Wirtschaft | Sistema tributario

L’equità al centro della riforma fiscale

Cgil, Cisl e Uil hanno incontrato la Commissione parlamentare che ha elaborato il documento sulla riforma fiscale, che ora è nelle mani del Governo.
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Foto: Fabio Petrini Cgil/Agb

La proposta redatta dalle due Commissioni il 30 giugno non raccoglie comunque l’impostazione proposta dal sindacato. Crescita economica e semplificazione sono due obiettivi importanti ma non sufficienti: l’equità dovrebbe essere il primo obiettivo di una riforma fiscale.

Definire come distribuire gli oneri è di primaria importanza. Il necessario processo di semplificazione del sistema tributario non deve, inoltre, tradursi in un superamento o nell’indebolimento dei presidi di legalità di fronte a 110 miliardi di evasione ogni anno.

Il documento conclusivo delle Commissioni non affronta in maniera adeguata il fenomeno dell’evasione fiscale. Cgil, Cisl e Uil ritengono questo assolutamente sbagliato. Va rivisto il sistema fiscale italiano asimmetrico tra lavoratori dipendenti e i pensionati, e gli autonomi.

I primi pagano le tasse e poi prendono lo stipendio o la pensione, mentre gli altri auto certificano a posteriori i propri redditi e scelgono in che misura adempiere ai propri doveri con il fisco. Serve un monitoraggio dei contribuenti, attraverso l'incrocio delle banche dati disponibili, per dare piena possibilità alle agenzie fiscali d'individuare prontamente comportamenti illeciti.

Il rafforzamento dell’organico dell’Agenzia delle Entrate, l’estensione della fatturazione elettronica, azioni mirate sulle aree di maggior evasione, la riduzione dell’uso del contante e l’estensione del sostituto d'imposta alle partite Iva, già sperimentato per i bonus edilizi, sono altri interventi possibili.

La lotta all’evasione è anche un modo per finanziare la riforma fiscale senza la quale è impossibile cogliere gli obiettivi dati senza affossare il bilancio pubblico. Anche i 200 miliardi di debiti accumulati dovranno essere ripagati nei prossimi anni e la lotta all’evasione serve per evitare che a pagare non siano, come al solito, solo i lavoratori dipendenti e i pensionati. 

Ma chiediamo anche l’elevazione a rango costituzionale dello Statuto del Contribuente una richiesta da tempo avanzata da Cgil, Cisl e Uil nella loro piattaforma, a significare che per il sindacato il contribuente è un soggetto che deve essere tutelato nei suoi diritti e trattato dignitosamente se è un contribuente onesto.

Il documento conclusivo punta anche a un sistema in cui l’aliquota sui redditi da capitale (nonché dei regimi sostitutivi cedolari) sia allineata all’aliquota applicata al primo scaglione Irpef (23%). Cgil, Cisl e Uil credono invece, che sia fondamentale ampliare la base imponibile inserendo in progressività anche i redditi attualmente assoggettati al regime forfettario e ai redditi in cedolare secca sui canoni d’affitto (prevedendo una deduzione per i canoni concordati).

La nuova base imponibile dovrebbe essere tassata con una progressività rimodulata in favore dei redditi bassi e medi da lavoro e pensione.

Il regime forfettario, favorevole per i redditi da lavoro autonomo e impresa ha infatti aumentato le diseguaglianze nei confronti dei redditi da lavoro dipendente e favorisce il nanismo delle imprese, disincentivando le assunzioni, gli investimenti e la crescita aziendale e rischia di essere un implicito incentivo a fenomeni elusivi.

La riforma fiscale deve invece avere come primo obiettivo il taglio delle tasse ai lavoratori dipendenti e pensionati. Maggiore progressività significa anche redistribuire meglio il prelievo sulle diverse fasce di reddito.  È condivisibile la volontà di ridurre il “salto” tra secondo e terzo scaglione, occorre però vigilare, che la riforma dell’Irpef non si riduca a un piccolo intervento. La mancata definizione di uno schema completo di aliquote e scaglioni potrebbe indicare questo rischio.

Oltre a estendere la base imponibile vanno aumentate le detrazioni specifiche per redditi da lavoro dipendente e pensione. Crediamo che sia utile prevedere un’area esente da tassazione simile tra lavoratori dipendenti e pensionati e una inferiore per i lavoratori autonomi.    

Per superare l’Irap va chiarito come verrà realizzato il riassorbimento con un possibile ritorno all’Iri, perché la cifra è consistente e quelle risorse finanziano in parte il sistema sanitario e non è positivo il fatto che sia (già) diventata per certi versi un duplicato dell’Ires.

L’ Irap potrebbe invece essere lo strumento che raccoglie le risorse per il welfare senza gravare sulle spalle dei lavoratori. Essendo una imposta a vasta base imponibile e bassa aliquota essa è difficilmente elusa anche dalle imprese multinazionali. 

Uniformare l’aliquota sostitutiva sulle rendite finanziarie alla prima aliquota Irpef, non è accettabile data anche l’attuale sproporzione dell’incidenza del fisco sul lavoro, rispetto agli altri fattori. Bisogna mantenere una tassazione al 26%, unificando verso questa aliquota tutti i redditi non inclusi in progressività. Purtroppo anche in questa proposta non si prevede né una patrimoniale, né una revisione della tassa di successione.

È quindi auspicabile una semplificazione del sistema fisale, accorpando o eliminando una serie di imposte il cui prelievo è più costoso delle entrate stesse, ma che complica la vita ai cittadini e alle imprese. Va evitato comunque il rischio che dietro a questi propositi si nasconda la volontà di ridurre il sistema dei controlli e di contrasto a pratiche fiscali “avventurose”.

Cgil, Cisl e Uil ritengono che bisogna attuare politiche sociali ed economiche che colmino le disuguaglianze e utilizzare anche la leva fiscale. Tale leva deve servire per razionalizzare le imposte, rendendo le basi imponibili più aderenti alla realtà e applicando il criterio della progressività.

La tassazione delle imprese per Cgil, Cisl e Uil andrebbe armonizzata almeno a livello europeo per evitare che finisca per essere un’arena di concorrenza fiscale con i nostri principali partner. Serve un’unificazione in ambito europeo delle basi imponibili per le aziende multinazionali affinché cessino le allocazioni strumentali di ricavi e perdite e dove le grandi imprese siano tassate laddove la loro ricchezza viene effettivamente prodotta.

Uno degli obiettivi principali dovrebbe essere la nascita di una imposta sulle società europee che costituisca un’entrata diretta dell’Unione, che potrebbe subire eventuali aggiustamenti locali legati alle specificità dei singoli Paesi, ma sempre da stabilire in sede europea.

Alfred Ebner