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Foto: Ospedale di Merano - Fonte della foto: Ufficio Stampa dell'Ospedale di Merano
Gesellschaft | Il Cappuccino

 La buona sanità, ma non solo

La mia esperienza vuole essere un augurio per tutti coloro che nei prossimi mesi si vaccineranno a loro volta o lo hanno già fatto.
Circa 24 ore fa (dipende da quando leggerete queste righe), ho assunto la prima dose di un vaccino anti Covid-19. Tra qualche giorno compirò 69 anni e il comprensorio sanitario di Merano, a conoscenza ovviamente anche di due mie patologie, mi ha convocato per ieri, sabato, verso le 12.40.
La mia esperienza vuole essere un augurio per tutti coloro che nei prossimi mesi si vaccineranno a loro volta o lo hanno già fatto. E anche un ringraziamento a chi ho incontrato ieri all’ospedale Tappeiner di Merano.
Caro signor Thomas Widmann e caro signor Florian Zerzer, assessore provinciale alla Sanità e direttore generale della Sanità, questa mia piccola testimonianza è assolutamente favorevole e coinvolge ovviamente i vostri interlocutori (coordinatori, medici e paramedici) a Merano. Per favore, fate in modo di moltiplicare questa esperienza positiva per centinaia di migliaia di volte.
Perché la buona sanità è fondamentale ma non basta. Deve intrecciarsi con la sensibilità, la passione e la cura da parte di chiunque ci assiste. Questa è la storia di alcuni operatori sanitari che lo sanno bene.

L’attesa.

 
Al mio arrivo al Tappeiner, poco dopo le 12, ci sono pochissime persone in attesa. La vigilante, italianissima, disinfetta due volte la penna che mi consegna per compilare il modulo (nome, nascita, malattie, etc). Un’altra addetta mi consegna un supporto di plastica rosso dove appoggiare i fogli che sto compilando. Grazie anche lei.
Poi, l’infermiera del piano di sopra, sudtirolesissima, mi guida verso la zona del bar ed è molto professionale. Ne approfitto per parlare un po’ in tedesco dopo alcuni giorni di “digiuno linguistico”. Nella zona del bar attende una ventina di persone, una coppia prova a saltare la fila, viene fermata e qualcuno ricorda i due milioni e 200mila circa di “furbetti” (meglio chiamarli sciacalli, vigliacchi e delinquenti, però) che hanno saltato la fila in alcune regioni italiane. Ben vengano i controlli dell’Antimafia.
L’incontro con il medico.
Il mio medico ha i capelli bianchi e gli occhi chiari. Alterniamo italiano e tedesco. Scorre per tre volte la lista dei farmaci che assumo e tutto il resto. Mi spiega anche altre cose. Consulta appunti e moduli. Poi mi indirizza verso la zona degli uffici, sullo stesso piano.
 

Prima infermiera.

 
La signora è tedesca e il suo taglio di capelli sarebbe piaciuto a Mary Quant, la stilista della minigonna. Controlla, legge e poi mi accompagna allo sportello 2.
 

L’impiegata.

 
L’impiegata sorride e fa girare due volte la sedia dove è seduta. Voglia di giostra? Vedrà che ce la faremo, le dico. Il medico che ho incontrato poco fa ha letto per tre volte il mio dossier ma ha dimenticato di firmare la mia accettazione. La signora lo raggiunge e a metà strada mi saluta con il braccio come se fossimo alla stazione. Poi torna al suo posto, fa ruotare ancora una volta la sedia e mi annota la data per la seconda dose.
 

Prima infermiera, di nuovo.

 
La signora con il taglio di capelli alla Mary Quant legge e verifica tutto. Mi indica una sedia lì accanto. Questione di pochissimi minuti.
 

La vaccinazione.

 
Chi mi vaccina è un giovanotto amabile e silenzioso. Discutiamo per qualche secondo su quale braccio “offrire alla scienza”. Vada per il sinistro. Non sento né l’ago né il preparato. Mi congratulo, lui sorride. Mi apre la porta della stanza dove mi ha vaccinato. Ne avrà ancora per molto. “Che dirle, noi siamo qui”, dice senza enfasi.
 

La seconda infermiera.

 
La fan (forse) di Mary Quant è stata nel frattempo sostituita da una ragazza stile Spice Girls. E anche un po’ Madonna. Un paio di ragazzi con i nonni prova a chiederle informazioni due volte. Lei li blocca e li mette a posto subito. Siamo in un ospedale, ok?
 

Quindici minuti.

 
Dopo il vaccino, sosta di quindici minuti per verificare che tutto è andato bene e che il mio organismo sta reagendo senza problemi. Poi, saluti e veloci sorrisi.
All’ingresso, al pian terreno, si è nel frattempo creata una piccola fila che defluisce lentamente ma in modo regolare.
 

Il saluto

 
Al mio saluto con un rotondo “buon lavoro” rispondono tutti, con molta cortesia. Le porte girevoli si aprono verso il marciapiede, passa un bus praticamente vuoto. Alcune coppie stanno entrando.
Sono tentato di tornare dentro e ringraziare una e uno per uno chi mi assistito, visitato e vaccinato. Ma farei perder loro un po’ di tempo e abbandono l’idea. Grazie, almeno qui, in questo spazio di Salto.bz.
Per stringervi la mano e sorridervi, ci sarà tempo.