Gesellschaft | L'intervista

“Il virus è morto, dicevano”

Rosalba Leuzzi, pediatra a Bolzano, sulla chiusura delle scuole, i timori dei genitori, la trafila-Covid, il nodo dei test e il rischio collasso del sistema sanitario.
Rosalba Leuzzi
Foto: Rosalba Leuzzi

E se mio figlio ha il raffreddore?”, “come posso riconoscere i sintomi del coronavirus?”, “cosa faccio se in classe c’è un bambino positivo al Covid-19?”. Sommersi da telefonate di genitori - con il loro carnet di domande - e tamponi da prescrivere (e da fare), richieste di certificati scolastici e di indicazioni: sono i pediatri, da sette mesi impegnati, fra gli altri sanitari, sulla prima linea della gestione dell’epidemia.

Tutto inizia con un triage telefonico, spiega Rosalba Leuzzi, medico pediatra attiva a Bolzano, nonché segretaria provinciale della Fimp (Federazione italiana medici pediatri), “se necessario si visita il bambino, altrimenti di fronte a un caso ritenuto sospetto si richiede direttamente il tampone; ci informiamo su che lavoro fanno i genitori, sui contatti che possono aver avuto”. Scatta, in sostanza, tutta la trafila-Covid.

La preoccupazione comune fra i medici è principalmente una, evocata continuamente, quasi a volerla esorcizzare intanto a parole: il sovraccarico del sistema sanitario.

 

salto.bz: dottoressa Leuzzi, è questo che la spaventa di più?

Rosalba Leuzzi: Decisamente sì, perché se salta tutto non solo non saremo più in grado di curare al meglio i malati di coronavirus, ma non potremo nemmeno dare risposta a tutte le altre patologie, che di certo non sono andate in vacanza. Il numero delle morti causate dal Covid-19 non è elevatissimo, ma il problema è che il virus sta assorbendo tutte le risorse del sistema sanitario. Screening, diagnosi tumorali, terapie di malattie croniche, tutto passa in secondo piano. E questo è uno degli effetti indiretti della pandemia.

E per quel che riguarda la sfera dell’infanzia, invece?

Se dovessimo andare incontro a un lockdown lungo come è accaduto la scorsa primavera sarebbe una perdita per bambini e adolescenti. Ne risentirebbero la socializzazione, l’apprendimento, la crescita.

Se salta tutto non solo non saremo più in grado di curare al meglio i malati di coronavirus, ma non potremo nemmeno dare risposta a tutte le altre patologie, che di certo non sono andate in vacanza

Giusto però chiudere temporaneamente le scuole?

Premesso che la scuola in sé non è più pericolosa rispetto ad altre situazioni a livello di trasmissione del virus, chiudere gli istituti per un periodo limitato è utile se vogliamo ridare fiato al sistema di tracciamento. Già le recenti chiusure hanno portato qualche frutto, ho visto meno notifiche di quarantena e anche le linee telefoniche si sono raffreddate un po’. Forse l’ulteriore sospensione prevista dalla giunta provinciale potrà consentire di riaprire in maggiore sicurezza le scuole. Senza mai sottovalutare l’efficacia della mascherina, beninteso.

Parliamone.

Come affermato dall’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri, sulla base dei dati scientifici, la mascherina non fa male ed è una sciocchezza affermare che non permetta una corretta ossigenazione o che danneggi il sistema immunitario. La mascherina chirurgica è un dispositivo fondamentale ai fini del contenimento della diffusione del virus. Capisco che possa essere fastidiosa - la porto anch’io dalla mattina alla sera e non vedo l’ora di toglierla - ma sopra i 6 anni deve essere utilizzata in classe, anche quando si è seduti al banco, perché in un ambiente chiuso un metro di distanza fra i bambini non è sufficiente, inoltre parlando a voce alta il passaggio delle goccioline respiratorie è facilitato. In inverno, poi, non si potrà certo stare perennemente con le finestre spalancate. Bisogna entrare nell’ordine delle idee che la mascherina deve diventare un’abitudine.

