Politik | Lavoro

Una macchia sul Pd

Richiesta terza CIG per i due dipendenti del partito democratico. Cerone (sindacato giornalisti TAA): “Non firmiamo l’accordo, la cassa integrazione non è un bancomat”.
Cassa integrazione
Foto: upi

La vicenda, non certo edificante per il Pd locale, risale al 2015. Non ci sono i soldi per pagare gli stipendi ai due dipendenti del partito, una amministrativa e un giornalista al Servizio Lavoro della Provincia Autonoma di Bolzano e si ricorre quindi alla cassa integrazione. “In mancanza di una prospettiva di un piano di rilancio in grado di ristrutturare il debito - dichiara a salto.bz il vice segretario del sindacato giornalisti del Trentino-Alto Adige Rocco Cerone - viene richiesto un terzo anno di cassa integrazione, considerato che si tratta di soldi pubblici e quindi di tutti noi, ritengo che la cassa integrazione non vada considerata un bancomat, siamo perciò stati indotti a esprimere parere negativo alla concessione della proroga”. Posizione condivisa anche dalla UILTUCS UIL SGK ma non dalla CGIL che ha invece deciso di firmare l’accordo.

Il sindacato regionale dei giornalisti fa sapere che desta perplessità, in particolare, la mancanza di alcun accantonamento del TFR e di altri fondi per poter pagare le 12 mensilità in caso di mancato preavviso contrattuale e di legge per chi è sottoposto ad ammortizzatori sociali. La CIG del secondo anno scade il prossimo 30 settembre e nel frattempo è stata richiesta una ulteriore cassa integrazione al 40%. “Avevamo chiesto, fermo restando le perplessità sullo strumento in questione, di arrivare al 60% per dare dignità al lavoro giornalistico, poi siamo scesi al 50% e al 45%, ma anche riguardo queste ipotesi la risposta è stata negativa, motivo per cui non abbiamo firmato l’accordo. Solleva inquietudine e sconcerto che protagonista della vicenda è il partito politico di maggioranza, che dovrebbe farsi interprete degli interessi dei lavoratori”, conclude Cerone.