Il 23 marzo scorso l'associazione Noiland (qui l'intervista reperibile su salto.bz) ha presentato presso l'Eurac una pubblicazione, frutto del lavoro di «un gruppo di studiosi, professori, autori, blogger e altri specialisti» assistiti «da esperti locali ed internazionali, nonché da un comitato scientifico» nella quale «a poco più di cent’anni dall’annessione da parte dell’Italia» si «esamina per la prima volta in dettaglio l’idea di uno stato indipendente del Sudtirolo».
Il tema oggetto del testo costituisce uno dei capisaldi della narrazione locale, ovvero l'esistenza del diritto in capo alla popolazione sudtirolese di autodeterminarsi: «principio in base al quale i popoli hanno diritto di scegliere liberamente il proprio sistema di governo (autodeterminazione interna) e di essere liberi da ogni dominazione esterna, in particolare dal dominio coloniale (autodeterminazione esterna)».
Facendo un'estrema sintesi, dal punto di vista storico la risposta alla richiesta dei sudtirolesi di riunirsi all'Austria al termine della seconda guerra mondiale fu formalizzata a Parigi il 24 giugno 1946, data nella quale i ministri degli esteri delle quattro potenze vincitrici, in esito alle decisioni prese alla Conferenza di Londra svoltasi nel mese di settembre del 1945, sancirono l'appartenenza definitiva del Südtirol allo stato italiano. Con la successiva sottoscrizione dell'accordo DeGasperi-Gruber del 5 settembre 1946 l'Austria formalizzò la propria rinuncia a titolo definitivo di qualsiasi pretesa di rivendicazione territoriale ottenendo in cambio il diritto all'autonomia per la propria minoranza.
Detta rinuncia non ha però implicato l'abbandono delle istanze di autodeterminazione. Negli statuti dei tre partiti di lingua tedesca maggiormente rappresentativi in Alto Adige/Südtirol si può leggere ancora oggi quanto segue.
Südtiroler Freiheit dichiara che «L'obiettivo del movimento "SÜDTIROLER FREIHEIT – Freies Bündnis für Tirol" è ottenere per gli abitanti del Sudtirolo il riconoscimento del diritto all'autoderminazione di cui all'art. 1 dei patti internazionali dei diritti dell'uomo dell'Onu. 2 Questo diritto si riferisce in primo luogo all'appartenenza statale del territorio dell'attuale Sudtirolo, ma anche al paesaggio naturale e antropizzato sudtirolese».
Die Freiheitlichen, che «Die Freiheitlichen sono un partito di minoranza a salvaguardia dei gruppi etnici tedesco e ladino in Sudtirolo e rivendicano il diritto all’autodeterminazione dei popoli ai sensi dell’art. 1 del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite».
La Südtiroler Volkspartei, ovvero il partito padre e madre dell'autonomia sudtirolese, che «La Südtiroler Volkspartei protegge le minoranze etniche sia a livello statale interno sia a livello internazionale e persegue l’ampliamento continuo dell’autonomia del Sudtirolo sottolineando l’irrinunciabilità del diritto all’autodeterminazione dei sudtirolesi».
Ciò che invece è cambiato nel tempo è l'obiettivo dell'autodeterminazione. Mentre dopo l'accordo DeGasperi-Gruber e fino all'approvazione dello statuto di autonomia del 1972 l'esito atteso, seppur non perseguibile, rimaneva sensatamente quello di ricongiungersi alla madrepatria austriaca, negli anni a venire si è sviluppata un'idea alternativa del tutto differente, ovvero la creazione di uno stato indipendente: idea che proprio con la pubblicazione del libro citato in apertura pare essere definitivamente uscita da quel magma indistinto attinto dai media a piene mani che va dal "chiacchiericcio pubblico", prima appannaggio dei bar poi di blog e social, alla propaganda elettorale dei partiti citati.
Per capire la natura dell'imprimatur che lo ha reso possibile, basta consultare le risposte che l'assessore alla cultura tedesco ha dato questa settimana ad un'interrogazione depositata in consiglio provinciale da un consigliere di opposizione.
