Gesellschaft | Solidarietà

“Così liberiamo il sud del mondo”

Umberto Carrescia, presidente di Città azzurra e Circle, sul legame tra cooperazione sociale e cooperazione allo sviluppo. “Alto Adige terra solidale, ecco i progetti”.
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Foto: Città Azzurra

salto.bz: Umberto Carrescia, presidente della cooperativa Città Azzurra e dell’associazione Circle di Merano, lei conosce bene sia il tema della cooperazione internazionale che della cooperazione sociale. Che relazione esiste tra i due settori?

Umberto Carrescia: esiste un rapporto molto stretto tra la cooperazione sociale e quella internazionale, (detta anche cooperazione allo sviluppo). Io personalmente mi occupo sia di un settore che dell’altro, visto che appunto sono il legale rappresentante di una cooperativa storica di Bolzano, Città Azzurra, che lavora nell’ambito psichiatrico e psicoterapeutico, nonché il presidente di un’emergente associazione, come Circle, rivolta al volontariato per la cooperazione allo sviluppo. Inoltre faccio parte del comitato direttivo del Social firms Europe-Cefec, l’unica organizzazione europea di Imprese Sociali, in rappresentanza dell’Alto Adige.

Qual è il quadro dei progetti di cooperazione internazionale in provincia di Bolzano?

L’ufficio Affari di Gabinetto della Provincia Autonoma di Bolzano, è l’ufficio preposto ai finanziamenti per la cooperazione allo sviluppo, insieme all’Ufficio Aiuti Umanitari per quanto riguarda la Regione Trentino Alto Adige. Il sostegno va alle iniziative nei Paesi in via di sviluppo. La situazione in Alto Adige è fervida e tante infatti sono le associazioni che si rivolgono a questi enti pubblici per i finanziamenti. Purtroppo i nostri vicini di casa, i trentini, che prima erano i più virtuosi e con i quali spesso eravamo in partnership, si sono visti tagliare i fondi; mentre noi invece siamo riusciti a “tener botta” e possiamo ancora godere dei finanziamenti che il presidente Kompatscher aveva promesso. In particolare per il bilancio 2019 sono stati stanziati 3 milioni e 400 mila € a sostegno di 51 progetti di cooperazione allo sviluppo e per 18 progetti di educazione alla mondialità per una cinquantina di associazioni in totale. Fuori budget ci sono poi i progetti legati alle situazioni di emergenzialità (intervienti in situazione di crisi, calamità naturali, conflitti ecc.)

Ma quella pubblica non è l’unica voce di finanziamento al settore, giusto?

Esatto. In primis ci sono le associazioni che si dedicano molto all’attività di volontariato e alla raccolta fondi attraverso eventi, manifestazioni e iniziative, come  poi la diocesi di Bolzano-Bressanone con l’ufficio Missio, che attraverso gli “Sternsinger”, i “bambini Re Magi”, girano per le case di tutti gli angoli della Provincia e raccolgono ogni Natale un altro paio di milioni di euro, tutti dedicati a favore della cooperazione allo sviluppo. L’Alto Adige è quindi assolutamente virtuoso in questo settore.

Che tipo di progetti vengono finanziati?

Porgetti strutturali per lo più, costruzioni di asili, scuole, ospedali e reparti, ambulatori, bacini idrici, pozzi per l’acqua.. e ancora progetti di microcredito a cui personalmente credo tantissimo, per lo start up di impresa individuale o in cooperativa. Ecco che arriviamo alla cooperazione, in questo caso sociale e di produzione. L’obiettivo infatti è sostenere la nascita e l’avviamento di cooperative nei Paesi in Via di Sviluppo. Un esempio, tra gli altri, è un nostro progetto in fase di elaborazione e che avrà come obiettivo, da una parte la realizzazione di un programma di microcredito, dall’altra, la costituzione di una cooperativa in Tanzania tra donne, vedove Masai ad Arusha, sotto il Kilimangiaro.

Nello specifico, come si svolge il progetto?

