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Mezz’ora nel medioevo

Visita a castel Trostburg nell’ambito del progetto “Alla salute” avviato dall’Associazione musei, per scoprire la storia culturale del cibo in Sudtirolo.
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Foto: Salto.bz

Sono i giorni della canicola, persino in quota non tira un filo d’aria. I bimbi piagnucolano per il caldo mentre saliamo lungo il ripido sentiero che porta a castel Trostburg. Il cammino è lastricato di grandi sampietrini e in alcuni punti si riconoscono ancora i solchi lasciati dalle ruote dei carri nel corso dei secoli. Dopo 20 minuti di camminata arriviamo davanti all’enorme portone in ferro battuto e Terese Gröber, la custode del castello, ci da il benvenuto. È minuta e sorridente, con vivaci occhi azzurri che illuminano un viso da bambina, nonostante la sua età. La signora Terese ha passato tutta la sua vita a castel Trostburg e conosce ogni suo segreto.

Ci accorgiamo che la temperatura diminuisce sensibilmente: i muri della torre sono spessi 2,40 metri e gli abitanti del castello si rifugiavano qui in caso di pericolo.

La prima parte del castello fu costruita nel 1200, poi nel tardo rinascimento fu aggiunta la seconda parte. Di proprietà dei conti von Wolkenstein-Trostburg, nel 1967 fu venduto all’Associazione dei castelli dell’Alto Adige, che lo ha restaurato e salvato dalla rovina.
Entrando nel pesante portone di ferro veniamo catapultati nel medioevo: la signora Terese inizia il suo racconto. Mentre passiamo sotto una grande griglia di ferro che gli abitanti del castello facevano scendere in caso di allarme, ci mostra il canale da dove si versava olio e pece bollenti sui nemici in caso di aggressione. A questo punto si azzittiscono anche i bambini, dimenticano caldo e fatica.

 


Saliamo al primo piano e visitiamo un soggiorno dal soffitto completamente ricoperto di preziosi intarsi di legno del sedicesimo secolo. Adiacente c’è una minuscola stanza con un focolare, in cui tenevano in caldo il cibo già preparato prima di servirlo ai signori. La vera cucina del castello era invece situata al piano terra, nelle stanze che oggi ospitano il museo del castello.

 


Attraversando la camera delle guardie, entriamo nella torre maestra. Ci accorgiamo che la temperatura diminuisce sensibilmente: i muri della torre sono spessi 2,40 metri e gli abitanti del castello si rifugiavano qui in caso di pericolo.

 


Dopo aver ammirato la chiesetta del 1604 dedicata a Sant’Antonio Abate, visitiamo le varie sale da festa, una più sfarzosa dell’altra, costruite in epoche successive. In una sala notiamo una piccola porta e la Signora Terese ci spiega che proprio accanto alla sala da pranzo c’era un gabinetto a caduta libera (“Plumpsklo”), diviso appunto solo da una porticina. Epoca che vai, usanze che trovi.

 


Nell’ultima sala da pranzo della visita guidata ci sono affreschi del 1600 che rappresentano scene di caccia e di convivialità. I colori degli affreschi sono sbiaditi, ma le scene sono così vivaci da sembrare quasi in movimento, come un piccolo cartone animato: c’è la caccia all’orso e il camoscio braccato dai cani, una fiaschetta di vino, una lepre appesa a testa in giù e un giullare intento a far girare lo spiedo dell’arrosto. Guardandoci intorno in questa sala sembra quasi di sentire le risate, il trambusto dei piatti e la musica di sottofondo di un banchetto di cavalieri. Proprio in questo momento, scorgiamo fuori dalla finestra un rapace che si lascia portare dal vento in attesa di piombare su una lucertola: è il maschio di una coppia di falchi che ha fatto il nido nelle mura della torre maestra.

 


Siamo ancora presi dall’atmosfera di antichi banchetti quando usciamo dall’edificio principale per visitare la cantina del castello. Castel Trostburg vanta il torchio più grande dell’Alto Adige, il cui albero di pigiatura misura quasi 11 metri e le tavole illustrate ci spiegano come facevano il vino all’epoca dei cavalieri.   

 


Lasciamo castel Trostburg con la sensazione di aver fatto un viaggio nel tempo: una mezz’ora vissuta nel medioevo.