Risposta interrogazione n. 2515/2023 – Contributo economico e patrocinio alla pubblicazione “Kann Südtirol Staat?” Egregio Signor Consigliere provinciale, in riferimento all’interrogazione del 29.03.2023 (n. 2515/2023) si comunica quanto segue:
1: quale sia la posizione dell’Amministrazione, della Giunta e della maggioranza politica provinciale di fronte alla tematica per cui è stato concesso de facto patrocinio e finanziamento pubblico;
- Per la pubblicazione in oggetto non è stato concesso nessun patrocinio. È stato concesso un finanziamento per il layout e la stampa all'autore Harald Mair. L'amministrazione constata che l'autore non suggerisce azioni illegali.
2: quanti fondi siano stati complessivamente erogati per la pubblicazione in oggetto e quali siano le motivazioni e i criteri che abbiano fondato l’accoglimento della richiesta e la determinazione del quantum stanziato;
- All'autore Harald Mair è stato concesso un contributo di 12.000 Euro per layout e stampa di fronte a una spesa ammessa di 22.000 Euro. La percentuale di contribuzione è del 54 % e corrisponde alle percentuali di finanziamento consueti. La domanda di contributo prevede la collaborazione al progetto da parte di tutti e tre i gruppi linguistici nonché di un comitato scientifico di cui fanno parte il professore universitario Dr. Karl Socher e i docenti universitari Dr. Oskar Peterlini e Dr. Thomas Benedikter. Pertanto la qualificazione scientifica delle persone coinvolte è garantita.
3: se non si ritenga inopportuno che un ente territoriale, per quanto autonomo, dello Stato italiano sostenga progetti editoriali che contrastino con lo spirito costituzionale e il principio di unitarietà della Repubblica;
- Dalla descrizione del progetto editoriale nella domanda di contributo non emerge uno spirito anticostituzionale, ma un chiaro sostegno dell'idea di un Europa forte, nella quale si rivalutano le singole regioni. Nella premessa del libro gli autori sostengono che qualsiasi ipotesi deve servire la pace e muoversi entro margini legali.
4: se non si ritenga fondamentale il valore dell’autonomia per la regione Trentino-Alto Adige come forma di composizione definitiva della vertenza altoatesina e che pertanto sia da evitarsi il sostegno a approcci disinvolti, da parte di organizzazioni, verso un tema come quello della secessione in contrasto con i principi costituzionali e l’autonomia stessa;
- Nel caso della pubblicazione non si tratta a ns. avviso di un tentativo di approvare una secessione, ma di uno studio scientifico approfondito sull'integrazione europea e il ruolo che ci giocano le regioni.
5: se si ritenga opportuno che la pubblicazione di cui alle premesse venga presentata nel più alto consesso rappresentativo e democratico della nostra Provincia;
- La Ripartizione Cultura tedesca della Provincia non è stata coinvolta in occasione della presentazione della pubblicazione e pertanto non può esprimersi in merito.
6: se si ritenga o meno definitivamente superato lo sforzo politico per la secessione della Provincia di Bolzano dalla Repubblica italiana;
- Riteniamo che bisogna puntare allo sviluppo costante di un'autonomia dinamica.
7: se l’associazione “Noiland” abbia percepito negli ultimi 10 anni contributi, sovvenzioni o sussidi pubblici ed in caso quanto ed a che titolo (si richiede elenco completo e dettagliato di ogni erogazione concessa comprensiva di motivazione).
- L'associazione "Noiland" non è mai stata finanziata negli ultimi 10 anni.
«In diritto internazionale, l'azione di distacco da uno stato preesistente di uno o più territori, che si costituiscono a loro volta in stati indipendenti senza che il primo cessi di esistere» è denominata secessione. La costituzione della repubblica italiana stabilisce all'articolo 5 che «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali».
Nonostante nella presentazione del libro gli autori dichiarino che «I possibili passaggi per fondare un nuovo stato vengono delineati in modo comprensibile, semplice e chiaro» e che «Viene presentata un’analisi dettagliata dei possibili vantaggi, dei rischi, dei requisiti, nonché delle diverse strategie applicabili», allo stato attuale non appare legittimamente e lecitamente percorribile alcuna strada che possa portare alla creazione di uno stato del "Sudtirolo" senza il consenso dello stato italiano: consenso che, solo per citare quello che nei fatti è un muro invalicabile, dovrebbe obbligatoriamente passare dall'adozione di una nuova costituzione che superi i principi statuiti dall'articolo citato.
