temporale
Foto: Südtirolfoto/Othmar Seehauser
Chronik | Avvenne domani

Bolzano sott'acqua

Cronache di un'alluvione di sessant'anni fa.

A ricordarsene di persona saranno sicuramente solo i bolzanini più anziani. Occorre infatti riavvolgere all'indietro il calendario di ben 60 anni per tornare alla data fatidica dell'8 agosto 1957, quando mezza Bolzano finì sott'acqua per qualche giorno. Allora tutto l'immaginifico repertorio di frasi fatte, di termini iperbolici che oggi accompagna un qualunque fenomeno estremo della natura era del tutto sconosciuto. Quando pioveva e giornali scrivevano il giorno dopo che era piovuto e si azzardavano al massimo, nei casi estremi, ad usare parole come un'alluvione o disastro. Le "bombe d'acqua" erano materia ignota e comunque, in quell'estate del 1957, segnata anche dai primi luttuosi prodromi della grande stagione di violenza politica ormai alle porte, la parola "bomba" era pronta per essere usata in modo assai più sinistro. Ci sembrano così insolitamente pacate le cronache di quanto avvenne in quelle ore. La pioggia ininterrotta sulle pendici della conca bolzanina. L'acqua che precipita a valanga ingrossando tutti i ruscelli e i torrenti ridotti in genere, in quella stagione, a poco più di un filo  di corrente. Il rio Fago che trasporta fango, tronchi ed altro materiale sino ad ostruire completamente lo sbocco verso la Talvera, nei pressi di quello che oggi è un ristorante e che allora era solo una delle tante osterie di periferia dove i cittadini, prima dell'avvento di sua maestà l'automobile, usavano trascorrere i pomeriggi domenicali o le serate estive.

Il torrente d'acqua e terra, bloccato da una diga naturale, cercò così un altro sfogo, trovandolo lungo le pendenze di via Fago e di via Cadorna. In breve tempo una bella fetta di città finì sott'acqua. Naturalmente i danni delle piogge intense non furono limitati al quartiere di Gries. Frane, smottamenti, allagamenti furono registrati dalla cronaca in tutta la conca bolzanina e nelle zone vicine. Per un giorno Bolzano era tornata indietro nel tempo, ai secoli difficili nei quali capricci di una natura che l'ha circondata di monti composti da roccia friabile e traditrice, creavano periodicamente terribili emergenze. Un classico, narrato negli annali della storia cittadina, è quello costituito dalle dighe naturali che si creavano a causa di enormi frane nei budelli della Val Sarentina o della val d'Ega. Dietro le barriere instabili nascevano veri e propri bacini artificiali che alla fine l'avevano vinta su quelle fragili costrizioni e tracimavano a valle, lasciando a mollo magazzini e case dei bravi bolzanini. Nasce dall'esigenza di evitare queste periodiche inondazioni la volontà dei padri della città di regolare il corso della Talvera e dell'Isarco, con le muraglie ancora oggi esistenti. Opere che non bastarono, sessant'anni or sono, ad evitare l'ultima inondazione.

Oltre che per solleticare la memoria di coloro che, ragazzini in quei lontani anni, riescono a rievocare qualche immagine di quell'emergenza o i racconti, forse un poco esagerati, di chi sosteneva di aver attraversato in barca piazza Mazzini, il ripercorrere quegli avvenimenti serve a comprendere meglio quel che succede oggi. Se è vero da un lato che i fenomeni naturali estremi ci sono sempre stati, e la storia dell'Alto Adige è in proposito ricca di episodi anche più gravi luttuosi, è altrettanto vero che un assiduo lavoro di prevenzione ha messo al riparo gli insediamenti abitati dalle conseguenze più gravi. Nel 1957 il cronista concludeva sconsolatamente il suo racconto affermando che i gravi danni provocati dall'alluvione di quei giorni sarebbero stati riparati solo molto lentamente a causa della mancanza di fondi nelle casse degli enti locali. Poi i soldi sono arrivati assieme alle competenze, la sistemazione dei bacini montani è stato uno dei primi obiettivi perseguiti con la nuova autonomia. Sono quelle opere delle quali si tende a non accorgersi neppure, quando fanno il loro dovere appieno o che vengono criticate per il solo fatto che non riescono a ridurre a zero l'impatto di eventi improvvisi catastrofici come quelli di questi giorni nell'alta Pusteria. Raramente ci si chiede che cosa sarebbe successo se la ripulitura dei corsi d'acqua, il consolidamento delle pareti rocciose, le opere di protezione non fossero stati attuati, come del resto avviene in altre parti d'Italia. Eppure questo, assieme all'esistenza di quel formidabile apparato di protezione civile che proprio in questi giorni ha raccolto le lodi della stampa nazionale, è uno dei fattori assolutamente positivi di un'autonomia troppo spesso liquidata in toto. Pensiamoci, al prossimo temporale.