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Un editore tra i confini

Da tre decenni la Edizione Alphabeta Verlag di Merano si occupa di costruire ponti tra la cultura italiana e quella tedesca. Ein "Kulturelemente"-Gastbeitrag:
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Foto: Kulturelemente

Un'intervista di Mauro Sperandio tratta da Kulturelemente 141

Aldo Mazza sta creando occasioni di confronto e dialogo, svelando prospettive che solo la letteratura, con la sua capacità di scavare in profondità, è in grado di mostrare. Mazza, direttore della casa editrice, ci racconta le tappe di un viaggio (tra i confini) che dura ormai da trent’anni.

Mauro SperandioQuali sono le caratteristiche che definiscono l’essere “editori di confine”?
Aldo Mazza: Siamo partiti come editori di frontiera, ma con il tempo questa qualifica ha avuto un’evoluzione che ci ha portato a ritenerci “editori tra i confini”. La nostra mission vorrebbe essere quella di muoversi tra i confini e oltre essi. Non ci poniamo quindi ad osservare il mondo dalla frontiera, ma ci applichiamo nello scavalcarla continuamente: sconfinare appunto.
Ci dividiamo tra locus e globus, coltivando una forte, fiera e consapevole vocazione al locale e, allo stesso tempo, nutrendo il desiderio di guardare oltre il nostro territorio. Le nostre scelte editoriali, ma non solo, cercano di rispettare questa duplice visione.

Due esempi concreti del nostro intento: la recente traduzione di “Un anno alle Semirurali” di Sandro Ottoni, diventato Halb ländlich, che racconta una realtà precipuamente italiana, e la pubblicazione di un’ampia selezione dell’opera di un autore così significativo per il mondo di lingua tedesca come N. C. Kaser in italiano.

Il vostro modo originale di fare editoria è una scelta deliberata oppure una conseguenza naturale del contesto in cui Edizioni Alphabeta Verlag è nata?
Il progetto Alphabeta nasce trent’anni fa con l’obiettivo di promuovere bilinguismo e competenza interculturale in un territorio nel quale, al di là di tutte le ideologie, la conoscenza dell’italiano e del tedesco è un presupposto fondamentale per la conoscenza dell’altro. Nel nostro statuto di cooperativa avevamo sin da subito previsto l’istituzione di una casa editrice. In principio ci siamo occupati di glottodidattica e sociolinguistica allo scopo di fornire strumenti di riflessione sui problemi della convivenza dei due gruppi linguistici. Il grande salto nel campo della letteratura risale al 2008, quando abbiamo acquisito la casa editrice TravenBooks di Reinhard Christanell. Abbiamo intrapreso questa strada perché convinti che il discorso letterario avesse un ruolo fondamentale per il raggiungimento dei nostri obiettivi dipartenza. Le letterature e quindi le narrazioni dei due gruppi, (eliminerei: con il loro forte carattere identitario), sono, secondo noi, uno strumento indispensabile per conoscere meglio “l’altro”.

Questo lavoro è stato fatto in maniera simmetrica tra le due lingue?
In un primo momento abbiamo creato una sorta di piattaforma per gli autori locali italiani, visto che in questa lingua la produzione era molto scarsa e i pochi autori attivi ignoravano quasi la realtà locale, alla ricerca di suggestioni nazionali. Un segnale per noi di scarso radicamento e spaesamento.
Gli autori di lingua tedesca, invece, avevano una produzione molto ricca che partiva da questa terra per guardare poi il mondo. Molti di essi hanno raggiunto una fama che va al di là del Sudtirolo, ma il loro racconto non era noto ai lettori italiani. Non conoscerlo significava la mancanza di uno strumento per capire e conoscere l’altro. Abbiamo affrontato questa asimmetria e abbiamo iniziato un lavoro che continua ancora oggi nel cercare di avvicinare gli “italiani” alla letteratura sudtirolese attraverso le traduzioni. Lo stesso avviene con la letteratura italiana da proporre ai sudtirolesi di lingua tedesca. Questo perché nel corso degli anni abbiamo, tra le altre cose, dovuto constatare che è poca diffusa l’abitudine di leggere nella lingua dell’altro. La figura del lettore bilingue è purtroppo rara.
 

In senso metaforico, con la collana 1801 il vostro impegno si rivolge anche ad un altro confine, quello tra “salute e malattia mentale”.
In sei anni sono ben ventuno i titoli di questa collana che ci ha portato a diventare un riferimento nazionale per questa materia, ha creato una estesa rete di rapporti e ci ha permesso di coltivare la nostra dimensione sociale e globale ben oltre il nostro territorio. Anche qui “tra i confini”: quello della salute e quello della malattia mentale.

Rispetto al momento in cui Alphabeta è nata, la convivenza tra i gruppi linguistici ha subito un’evoluzione. In che modo rispondete alle nuove necessità?
Inizialmente abbiamo dato spazio ad autori locali che parlassero anche dell’Alto Adige secondo la loro prospettiva. Ora ci interessa sempre il collegamento con questa terra, ma diamo maggiore importanza all’aspetto letterario, con una forte attenzione alla qualità della scrittura come nel caso di Enrico De Zordo con il suo “Divertimenti tristi”.

Il nostro compito è quello di, a partire dal nostro territorio, illuminare e far conoscere, attraverso i libri, punti di vista diversi.

Riguardo l’integrazione tra i gruppi linguistici, l’atteggiamento dei politici altoatesini non ha sempre brillato di luce propria. Per il vostro lavoro, equamente tedesco e italiano, vi è mai capitato di scontrarvi con la politica locale?
Siamo sempre indipendenti e crediamo anche di rappresentare un segnale di pluralismo. Abbiamo giocato a carte scoperte sin dall’inizio, senza però ideologizzare il nostro discorso e puntando alla qualità della nostra offerta. L’essere al tempo stesso ’tedeschi e ’italiani’, anche se di fatto non è previsto dal nostro sistema, è diventato un nostro punto di forza. E qui intendo non tanto il fatto di pubblicare in due lingue, ma quello di pensare come ’editori’ allo stesso tempo con le due sensibilità, guardano al territorio come qualcosa di unitario. Non abbiamo mai avuto censure e siamo stati bravi a non autocensurarci, magari nella paura di venire in qualche modo penalizzati.

In che modo siete presenti sul mercato estero?
Abbiamo una collaborazione con l’editore Drava Verlag di Klagenfurt, che ci permette di entrare nel mercato austriaco e tedesco, curando la distribuzione dei nostri titoli in tedesco. Con loro abbiamo anche uno “scambio di edizioni”, che porta titoli curati da loro nel nostro mercato.

Da quali tentazioni si deve guardare un “editore tra i confini”?
C’è il rischio di considerare la nostra situazione solo come un’opportunità storica e geografica, che rende “originali”, il rischio di una sterile e pericolosa autoreferenzialità. Il nostro compito è quello di, a partire dal nostro territorio, illuminare e far conoscere, attraverso i libri, punti di vista diversi. Quella di confrontarsi con il punto di vista dell’altro, anche senza per forza doverlo condividere, è una competenza che per me è essenziale, non solo in Alto Adige/Südtirol. Sono convinto che questa strada sia l’unica che ci può preservare dagli arroccamenti, dall’isolamento e dalla divisione.