C'è però un'altra domanda che non pare essere stata affrontata con la dovuta profondità: la comunità «Gemeinschaft» sudtirolese tradizionale - che nell'ipotetico nuovo stato sarebbe maggioranza nazionale - ha la volontà ed è in possesso dei requisiti necessari per trasformarsi ed essere società «Gesellschaft» sudtirolese moderna? Il quesito è fondamentale, perché uno stato moderno richiede che i rapporti sociali non siano regolati dal diritto naturale delle comunità ma dal diritto positivo delle società: tanto per fare un esempio, in analogia a quello che in inglese si definisce il sistema check and balance, ovvero «quell'insieme di meccanismi politico-istituzionali finalizzati a mantenere l'equilibrio tra i vari poteri all'interno di uno Stato» così come atti a garantire pari condizioni a tutti i cittadini a prescindere dall'appartenenza comunitaria.
Ad oggi, la risposta a questa domanda è no. Tra i capisaldi ideologici che fondano il costrutto sociale della maggioranza della comunità sudtirolese, la sua oggettivazione del senso del mondo, dominano il pangermanismo, il nazionalismo, l'etnocentrismo e il pensiero «völkisch»: ovvero, quattro antitesi alla conditio sine qua non per la fondazione di uno stato moderno dove possa trovare posto e godere di pari dignità e tutela anche l'altro da sé.
Nota
Riguardo alla formazione e ai requisiti di una società indivisa, si vedano anche le considerazioni e i commenti espressi dall'autore nell'articolo «Il mythos della scuola bilingue».
(© tutti i diritti riservati - gli altri articoli dell'autore sono reperibili qui)
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Der Beitrag von Luca Marcon lässt vermuten, dass er die völkerrechtswidrige verbrecherische Aggression Italiens gegen das Kaiserreich Österreich-Ungarn und die daraus resultierende, zwar von den Siegermächten akzeptierte, aber den Prinzipien des Völkerrechtes widersprechende Annexion Südtirols durch Italien für richtig findet, während er alle Bestrebungen, diese Unrechtssituation zu verändern, für falsch findet. Es ist erstaunlich, zu welchen geistigen Bocksprüngen italienische Nationalisten fähig sind.
Quello che mi precede costituisce il perfetto esempio del perché su certi temi gli interventi della community siano appannaggio esclusivo dei soliti quattro (od otto) gatti. Ma chi è che ha voglia di venire qui sopra a discutere, se le risposte - che qualcuno evidentemente tollera e permette che vengano date - sono di questo tenore?
Al di là di tutto, il contributo dato è mostruosamente alto dato che ormai un libro si pubblica con 1000 euro.
Sarebbe stato meglio darli a un gruppo di insegnanti - dati i bassi stipendi - che avrebbero potuto con le loro competenze affrontare il tema, e farne oggetto di confronto serio e articolato anche nelle scuole dei tre gruppi linguistici.
Sarebbe sicuramente motivo di interesse avere una copia della domanda di contributo.
Luca Marcon, Geschichte heißt auch Umgang mit Quellen, z.B. hier zum Nachlesen: https://www.verfassungen.eu/it/frieden47-i.htm
Wo lesen Sie denn dort bzw. im Anhang (Gruber-De-Gasperi-Abkommen), dass das Österreich einen territorialen Verzicht gegenüber Italien erklärt?
Die Geschichte lehrt, Dinge ändern sich. Dies kann man auch feststellen, wenn man dieses Vertragswerk heranzieht, nicht nur in Hinblick auf den Freistaat Triest.
Übrigens. Die it. Verfassung erkennt sehr wohl das höherrangige Völkerrecht ausdrücklich an. Dazu gehört auch das Grundrecht auf Selbstbestimmung. Bekanntlich ein beim Internationalen Gerichtshof wohl kaum einklagbares Recht. Es ist eine vor allem politische Frage. Darüber aber zu reflektieren ist also nicht nur legitim.
Sotto il capitolo «Autodeterminazione», gli autori di Noiland mostrano di aver affrontato la questione rappresentata dall'articolo 5 della Costituzione italiana («Il diritto all’autodeterminazione e l’art 5 della Costituzione Italiana»). Una loro esplicitazione in dettaglio costituirebbe sicuramente la base di partenza per una discussione al riguardo.
