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L’apparenza inganna

Giulio a 14 anni ha cominciato a farsi di eroina, "la droga mi ha fregato la vita". Oggi, a 44 anni, è "pulito" e ha trovato un suo equilibrio. Ecco la sua storia.
Giulio
Foto: Alessio Giordano

Fino ai 14 anni ho avuto una vita normale. All’incrocio dove abitavo, c’era un giro di droga e gli spacciatori si appostavano lì. Vedendoli, piccolo com’ero, ho sentito un’attrazione forte verso quel mondo e un giorno l’ho provata.

Ho speso 100.000 lire, ho steso il braccio e ho detto alla persona che era con me “fammi”. Avevo 14 anni. Cercavamo la vena con questa siringa così grande. Ero un ragazzino e capisco perché tanta gente non me la voleva vendere. Quando ho iniziato a farmi, la droga mi ha fregato la vita. Il flash dell’eroina però, è indescrivibile. Ti dà la sensazione di avere il mondo tra le mani, anche se in realtà è tutto il contrario. Adesso ho 44 anni e sono a metadone a 220. La roba non me la faccio più. 

Nel corso degli anni ho perso la mia famiglia. Quando avevo 18 anni mia madre ha trovato le prime siringhe in casa e due anni dopo mi ha buttato fuori. Me lo ha comunicato con un biglietto. Una mattina mi sono svegliato e sul tavolo della cucina ho trovato due pacchetti di sigarette, 50.000 lire e un foglio con su scritto: “Caro Giulio, metti la chiave di casa sul davanzale. Al mio rientro stasera, spero che tu non ci sia più. Mamma”. Da allora non ci siamo più parlati. Qualche volta ci siamo incrociati per strada, ma i nostri occhi non si sono mai più incontrati. L’unica persona che mi è sempre rimasta vicino è mia nonna. Ha 85 anni ed è una roccia. Ogni sabato vado a trovarla, mi faccio il bagno e poi mangiamo insieme. Tutte le volte che sono stato in carcere, lei veniva in visita puntuale ogni sabato. Il nostro è un legame indissolubile, più forte di qualsiasi altra cosa. 

In carcere avevo trovato una donna tramite lettera. Anche lei era di Bolzano e quando sono uscito ci siamo messi insieme. All’inizio usavamo il profilattico, facevamo attenzione a non usare le siringhe dell’altro. Finché ho fatto l’errore di fregarmene. Così, a 27 anni, mi sono ammalato di HIV. Da ragazzino mi dicevo che a 27 anni sarei morto, come Jim Morrison e gli altri della “maledizione del J27”. Non sono morto, ma da quel momento una vita è finita e ne è iniziata un’altra. Sono una persona molto sincera e adesso appena conosco una ragazza le dico “io sono sieropositivo, se vuoi stare con me devi saperlo”. Vivo sulla strada da tantissimi anni. Ho alternato alla strada dei periodi in cui sono stato a Casa Emmaus della Caritas. Da ottobre sono di nuovo fuori. Sulla strada vivo con la piccola pensione che ho, posso lavarmi e mangiare al Binario 7. Non è per niente facile. Ci sono giorni in cui mi sveglio e non ho un euro in tasca. In questo periodo dormo al parco della stazione. La vita sulla strada è dura e non la consiglierei a nessuno, però il senso di libertà che dà per me non ha eguali. 

Spesso non vedo un futuro e questa cosa mi confonde. Vivo giorno per giorno, ogni tanto aspettando di morire. È vero, ho tanti amici che vengono a trovarmi e ci sono persone che mi danno i soldi per comprare il tabacco o i vestiti. Le cose materiali non mi mancano, ma gli affetti veri sì

Ho imparato a fare i tatuaggi in carcere a 18 anni. Ero in cella con un tedesco che mi chiese se volessi imparare. Ho iniziato ripassando i suoi e col tempo sono diventato bravo a farli. Ho cominciato a tatuare gli altri detenuti, chiedendo in cambio caffè, zucchero o una bombola del gas. Così mi mantenevo allora e così mi mantengo ancora oggi, soprattutto in estate. A giugno vado in Romagna. Di sera mi metto in spiaggia e, grazie a un piccolo generatore di corrente, faccio tatuaggi. Ovviamente seguendo le norme igienico - sanitarie. Disegno tribali, teschi, spade, ragni, lupi. So fare tutto, a parte i visi. Io sono pieno di tatuaggi, solo la schiena è ancora bianca. 

Spesso non vedo un futuro e questa cosa mi confonde. Vivo giorno per giorno, ogni tanto aspettando di morire. È vero, ho tanti amici che vengono a trovarmi e ci sono persone che mi danno i soldi per comprare il tabacco o i vestiti. Le cose materiali non mi mancano, ma gli affetti veri sì. A parte mia nonna, sono solo. Ho deciso di prendermi un cane il mese prossimo. Amo gli animali e ho bisogno di una compagnia che mi faccia muovere e al tempo stesso mi smuova, perché tendo a essere negativo. Mi manca anche avere una compagna cui condividere la quotidianità. Come ho detto, vivere così non è facile e la gente “normale” mi giudica appena mi vede. Da un lato lo capisco, so che il mio aspetto non ispira sicurezza e ormai ci ho fatto l’abitudine, però dico sempre che l’apparenza inganna. Spesso, infatti, le persone che vanno oltre i tatuaggi mi dicono che sono esattamente il contrario di quello che sembro. Ogni tanto dei ragazzi si avvicinano, a volte incuriositi, altre affascinati, proprio come da piccolo io ero affascinato dai tossici che vedevo sotto casa. Dico loro di non prendermi come esempio. 

Mi sono dato delle regole e, nonostante le difficoltà, anche grazie a Binario 7, ora ho trovato un mio equilibrio. Di sicuro non voglio più commettere reati, né andare di nuovo in galera. Non mi vergogno di chi sono. Dico sempre: “conoscetemi e poi decidete se volete avere a che fare con me o meno.” Le idee degli altri le rispetto, anche quando non le condivido. Per me questo è il modo giusto di vivere.

 

Quest’articolo è tratto dal numero di aprile 2018 del giornale di strada zebra.