L’obiettivo è formare queste donne che vengono letteralmente cacciate con i figli, dalla comunità di origine appena diventate vedove e che devono lasciare tutti i propri averi alla famiglia del marito defunto. Ad Arusha in Tanzania stiamo costruendo una scuola professionale, faremo formazione tessile e sosteniamo la produzione, il marketing e la vendita di prodotti artigianali, vestiti, stuoie, tovaglie, anche di tessuti preziosi e lavorazioni a mano elaborate. L’intenzione, sull’onda del successo che sta ottenendo l’emergente “African Fasion” nella moda mondiale, è quello di esportare il prodotto fuori dai confini della Tanzania e dell’Africa.

In generale i progetti finanziati dall’Alto Adige a quali aree del mondo si rivolgono?

In generale la cooperazione allo sviluppo sostiene progetti in tutto il Sudamerica, tutta l’Africa e al Sudest asiatico, dal Nepal alla Cambogia e in parte ai paesi dell’est Europeo (sempre meno per fortuna perché si stanno rendendo sempre più autonomi e sono tra i paesi ad economia crescente…)  Noi lavoriamo in Kenia, Tanzania, Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Cameroon, Brasile, Ecuador e India.

La cooperazione sociale può essere dunque un esempio di forma imprenditoriale e associativa per lo sviluppo nel sud del mondo?

È un dovere a mio avviso, un “must”, che la cooperazione sociale europea si dedichi anche al sostegno e all’implementazione delle cooperative nei Paesi in via di sviluppo. È l’unica possibilità che ha il cosiddetto Terzo mondo di rendersi autonomo, oltre che di liberarsi del giogo dei Paesi industrializzati, non solo dall’Occidente ma anche e oggi soprattutto dalla Cina.

Allude al land grabbing, il fenomeno per il quale le potenze straniere, le multinazionali o altri soggetti privati acquisiscono terreni agricoli sottraendoli alla popolazione locale?

Esatto. Questo è uno dei fenomeni più preoccupanti. In Tanzania, un emiro ha acquistato 400.000 ettari di territorio per uso privato, per cacciare, e ha costretto le popolazioni Masai, che sono pastorizie, ad abbandonare le loro zone e andare altrove per far pascolare i propri animali. In Madagascar la Corea del sud ha acquistato metà territorio coltivabile, un milione 300.000 ettari, per monocolture. Altrove invece, in Ucraina, la Cina ha affittato tre milioni di ettari per il frumento.

È un’altra prova della difficoltà delle popolazioni locali a sviluppare un’economia autonoma?

Sì. La Cina ad esempio offre strade, infrastrutture, opere che però finiscono per contribuire allo sfruttamento delle risorse di un continente come l’Africa che potrebbe essere il più ricco del mondo.

Cosa può insegnare la cooperazione sociale per lo sviluppo locale?

Deve essere sostenuta perché a fronte di questi fenomeni dilaganti di sovranismo e di neo colonialismo, aiuta a sensibilizzare i cittadini sul fatto, ad esempio, che le migrazioni non sono solo inevitabili e non si possono fermare, ma sono anche utili. In Alto Adige e in Europa manca già così tanta forza lavoro che dovremo reperirla all’estero. Ma la cooperazione serve anche ad aprire le teste di quei cittadini che vivono solo di slogan, leggono solo facebook o altri social: la cooperazione allo sviluppo insomma aiuta a capire che l’altro non è diverso da sè, ma uguale. In questo contesto, c’è un ruolo ulteriore che assume a sua volta la cooperazione sociale. Noi nel nostro territorio abbiamo tante bellissime imprese sociali, cooperative di produzione lavoro ecc., in cui sono protagoniste lepersone che non riescono a stare dietro ai ritmi frenetici del capitalismo e del consumismo. Ebbene, il modello vale anche altrove: la cooperazione sociale aiuta ad individuare le fasce più deboli anche nei Paesi di sviluppo e li porta verso obiettivi di autosufficienza e autonomia, attraverso la formazione di cooperative, che riescono a creare condizioni lavorative più favorevoli per tutti coloro che si associano.