadagno, e nel giro di un anno e mezzo siamo riusciti ad appianare le perdite e ad avere un solido bilancio positivo.

Hanno visto giusto, chiamandola.

R Le persone che lavoravano all'epoca in C.L.A. provenivano tutte dal mondo delle associazioni per disabili o da contesti simili e non erano abituate a gestire gli aspetti economici del lavoro. In compenso conoscevano a fondo i problemi delle persone svantaggiate, sapevano come relazionarsi con loro e capivano di cosa avevano più bisogno.

In quegli anni C.L.A. diventava una cooperativa di tipo B.

R Era nata come cooperativa sociale mista, A e B, ma la legge 24/88 ha imposto una scelta e C.L.A. ha scelto di diventare B perché, di fatto, l'aspetto produttivo era prevalente rispetto a quello occupazionale, di socializzazione, formazione.

Qual è stata la conseguenza maggiore?

R La dimissione delle persone che non avevano più i requisiti per lavorare in cooperativa.

Cosa ne è stato di loro?

R Abbiamo chiesto aiuto all'Azienda Servizi Sociali di Bolzano che ha creato "Lupo Alberto", un laboratorio protetto presso la casa di riposo di via Milano. Il laboratorio, ancora attivo e frequentato, era, al tempo stesso, una sorta di accompagnamento dolce verso quella che, per molti di loro, è poi diventata una sistemazione: si trattava infatti di persone over 60 che oggi sono entrate in casa di riposo come ospiti.

Ora di cosa vi occupate?

R Siamo operativi principalmente su tre versanti: cartotecnica, serigrafia e articoli promozionali, cioè gadget aziendali personalizzati. Tutto quello che facciamo, in realtà, lo è: adesivi, etichette di ogni genere, banner, roll-up, raccoglitori, cartelle, contenitori di ogni tipo. È il grande vantaggio di avere un reparto di serigrafia interno: possiamo fare qualsiasi cosa.

L C.L.A. è un partner eccezionale, in grado di trovare soluzioni efficaci per mettere in pratica le idee del cliente.

Ne parla come se ne avesse fatto esperienza diretta.

R Lorenzo è stato per un decennio il responsabile marketing di uno dei nostri migliori clienti.

L Ci siamo conosciuti così: per dieci anni C.L.A. è stata un - insostituibile - fornitore. E spero che chi prenderà il mio posto, presso l'azienda per cui lavoravo, farà lo stesso. Siamo partiti con dei campionari colore e siamo arrivati ad affidargli anche tutto il resto: magliette, penne, giacche...

Spesso, purtroppo, le cooperative sociali sono soggette a forti pregiudizi da questo punto di vista: ne viene sottostimata la professionalità.

L Quello che ho trovato in C.L.A. è assolutamente straordinario in termini di professionalità: ci tengo a sottolinearlo. Chi si rivolge a noi fa due volte la scelta giusta: ottiene un lavoro di altissima qualità e sostiene un modello di business che aiuta le persone in difficoltà rendendole prioritarie rispetto al profitto, valutato, peraltro, solo in maniera funzionale al raggiungimento degli obiettivi sociali.

Il lavoro come strumento di inclusione. Una scelta coraggiosa, che va oltre il concetto di donazione.

R Esatto. Questo è quello che ci sta realmente a cuore. Lo portiamo avanti anche con progetti specifici di sostegno alle categorie più deboli, in dialogo costante con enti come l'Ufficio del Lavoro e l'ASSB. Ed è anche per questo che prendiamo in carico le persone con maggiori difficoltà, persone che magari, oltre ad avere problemi fisici o mentali, vivono in condizioni precarie e non hanno nessuno che si preoccupi per loro. La più grande soddisfazione è per noi sapere, perché ce lo dicono loro stessi, che facciamo la differenza, che qui trovano qualcosa che non hanno mai avuto: non solo un lavoro, ma una rete di relazioni, un sostegno, una quotidianità scandita da ritmi regolari. Non è sempre facile, ma fa parte del gioco.

Affidandosi a noi come fornitori le aziende possono assolvere ad un impegno sociale.

Riuscite ancora a dare lavoro o la transizione digitale vi ha penalizzati?

R Fortunatamente, nel nostro settore, certe operazioni si possono fare solo a mano.

L Il passaggio al digitale riguarda più l'aspetto marketing, la presenza online: è importante raggiungere le persone con il nostro messaggio sociale lì dove sono la maggior parte del tempo. Vorremmo far capire alle aziende che laddove loro non riescono ad assolvere ad un impegno sociale con le persone svantaggiate, perché non è sempre facile inserirle in azienda, lo facciamo noi. Per farlo, però, abbiamo bisogno che ci diano lavoro.

Sembra che abbia già familiarità con l'ambiente sociale.

L Ci sono nato! Il mio primo lavoro è stato nella redazione del giornale che Clab dedicava al mondo delle associazioni. Insegnavo anche computer grafica ai ragazzi disabili, un'esperienza straordinaria. Purtroppo, a seguito del taglio dei contributi alle cooperative, ho dovuto cambiare lavoro. Le esperienze professionali che sono seguite mi hanno portato ad acquisire competenze a 360° in un settore affine a C.L.A., così, quando Roberto mi ha detto che stava per andare in pensione, abbiamo cominciato a parlare di un mio possibile subentro. Ricominciare a 50 anni una nuova carriera lavorativa in cooperativa sociale è una sfida stimolante e rappresenta per me la chiusura di un cerchio.

Accompagnandomi verso l'uscita mi mostrano i laboratori e i lavori in corso. Una decina di persone riunite attorno ad un tavolo sta assemblando delle confezioni in un clima intimo e sereno, con una radio in sottofondo.

Ritorno alla luce del giorno con la sensazione di averne lasciate di ancora più autentiche all'interno.

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