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Il film sulla musica di Freddie Mercury e i Queen Bohemian Rhapsody è un inno al re del rock degli anni settanta / ottanta, nonostante tutto…
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Foto: Bohemian Rhapsody

Certo, per chi si aspetta(va) un film agiografico sulla vita di Freddie Mercury, cantante leader dei Queen, rimarrà deluso o troverà di sicuro tante pecche. Tutti gli altri che vogliono semplicemente godersi un bel film musicale che omaggia la musica di uno dei gruppi rock più amati e più famosi degli anni settanta e ottanta del secolo scorso ameranno Bohemian Rhapsody di Bryan Singer, attualmente nelle sale di Bolzano e Merano. Tante recensioni lamentano che non siano stati rispettati i fatti storici esattamente com’erano avvenuti, ma va detto che a volte nella trasposizione di storie dal “realmente accaduto” al prodotto audiovisivo sullo schermo ci passa un mondo. Questo per altro vale anche nel caso di adattamenti letterari, e tanto inchiostro è stato versato a proposito. Il problema vero è che nel nostro caso ci sono tanti che conoscono benissimo (o pensano di conoscere) la storia (vera) di Freddie Mercury, e pare ovvio che si voglia mettere i puntini sulle “i”! Ciò non avviene con tanto accanimento però, ad esempio, nel caso di un Mister Sconosciuto o quando si deformano fatti storico-politici in un film storico… Un film è un testo – nel senso semiologico del termine – e va analizzato per quello che è, un’opera d’ingegno che va attraversata dalla lettura critica in tutte le direzioni, giusto per parafrasare un grande dell’analisi, nonché filosofo e semiologo, il francese Roland Barthes. Certo, va detto che ci sono state non poche divergenze tra autori, attori e registi nel corso della lunga gestazione del progetto, nel senso che colui che era ed è il maggiore motore del progetto, Brian May, il chitarrista dei Queen, volle un film sul gruppo mentre altri vollero focalizzare soprattutto la vita privata del nostro.

Altro sarebbe, se si trattasse di un documentario – visto per altro su arte.tv poco tempo fa, in cui si rende davvero omaggio alla vita di Freddie Mercury e al suo grande talento autoriale, vocale e performativo nonché alla sua persona di grande intelligenza, sensibilità, rispetto per sè e per gli altri, usando come base di montaggio e linea temporale una intervista realizzata qualche anno prima della sua morte e della tornata verso la lirica assieme al suo idolo da sempre, Montserrat Caballè, la soprano spagnola, con cui aveva inciso e cantato Barcelona nel 1987. Un enorme successo!

Fatta questa premessa, parliamo del film, punto e basta. Bohemian Rhapsody narra la storia di Farrokh Bulsara (fu questo il vero nome di Freddie Mercury), uno studente di origini indiane, parsi per la precisione, interpretato magistralmente da Rami Malek (“volevo rendere ciò che lui era in grado di donare al suo pubblico”), con il grande sogno di diventare una star. Dopo aver osservato il concerto di una band locale dal nome Smile, egli si propone di sostituire il cantante che li aveva piantati in asso proprio in quell’occasione: c’erano Brian May (Gwylim Lee), il già citato chitarrista, e Roger Taylor (Ben Hardy), il batterista. A loro si sarebbe poi aggiunto il bassista John Deacon (Joseph Mazzello) e con questa formazione hanno girato per la Gran Bretagna sotto il nuovo nome di Queen. Su suggerimento di Farrokh vendono il furgone per investire nel primo album, e ce la fanno ad avere un contratto con la Emi. In parallelo si narra la storia d’amore tra quest’ultimo e Mary Austin (Lucy Boynton). Il grande successo e il tour negli Usa segnano un punto di svolta, anche nel film: Farrokh Bulsara crea la sua immagine pubblica sotto le sembianze del nuovo nome Freddie Mercury e inizia a mettere in discussione la propria sessualità, sul piano musicale esce il quarto album A Night at the Opera e quindi c’è l’abbondono della Emi a causa del rifiuto da parte del suo capo di rilasciare il song clou dello stesso, Bohemian Rhapsody, per l’appunto, come disco singolo; inoltre iniziano le feste sontuose… Cambia il ritmo della narrazione, cambia il ritmo di montaggio, ci sono più inserti musicali.

Non vogliamo però qui riassumere tutta la trama rubando la suspence della visione del film, quanto dire semplicemente che i 134 minuti passano davvero rapidamente! Dove non manca il sense of humour nelle battute – per altro una delle tante peculiarità del vero Freddie Mercury che possedeva una buona dose di autoironia!