La Corte Costituzionale si è comunque già espressa più volte, nel senso della loro immodificabilità, sul cosiddetto "limite dei principi supremi" (che in parte coincidono con i principi fondamentali rappresentati dai primi 12 articoli): tra questi, l'articolo 5 di cui sopra rientra a pieno titolo.
Das universelle Völkerrecht umfasst die gemeingültigen Rechtsvorschriften, nicht bloß die Rechtsgrundsätze. Eine Umsetzung in nationales Recht ist nicht erforderlich. Allgemeines Völkerrecht bricht jedes innerstaatliche Recht.
Lasciamo (plurale humilitatis) se siano gli autori ad intervenire, se lo vorranno.
...che...
Wer einen Community-Beitrag postet, sollte sich auch mit anderen Positionen, z.B. https://www.brennerbasisdemokratie.eu/?p=78465
auseinandersetzen.
Die Auswirkungen und Folgen willkürlicher Grenzen und staatlicher Organsiertheit, sieht man bis heute nicht nur in Europa, sondern ja vor allem außerhalb.
Ma qui nessuno nega la possibilità di presentare i propri punti di vista: tanto meno io. Il fatto è che questo articolo verte sulla pubblicazione «Kann Südtirol Staat?» Sono loro ad essere - si fa per dire - "sotto la lente": quindi sono loro che dovrebbero spiegare perché - e soprattutto come - ritengano di poter superare l'articolo 5 della Costituzione.
Mi sembra che si tratti di un gruppo straordinariamente numeroso di autori, e, quando accennavo al coinvolgere gli insegnanti mi riferivo proprio a questo. Una pubblicazione, tanto più se sovvenzionata, andrebbe discussa pubblicamente. Da questo si evince la sua importanza, e, ripeto, nella sincera intenzione di capirne il contenuto.
Sono riuscito a dare una scorsa al libro. La parte relativa a «Il diritto all’autodeterminazione e l’art 5 della Costituzione Italiana» secondo il diritto positivo attuale è giuridicamente campata in aria. Per avere una prima idea sul tema, consiglio di leggere «Il faticoso modello» di Francesco Palermo e Maurizio Ferrandi: capitolo «Classi separate [Autodecidiamoci! - Disagio e tradimento - La contea, il sangue e il suolo]», da pagina 79 in poi.
A questo link (https://bit.ly/3I90rUO) è disponibile e si può scaricare il seguente lavoro:
«Partiti e autodeterminazione in Alto Adige/Südtirol: Le cause del secessionismo e le dinamiche della competizione tra partiti autonomisti e secessionisti», frutto dell'opera di Matthias Scantamburlo/Günther Pallaver, Università di Innsbruck, Austria.
Ne consiglio la lettura.
In passato insegnanti che hanno affrontato in classe argomenti di questo tipo sono stati accusati di indottrinamento. Io mi auguro che alla scomparsa di vecchi presidi sia seguita un'apertura a questo proposito.
Della scuola tedesca e della sua particolare funzione nella creazione dell'identità collettiva sudtirolese, ne ho accennato qui (https://bit.ly/3W8XZmF).
Riguardo al concetto di "vecchi presidi", come non citare quanto raccontato da Federico Steinhaus nel suo libro «Una giornata della memoria, 364 giornate dell'indifferenza» (https://bit.ly/3MfotPc)
«Era stato nominato da poco preside del liceo di lingua tedesca di Merano un docente, Stefan Steinmair, ed io, in quanto presidente della Comunità Israelitica, ero venuto a conoscenza del suo passato di volontario della divisione delle Waffen SS Prinz Eugen che aveva operato in Francia e Olanda e nella quale aveva fatto carriera. Dopo aver tentato invano, attraverso un ricorso alle gerarchie scolastiche provinciali, di bloccare questa nomina, avevo ritenuto di dover prendere posizione pubblicamente contro l'attribuzione di un incarico che conferiva un ruolo di elevato contenuto morale e di autorevolezza da esercitare nei confronti dei giovani ad un personaggio del quale era più che lecito immaginare trascorsi criminali. Il risultato fu che quattordici docenti del medesimo liceo - primo firmatario il massimo esponente locale del Partito Socialista Ferruccio Minach - stilarono un documento di violenta critica nei confronti di questa iniziativa e del suo autore, solidarizzando "senza pregiudizi di sorta" con Steinmair. Inevitabilmente Steinmair mantenne il suo incarico».
