Umwelt | Climate change

Tutta la neve sparita

La ricerca globale di Eurac: c’è meno neve nel 78% delle montagne del mondo. Russia in controtendenza ma solo per l’umidità. E questa primavera è “fortemente anticipata”.
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Foto: Helmut Liebelt/Unsplash

I tempi dei cambiamenti climatici non sono gli stessi della diffusione di un virus, ma il loro impatto è comunque dirompente. A precisarlo è Eurac research, che porta all’attenzione le mappe della copertura nevosa nelle aree montane di tutto il mondo elaborate da Claudia Notarnicola, fisica dell’istituto altoatesino. L’analisi di quasi vent’anni (2000- 2018) di immagini satellitari in alta risoluzione, misure a terra e modelli di simulazione mostra un quadro preoccupante soprattutto in alta quota. Sopra i 4.000 metri, infatti, tutti i parametri osservati - estensione della superficie nevosa, durata della neve, temperatura dell’aria - sono in peggioramento. Non è purtroppo una novità, ma i dati analizzati confermano il quadro delineato a salto.bz dalla studiosa lo scorso ottobre in occasione della conferenza Onu sul riscaldamento globale.

 

Vent’anni di cambiamenti climatici

 

“Dopo un inverno poco nevoso, stiamo vivendo una primavera fortemente anticipata. Negli anni gli effetti di questi fenomeni si sommano e allora sì che diventano ben visibili”, spiega ora Notarnicola, vicedirettrice dell’Istituto per l’osservazione della Terra di Eurac Research e autrice dello studio. 

Dopo un inverno poco nevoso, stiamo vivendo una primavera fortemente anticipata. Negli anni gli effetti di questi fenomeni diventano ben visibili (Claudia Notarnicola, Eurac)

Negli ultimi anni, spiega Eurac, le aree montane hanno destato molta attenzione perché sono considerate sentinelle dei cambiamenti climatici; a partire dai 1.500-2.000 metri l’aumento della temperatura è raddoppiato rispetto alla media generale e cresce con l’altitudine. Avere a disposizione una mappa globale dell’andamento della neve negli ultimi vent’anni permette di vedere similitudini e differenze tra diverse aree del mondo e di avere un quadro chiaro della situazione. “Possiamo vedere, ad esempio, che nel 78% delle aree osservate la neve è in calo - prosegue Notarnicola -. La durata della neve, inoltre, è variabile e questo dipende più dalla fusione precoce in primavera che non dal fatto che la prima neve cada solo ad inverno avanzato. Sopra i 4.000 metri, infine, la maggior parte dei parametri osservati peggiora: aumenta la temperatura, diminuisce l’estensione della superficie nevosa, calano le precipitazioni, la neve fonde prima”.

 

Alto Adige: neve fugace e inverni in ritardo

 

La mappa mette in evidenza come ci siano zone che risentono dei cambiamenti climatici in misura maggiore. In Sudamerica, ad esempio, più di venti parametri mostrano una tendenza in peggioramento, mentre sulle Alpi la situazione è meno grave, anche se il settore orientale soffre di più rispetto a quello occidentale.  

Anche l’Alto Adige segue un andamento simile, con una durata della neve in diminuzione e un marcato ritardo nell’avvio della stagione invernale.

“La mappa mostra anche zone in cui la copertura nevosa è aumentata, in Russia, ad esempio. Sembrerebbe una buona notizia, ma non lo è: “In realtà il fenomeno è dovuto a un aumento delle temperature che, pur restando sotto zero, aumentano di qualche grado. Questo, in combinazione con l’umidità dell’aria, favorisce la formazione della neve”, conclude Notarnicola.