La mascherina non fa male ed è una sciocchezza affermare che non permetta una corretta ossigenazione o che danneggi il sistema immunitario

Quanto sono suscettibili i bambini al virus?

I casi sono per fortuna tutti lievi, i bambini non sviluppano la malattia in maniera grave. C’è però una problematica collaterale dell’infezione che riguarda, ancora una volta, il peso sul sistema: le quarantene, l’isolamento delle classi, i test da effettuare. E chiaramente c’è la preoccupazione dei genitori, non solo per l’aspetto sanitario ma anche per quello pratico, dovendosi organizzare con il proprio lavoro. Insomma sono situazioni difficili da affrontare, in più ora subentrano anche stanchezza e irritazione.

E l’influenza non è ancora arrivata…

Già, ma i piccoli si ammalano di tantissime forme virali anche in questa stagione, penso ad esempio, al rhinovirus o all’adenovirus. Si vedono forme febbrili, tosse, raffreddore, solo che adesso con questi sintomi ci si agita tutti.

Di fronte a quali segnali, quindi, richiedete il tampone? Uno dei problemi è proprio che nei bambini i sintomi da coronavirus sono molto comuni.

Il bambino è poco sintomatico, spesso asintomatico, e i sintomi del coronavirus - come rinite, tosse, dolori muscolari, cefalea, febbre - sono appunto sovrapponibili a quelli delle malattie comuni dell’infanzia. Il tampone viene richiesto soprattutto se il bambino va in comunità, all’asilo nido o alla scuola materna, allo scopo di isolare il più possibile il contagio.

Ma con il proliferare dei casi nelle scuole i tamponi vengono fatti in tempo?

E qui torniamo al problema del sistema in affanno. Non solo i tamponi ma anche le quarantene non arrivano in tempo. Succede ad esempio che le scuole anticipano alle famiglie che i bambini devono stare a casa, ma finché i genitori non ricevono la comunicazione ufficiale di quarantena non hanno diritto all’assistenza per il figlio. Se c’è un bimbo positivo bisogna mettere in quarantena tutta la classe, programmare il tampone di controllo per il decimo giorno, seguire un iter. Per fare ciò serve personale e tante ore di lavoro, e con un numero di casi così alto come adesso ciò diventa molto complicato. Ora ci si sta organizzando, molte scuole invece di chiamare singolarmente gli alunni affinché si sottopongano ai tamponi molecolari presso il drive-in, fanno test antigenici rapidi che, pur non essendo così sensibili, sui grandi numeri possono essere preziosi per alleggerire il carico di lavoro sul contact tracing.

A Bolzano ci sono molte difficoltà, abbiamo tutti ambulatori piccoli, spesso ubicati nei condomini, che in alcuni casi di fronte alla prospettiva dei test in loco minacciano di denunciarci

Dunque è d’accordo sul ricorso sempre più massiccio ai test antigenici rapidi.

Proprio perché danno subito la risposta e aiutano nella gestione del caso. Se questo tipo di test risulta positivo la probabilità di falsi positivi è piuttosto bassa, se invece il test è negativo la percentuale di falsi negativi può arrivare fino al 30%. La minore sensibilità viene compensata dal fatto che se ne possono fare di più rispetto ai test molecolari. L’esecuzione dei test antigenici rapidi negli ambulatori dei medici di medicina generale e dei pediatri, inoltre, è un supporto in più.

Ci sono le condizioni per eseguire questi test negli ambulatori?