Infatti parlavo di un gruppo di lavoro misto che possa affrontare questo argomento. Tutto si può discutere nel modo giusto e sinceramente non mi sembra proprio che ci si avvii a una maggiore apertura, al contrario. I docenti non devono sottostare ai dettami dei dirigenti, ma motivare e semmai discutere in collegio docenti e nei consigli di classe le loro scelte didattiche
Spero proprio che possa essere così in tutte le scuole. Chiusure e aperture differiscono nel tempo e nello spazio geografico provinciale.
L'impegno in un'impostazione corretta può fare la differenza.
Buon lavoro.
Spero proprio che possa essere così in tutte le scuole. Chiusure e aperture differiscono nel tempo e nello spazio geografico provinciale.
L'impegno in un'impostazione corretta può fare la differenza.
Buon lavoro.
Citazione : "la comunità «Gemeinschaft» sudtirolese tradizionale - che nell'ipotetico nuovo stato sarebbe maggioranza nazionale - ha la volontà ed è in possesso dei requisiti necessari per trasformarsi ed essere società «Gesellschaft» sudtirolese moderna?"
Lo stato italiano è una gabbia, imposta dall'alto e con la violenza alla società sudtirolese tradizionale.
Con la sparizione della gabbia spariranno anche i discorsi etnici che non avranno più senso di esistere. In quanto non ci sarà più bisogno per loro di difendersi.
Lei cita Francesco Palermo, ma mi sembra che sia stato proprio lui a dire in uno dei suoi Podcast che la costituzione italiana andrebbe aggiornata di tanto in tanto. Non si riferiva all'articolo 5, ma in generale alla necessità di rendere queste "regole" più attuali, più al passo con i tempi.
Se la sua visione - ovvero quella che lei descrive con le due righe successive - coincide con quella della "comunità «Gemeinschaft» sudtirolese tradizionale, allora no: non ha la volontà né è in possesso dei requisiti necessari per trasformarsi ed essere società «Gesellschaft» sudtirolese moderna.
Riguardo alla costituzione: non solo è modificabile, ma è già stata modificata. Sull'intangibilità dell'articolo 5, però, anche Francesco Palermo è stato più che chiaro. E non sarebbe nemmeno potuto essere altrimenti, per chi ne capisce a sufficienza di diritto costituzionale.
Non è una mia visione, ma un dato di fatto.
L'annessione contro la volontà di un popolo è considerato oggi un crimine. Quindi sta prima di tutto allo stato italiano (e di conseguenza alla popolazione italiana che si identifica con esso) dimostrare di essere "moderno". Ovvero riconoscere pubblicamente di aver commesso un'ingiustizia nei confronti del Sudtirolo e la sua popolazione. Quindi offrire la possibilità di autodeterminarsi tramite referendum. Non è poi detto che vincerà il "sì".
Ma allora in ogni caso la cosiddetta "società sudtirolese tradizionale" sarà più propensa ad accettare l'appartenenza all'Italia e quindi man mano rinunciare a quell'atteggiamento difensivo e di "chiusura" che la caratterizza tuttora.
Devo essere sincera che l'idea che il Sudtirolo si trasformi in Stato non mi dispiace, purché venga data la possibilità di optare alle stesse condizioni offerte agli optanti sudtirolesi. Così come sarebbe del tutto giusto che Dalmazia e Istria ritornassero all'Italia, se si volessero sistemare i confini, e questo sarebbe da pretendere per correttezza. Ma queste sono opinioni del tutto personali e quindi poco importanti. A me continua a stupire l'impegno economico per un libro di nicchia - per questo il mio accenno alla scuola -in un momento in cui le persone non riescono più a mandare i loro figli all'asilo per gli alti costi della vita. Nello Stato Sudtirolese dubito ci sarà tanta generosità.
Citazione : "Devo essere sincera che l'idea che il Sudtirolo si trasformi in Stato non mi dispiace, purché venga data la possibilità di optare alle stesse condizioni offerte agli optanti sudtirolesi."
Spero che lei stia scherzando, perché avere le stesse condizioni degli optanti significa che le persone verranno OBBLIGATE a parlare solo tedesco oppure di emigrare in Italia o altrove.
Al giorno d'oggi uno stato indipendente è contemplabile SOLO garantendo pari diritti ai gruppi linguistici.
