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Occhio ai funghi "killer"

I micologi Felice Sansonetti e Sergio Lapegna illustrano le più diffuse specie di funghi tossici confondibili con quelle commestibili e spiegano quali cautele osservare.
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Foto: Funghi velenosi

In Alto Adige, come nel resto d’Italia e in Europa, sono diffuse specie tossiche di funghi, molto dannose, alcune anche letali, che vengono confuse con funghi commestibili.

Il porcino viene scambiato con il boleto felleo (Tylopilus felleus), che è un fungo non commestibile per via del suo sapore amaro e considerato tossico per il  tratto gastrointestinale, i Prataioli (Agaricus spp.) ed il Verdone (Russula virescens) con l’Amanita falloide, le cui tossine colpiscono il fegato, gli Ombrelloni con il Chlorophillum brunneum (= Machrolepiota rachodes), tossico per il tratto gastrointestinale.

A questi si aggiunge il Cortinarius orellanoides (tossico mortale), il cui principio attivo orellanina ha nei reni il suo organo bersaglio. Lo affermano gli esperti dell’Ispettorato micologico del Comprensorio Sanitario di Bolzano dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige Felice Sansonetti e Sergio Lapegna che ieri, 11 agosto, nella sede di Bressanone hanno fornito una consulenza micologica riservata ai media, in cui sono stati mostrati i funghi commestibili e quelli simili, ma tossici.

 

 

 

 

 

 

Bisogna valutare i rischi connessi non solo ai funghi tossici, ma anche a quelli commestibili, come finferli e porcini, che devono essere in buone condizioni, non vanno cioè consumati se mal conservati, ammuffiti, deteriorati. Altrimenti, anche tali funghi possono provocare gastroenteriti per l’azione di batteri, muffe et cetera” - dice Sansonetti che invita ad un utilizzo ragionevole a tavola: “I funghi costituiscono un alimento difficilmente digeribile, che deve essere consumato in piccole quantità, ossia come contorno e non come pasto principale. I bambini devo mangiarne con moderazione. Persone debilitate e donne in gravidanza devono evitarli”.

 

Vi sono poi funghi come i Chiodini, che richiedono adeguata cottura per poter essere commestibili.

“Alcune persone pensano di riconoscere un fungo commestibile a partire da un’immagine rinvenuta su un libro o da un solo particolare come il colore, che da solo non è indicativo e che peraltro cambia da esemplare a esemplare della stessa specie e dalla sua esposizione solare o no – dice Sansonetti -. Si devono invece analizzare tutti i caratteri che l’esame macroscopico del fungo può fornire, partendo da quelli morfologici, tra cui: il cappello, il gambo, le lamelle, presenza o meno di anello, presenza o meno di volva, il colore della sporata, nonché sapori (a titolo esemplificativo dolce, amaro) o odori tipici (per esempio di aglio, di cacao, di rapanello). Bisogna studiare bene e maturare esperienza nel corso del tempo”.

Altro errore è quello di affidarsi al consiglio di parenti, amici e conoscenti. A tale proposito, Lapegna dice: “Sono bravi i cittadini, che per sciogliere i dubbi, si rivolgono all’Ispettorato micologico, un servizio che funziona a scopo preventivo. Ci sono migliaia di essenze arboree e di funghi, sicché non si possono indicare zone di crescita specifiche né generiche per i funghi tossici, che si possono trovare ovunque”.

Infine, si deve tenere conto del fatto che la sicurezza in tema di funghi si possa avere, in base alle attuali conoscenze, solo su alcune specie, ma non su tutte, come osserva Sansonetti: “Per anni si è consumata una specie di funghi, chiamata Tricholoma equestre, diffusamente in Francia ma anche in Italia. In seguito, nel 2002 la raccolta e la vendita di tale fungo sono state vietate, perché nel frattempo si è scoperto che detta specie causasse la pericolosa sindrome rabdomiolitica, una degenerazione delle cellule muscolari striate. Pertanto, bisogna prestare molta attenzione, poiché non si conoscono ancora tutti i funghi potenzialmente pericolosi”.