Torniamo alle polemiche: il film deve riassumere vita e morte del personaggio principale entro una serie di eventi rimarchevoli, degni di attirare l’attenzione del pubblico, per cui lo sceneggiatore Anthony McCarthen aveva deciso di terminare con la memorabile apparizione dei Queen al concerto Live Aid al Wembley Stadion di Londra (per la cronaca: Live Aid fu organizzato da Bob Geldof dei Boomtown Rats e da Midge Ure degli Ultravox il 13 luglio 1985, parallelamente nello stadio londinese e in quello di John F. Kennedy a Filadelfia, nonché in quelli a Sidney e a Mosca, con tanti gruppi rock famosi in quel periodo storico ai fini di raccogliere fondi a favore della popolazione etiope, colpita da una grave carestia). Dunque la fatica era far rientrare tutto (o quasi) in quell’arco di tempo, anche molto di quello che in realtà sarebbe accaduto dopo il concerto: la denuncia pubblica della vita “scandalosa” da parte di un amico intimo di Freddie, la scoperta di aver contratto l’Aids grazie al virus dell’Hiv (allora furono i primi anni di questa che venne chiamata “epidemia del Novecento” che avrebbe mietuto numerose vittime nel campo dello spettacolo, e non solo), l’incisione dell’ultimo album col gruppo, la vicina morte…

Il regista Bryan Singer che si conosce per opere a grandi budget, come diversi adattamenti di X-Men (dai famosi fumetti della Marvel) e Superman Returns (del 2006), non aveva problemi a mettere in scena questo biopic dal budget di 52 milioni di dollari, essendo abituato a manovrare scene di massa costruite al computer (pare che il pubblico del Wimbley sia stato ricreato ad hoc a livello digitale) e a creare scene drammatiche di grande impatto emotivo. Poi si viene a sapere che lui di fatto venne licenziato per assenteismo dopo soli tre mesi di lavorazione e si era fatto tornare sul set il primo scelto per curare la regia, Dexter Fletcher: fu lui a finire le riprese e a seguire la post-produzione. Ma alla fine non è menzionato nei titoli, nonostante l’accurato lavoro svolto. La colonna sonora, a nostro avviso “il” vero protagonista principale del film, è a cura di John Ottman, stretto collaboratore di Singer, che ha riunito una ventina tra i brani più famosi dei Queen – tra l’altro, uno dei grandi pregi del grande performer Rami Malek è di aver imparato un labiale perfetto nelle scene di canto e in cui si vede lui sul palco, invece del vero Mercury, trattandosi sempre di audio originali… E per chi fosse interessato: il soundtrack è stato rilasciato anche come Cd con ventidue tracce ufficiali e altre undici finora inedite.

La prima c’è stata lo scorso 23 ottobre a Londra alla Wimbley Arena, proprio di fronte al famoso stadio, e l’incasso della serata era stato devoluto in totum alla Mercury Phoenix Trust, fondata dopo la morte di Freddie nel 1991 dai membri dei Queen per combattere l’Aids in tutto il mondo.

P.S. Campione di incassi al botteghino, il film ha stimolato tantissimi fan vecchi e nuovi ad ascoltare e riascoltare in streaming il brano che gli dà il nome, Bohemian Rhapsody, facendogli così superare le 1,6 milioni di volte e toccare il vertice assoluto a livello mondiale: è diventato il brano rock più ascoltato in rete del ventesimo secolo! Aveva ragione Freddie Mercury a credere in questa sua creazione composta in solitaria su pezzi di carta ed elenchi telefonici… In fondo fu già decretata “miglior canzone degli ultimi 25 anni” soltanto due anni dopo la sua pubblicazione nel 1975, un premio cui sarebbero seguiti tanti altri.

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Massimo Mollica Mi., 19.12.2018 - 16:21

Da fan di gioventù non posso che sottoscrivere quanto asserito in questo post. Mi ha fatto ritornare alla mente un po' della mia infanzia, dei sogni e delle aspettative di un ragazzo come me nato e vissuto alla periferia di tutto. E non facevo certo parte della massa visto che spopolavano tra gli amici gruppi come i Pink Floyd o gli U2,entrambi da me comunque molto apprezzati. Solo che i QUEEN erano altro, erano la voce maschile non lirica più bella mai esistita, ma erano un concentrato di generi musicali che non si può limitare al semplice Rock. Erano la MUSICA per antonomasia.
Ultima riflessione: nella Gran Bretagna della BREXIT, ma anche in un Europa in preda alle paure, nessun pachistano riuscirebbe a fare e diventare quello che è stato Farrokh Bulsara in arte Freddie Mercury.

Mi., 19.12.2018 - 16:21 Permalink