Mi pare ovvio che un Südtirolo indipendente è possibile solo come stato multilingue. Quindi con tedesco e italiano come lingue ufficiali. Ladino ufficiale localmente.
In un Sudtirolo indipendente l'italiano smetterà di essere la lingua del colonizzatore/usurpatore. Diverrà lingua alla pari del tedesco.
Sono sicura che si potrà, volendo e senza più pregiudizi, istituire un'insegnamento multilingue sull'esempio del Lussemburgo.
In Lussemburgo ad esempio si insegna in Lussemburghese negli asili, poi alla scuola primaria in francese e più tardi anche in tedesco.
Sarebbe carino anche in Sudtirolo avere tutti gli asili in dialetto. Le scuole elementari in tedesco e italiano. Si possono dividere le materie, alcune insegnarle in una lingua, altre nell'altra.
Ripeto, in un Sudtirolo indipendente sparirà la necessità di difendere a spada tratta il tedesco. I problemi da risolvere saranno altri.
Non sto scherzando affatto. Se mi dessero la possibilità opterei molto volentieri. Ci mancherebbe solo che si parli di pari diritti e plurilinguismo su queste basi.
"Se mi dessero la possibilità opterei molto volentieri."
Scusi, ma non la seguo.
Essendo una misura repressiva non riesco a coglierne il lato "bello".
Non la seguo nemmeno io sinceramente. Optare vuol dire scegliere a me e ai miei genitori non e'mai stata data questa possibilità, l' ho già scritto diverse volte anche qui su Salto. Bisognerebbe conoscere o ri- conoscere le storie di chi vive qui e anche rendersi conto che non siamo certo nel luogo più desiderabile del mondo. Tutti hanno diritto sia di sentirsi a casa propria sia di potervi ritornare se ne hanno il desiderio
Cito da Evelyn Grenier: "Ovvero riconoscere pubblicamente di aver commesso un'ingiustizia nei confronti del Sudtirolo e la sua popolazione. Quindi offrire la possibilità di autodeterminarsi tramite referendum. Non è poi detto che vincerà il "sì". Come osservò al proposito anche il vecchio Durnwalder rispondendo a Eva Klotz. Ma ritornando al nocciolo della questione, non è raro che si ammetta - e ritengo non solo tacitamente o privatamente e perfino con sconforto - l'ingiustizia di aver annesso il Sudtirolo. E' trascorso molto, troppo tempo per tornare indietro e creerebbe nuove sofferenze e infiniti problemi di difficile soluzione. Il governo europeo non esulterebbe certamente e altre rivendicazioni di modifica di confini nazionali verrebbero sollecitate. Sarebbero invece più moderne e rispondenti a un'esigenza sociale diffusa, globale, altre misure atte a migliorare una convivenza nebeneinander, basata sulla pari dignità e sulle pari opportunità.
Citazione "non è raro che si ammetta - e ritengo non solo tacitamente o privatamente e perfino con sconforto - l'ingiustizia di aver annesso il Sudtirolo. E' trascorso molto, troppo tempo per tornare indietro e creerebbe nuove sofferenze e infiniti problemi di difficile soluzione."
Non conosco nessun atto ufficiale in cui si ammette di aver causato un danno alla popolazione del Sudtirolo.
Ammettere la colpa significa anche essere pronti per ripararla.
Quindi condannare per iscritto l'annessione del Sudtirolo e offrire subito dopo la possibilità di autodeterminarsi.
Non basta dire "e sì povero Sudtirolo che sei stato rinchiuso in gabbia dai nostri nonni, ma già che ci sei devi rimanerci e ringraziarci, dal momento che ti abbiamo verniciato le sbarre d'oro (accordato dei privilegi).
Bisognerebbe condannare l'annessione (e i tentativi di forzata assimilazione) per iscritto e ad alta voce.
"Caro Sudtirolo comprendiamo le ingiustizie che hai dovuto subire, quindi per dimostrare la nostra buona volontà ti apriamo la porta, se vuoi vivere da solo fai pure, rimarrai per sempre un nostro caro vicino con cui continueremo a collaborare con piacere come abbiamo fatto finora e anche meglio."
Sarebbe null'altro che una sincera dimostrazione di rispetto.
Contro certezze fideistiche non c'è argomentazione razionale che tenga. Da questo punto di vista il dibattito è perfettamente inutile. Io ho scritto un articolo che presuppone - e propone - un'analisi della situazione. E mi sarei augurato che si sviluppasse secondo i temi proposti. Se le risposte consistono nella citazione dei capisaldi della propaganda secessionista, non si va da nessuna parte.