Noi pediatri abbiamo appena firmato l’accordo per eseguire i test rapidi in ambulatorio e siamo ancora in fase di discussione con l’Azienda sanitaria in merito alle questioni logistiche. Alcuni colleghi, soprattutto in periferia - penso, per citarne alcuni, a Ora, Termeno, Bressanone, la Val Gardena - dove gli ambulatori sono diversi, generalmente con più spazio a disposizione, li stanno già facendo. A Bolzano ci sono molte difficoltà, abbiamo tutti ambulatori piccoli, spesso ubicati nei condomini, che in alcuni casi di fronte alla prospettiva dei test in loco minacciano di denunciarci. Dovendo anche continuare la normale attività, quindi fare ad esempio i cosiddetti bilanci di salute ai bambini sani, è complicato avere un percorso separato per i casi sospetti. Stiamo cercando di trovare un locale, una postazione per chi non ha la possibilità di eseguire i test rapidi nel proprio ambulatorio. In ogni caso il gold standard resta il test molecolare, che ha un’altissima sensibilità e specificità.

Qualcuno fra i camici bianchi si è forse rifiutato di fare i test rapidi, temendo che non possano essere rispettati i protocolli sanitari?

La disponibilità è stata data, ma non basta quella. Io per esempio condivido un piccolo ambulatorio (che ha una sala d’aspetto altrettanto piccola) insieme ad altri due pediatri. E abbiamo 1200 pazienti a testa. Ecco, chi lavora in circostanze del genere deve poter contare su un luogo adeguato dove procedere con i test.

Se noi pediatri siamo positivi o in quarantena, per esempio, non abbiamo chi possa sostituirci

Troppi errori dal punto di vista della gestione sanitaria provinciale dell’emergenza?

So che si è lavorato molto per rafforzare i servizi territoriali, ma purtroppo ci si è scontrati con la difficoltà, già purtroppo ben nota in provincia e ora amplificata, di reperire personale, medico e paramedico. Se noi pediatri siamo positivi o in quarantena, per esempio, non abbiamo chi possa sostituirci. Probabilmente andava rinforzato di più il dipartimento di prevenzione, un servizio fondamentale in questo frangente per contenere il contagio, perché è quello che deve organizzare, testare, tracciare. Ma anche in questo senso sono stati fatti grandi sforzi. In ogni caso indubbiamente si può fare meglio. Il punto è che il problema è grosso, si sapeva che la seconda ondata sarebbe arrivata ma nessuno pensava in queste dimensioni e in così poco tempo.

Vivere un’estate meno spensierata avrebbe aiutato?

Ricordo quando a giugno qualche professorone disse che il virus era morto…
C’è da dire che siamo stati presi anche da un giustificato desiderio di rimettere in moto l’economia, anch’essa sfiancata dall’emergenza Covid. Certo un’estate un po’ meno “allegra” non avrebbe guastato.

 

 

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Elisabeth Hammer Fr., 13.11.2020 - 09:36

https://www.altoadige.it/cronaca/bolzano/livelli-essenziali-di-assisten…. Die Zahlen sprechen eine klare Sprache, Südtirols Sanitätssystem war auch ohne Corona bei weitem nicht Klassenprimus, sondern tatsächlich am Ende der Liste mit 142 von 225 möglichen Punkten. Interessanterweise habe ich in der deutschsprachigen Landespresse nichts von dieser sehr schlechten Bewertung gelesen. Wenn die Kinderärztin sagt, sie fürchte einen Kollaps der medizinischen Versorgung, dann hat sie da sicher nicht unrecht. Die Tiroler Kliniken sind auch bereits am Limit, auf Nachbarschaftshilfe wie im Frühjahr darf man sich in dieser Situation nicht mehr verlassen. Jetzt hilft wohl wirklich nur mehr ein harter LockDown. Ausserdem sollte die Teilnahme am Screening selbstverständlich auch für alle Schüler und Lehrpersonen gelten, gleich wie für die Wirtschaft. Allen voran geht dann bitte auch die gesamte Landesregierung am Freitag früh vorbildlich und medienwirksam zum Test inkl. Offenlegung vom Ergebnis. Sonst verliert das Ganze ohnehin an Glaubwürdigkeit.

Fr., 13.11.2020 - 09:36 Permalink