Guardi se lo stato italiano domani decidesse di riorganizzarsi sul modello svizzero (con una simile distribuzione di competenze e con una nuova costituzione dove l'adesione è su base volontaria), sarò la prima a votare per restarci.
Non sono secessionista, sono per rendere la comunicazione più efficace e i rapporti più stabili.
Sia tra le persone che tra le istituzioni.
Mi pare evidente che il modo in cui funziona oggi lo stato italiano non soddisfa non solo il Sudtirolo.
Allora le signore Grenier che stanno commentando il mio articolo devono per l'appunto essere due. Quella il cui commento mi precede, che afferma di non essere secessionista. E quell'altra, che al contrario in praticamente tutti gli altri suoi commenti ha sfoderato l'arsenale retorico "autodeterminista" al completo.
Egregio Sig. Macron,
Lei ha fatto la domanda se la società sudtirolese tradizionale sia in grado di trasformarsi in società moderna.
Presumo che con questo Lei intendesse di lasciarsi alle spalle il dolore subíto in passato. E quindi guardare al presente e al futuro con più serenità e voglia di costruire una società sudtirolese [multietnica
e multilingue] coesa e quindi priva di attriti.
Ho capito bene la sua domanda?
Tutto quello che ho scritto dopo era solo per rispondere a questo.
Il succo del mio discorso è : non si può pretendere che sia solo ed esclusivamente la parte lesa a fare lo sforzo di perdonare l'aggressore e mettere una pietra sopra il passato.
Qua si è andato avanti a fare finta (intendo la classe politica) che tutto sia risolto e nessuno deve più alcuna scusa a nessuno.
Poi però scavando un po' ci si accorge che è in realtà tutta una propaganda o facciata, ovvero ciò che si vuol far credere.
E che realmente il dolore è ancora presente in tutti. In quelli che lo esternano a voce alta, ma anche e soprattutto in quelli che lo hanno cacciato in fondo ai loro animi, perché nel quotidiano non gli interessa, ma che in alcune occasioni affiora e tocca di nuovo certe corde.
Possiamo biasimarli per questo?
Signora Grenier
In questione non ci sono solo sofferenze passate presenti e future di sudtirolesi e altoatesini, ma patti internazionali accettati e firmati dalle potenze vincitrici!
«Lei ha fatto la domanda se la società sudtirolese tradizionale sia in grado di trasformarsi in società moderna.»
Sì. Ma ho anche dato una risposta. Riguardo al fatto di lasciarsi alle spalle il dolore subito è uno solo dei tanti fattori da considerare. Dovremmo però connotarlo. Il dolore di chi? La generazione che ha subito il fascismo si avvia lentamente a lasciarci. Per quella che invece ha praticato il nazismo manca un po' di più: ma in questo caso dovremmo riferirci al dolore delle loro vittime. Chi è nato dopo la seconda guerra mondiale, dagli anni 70 in poi è - per citare Martha Ebner - tornato padrone in casa propria. Quindi, a chi ci riferiamo?
PS. Permetta una domanda: Evelin Grenier è il suo vero nome o uno pseudonimo à la salto?
E la generazione che ha praticato il fascismo ancora dopo la guerra contro la gente sudtirolese non esiste?
Il commento è in risposta al "presunto" dolore odierno della società sudtirolese presentato come un unicum monolitico, signor M.Gasser. L'ormai noto fatto secondo cui i sudtirolesi oltre che vittime furono anche carnefici (https://t.ly/HnXU) non fa altro che spezzare questo unicum.
Gent.mo Sig. Marcon,
Gent.ma Sig.ra Turri,
Stavo parlando del lato umano. Del rapporto tra persone vive.
Il rapporto tra le persone non migliorerà mai se non si parte dal rispetto.
Citazione da Luca Macron : "Il dolore di chi?"
Il dolore dei colonizzati.
La società italiana (così come lo stato) tratta il Sudtirolo come una colonia.
Trova strano che alla popolazione autoctona quest'atteggiamento può non piacere?
Io - no.
Mi sembra normale che ogni sudtirolese in cuor suo non smetta mai di sognare un Sudtirolo indipendente.
«Il dolore dei colonizzati. La società italiana (così come lo stato) tratta il Sudtirolo come una colonia.»
C'è un limite a tutto, presunta "signora Grenier": anche alle stupidaggini. Soprattutto a quelle che sono i cavalli di battaglia della propaganda secessionista: che, come dicevo prima, rende assolutamente inutile qualsiasi tipo di confronto dialettico con lei.
Citazione riportata nella risposta della Grenier:
GRENIER:
- Citazione da Luca Macron (!!) : "Il dolore di chi?"
Il dolore dei colonizzati.
La società italiana (così come lo stato) tratta il Sudtirolo come una colonia. -
Mia proposta di risposta:
Sono dell'opinione che in ogni società si debba intervenire ad aiutare chi soffre. Per questo Le chiedo sinceramente, quando si manifesta, che cosa causa la sofferenza del sudtirolese colonizzato? Un pacato leale confronto sulle possibili soluzioni oltre a quelle da Lei menzionate (che confesso avrei bisogno mi venissero spiegate nel dettaglio) per risolvere le sofferenze (è forse più corretto chiamarle disagi, malessere?) ritengo possa essere auspicabile. Si dovrebbero valutare in quell'occasione i disagi (che si trovano scritti e espressi in svariati articoli, studi, ricerche sociologiche) di essere italiano in una provincia/piccolo stato governato da uno stesso partito da tempi immemori che rappresenta e difende la minoranza nazionale sudtirolese. Mi piacerebbe anche capire in quali occasioni la società italiana tratta il Sudtirolo come una colonia. E poi, è davvero così vivo in ogni
sudtirolese il desiderio di un Sudtirolo indipendente? La società sudtirolese è molto diversificata. È possibile che il suo pensiero non sia quello della maggioranza? -
Naja dass in Südtirol immer noch die von Tolomei erfundenen und verballhornenden Ortsnamen offiziell und als einzige amtlich gebraucht werden (die originalen sind nur geduldet) würde ich jetzt nicht als Normalzustand bezeichnen, sondern als Zeichen einer kolonialen Gesinnung. Da dürfen Sie sich gerne die Frage stellen, wer verhindert dass diese entfernt werden, so wie es im gesamten restlichen Europa geschehen ist. Damit nicht genug, es gibt da noch nach Kriegsverbrechern benannte Straßennamen, nicht entfernte faschistische Symbole (Liktorenbündel), beleidigende Inschriften sichtbar an Gebäuden, verweigerte Musealisierung von kompromittierenden Standbildern und sogar das Zurschaustellen von Toten in den sog. Beinhäusern, die allesamt in einen Friedhof überführt gehören, wie es in zivilisierten Gesellschaften üblich ist. Alles Zeichen einer kolonialen Gesinnung. Dann gibt es da noch die nicht vorhandenen deutschsprachigen Produktetikettierungen (umgekehrt aber vorgeschrieben), unzureichende Zweisprachigkeit in vielen Bereichen und noch vieles andere.
Das alles tut und zwar physisch nicht weh, zeugt aber vom kolonialen Geist der da (europaweit einzigartig) vorherrscht. Wenigstens schämen müssen wir uns nicht, das sollen andere tun (vergeblich). Nochmals: Wer verhindert da die Aufarbeitung? Darüber wäre nachzudenken (wohl auch vergeblich).
Non voglio entrare nel merito di una disputa infinita che non fa progredire e si rivela quindi inutile. Es tut mir leid.
Die Diskussion an dieser Stelle führt zu keinem Ergebnis, weil sich zwei Lager mit entgegengesetzten Meinungen gegenüberstehen und niemand nachgeben will oder kann. Auf der einen Seite stehen jene, die überlegen wollen, ob man ein mit Gewalt geschaffenes Unrecht auf friedliche Weise und unter Einbeziehung aller Beteiligten friedlich korrigieren kann, auf der anderen Seite sind jene, die glauben, dass auch ein mit Gewalt geschaffenes Unrecht zu Recht wird, wenn es nur lange genug währt und durch internationale Verträge abgesichert ist. Auf der einen Seite steht also die Bereitschaft zum Dialog und zur Diskussion, auf der anderen Seite das sture Beharren auf einem vermeintlichen Recht, selbst wenn man zugeben muss, dass es eigentlich Unrecht ist - allerdings vertraglich abgesichertes Unrecht.