Kultur | SALTO WEEKEND

La Venere migrante

Bolzano ospiterà la celebre scultura di Michelangelo Pistoletto, simbolo di un progetto itinerante e palingenetico tra utopia artistica e demopraxia.
venere_1.jpg
Foto: Foto: Salto.bz

La “Venere degli stracci” di Michelangelo Pistoletto, realizzata nel 1967, è una delle opere più famose dell'artista biellese (nato nel 1933 ed esponente di spicco della corrente rubricata nei manuali come “arte povera). La scultura può essere definita vagante, sia nel senso della “vaghezza” costitutiva dei suoi significati, sia nella sua dislocazione spaziale, visto che ne esistono più esemplari e per giunta concepiti per muoversi, migrare e dunque interagire con i contesti che la ospitano. L'idea di farla arrivare a Bolzano è di Manuel Canelles, artista poliedrico e a sua volta “vagante”, “migrante” tra generi diversi (teatro, video, istallazioni, performance), il quale è riuscito ad attivare altri soggetti più stanziali, come la Piattaforma delle Resistenze, il Teatro Cristallo, il Liceo Pascoli, l'Università di Bolzano e l'associazione OfficineVispa, coinvolgendoli in un progetto, dal titolo provvisorio “Aspettando Venere”, che si materializzerà tra i primi mesi di luglio (una data precisa non è ancora disponibile, ma sicuramente entro i primi dieci giorni del mese) e ottobre.

Proprio in un laboratorio del Liceo Pascoli, giovedì 14 giugno, Caselles, Nazario Zambaldi, la professoressa Mariella Cocca e alcuni studenti della classe 4 D (indirizzo artistico) hanno intrattenuto i convenuti sul senso dell'operazione. Telegrafico Zambaldi (Liceo Pascoli, Teatro Pratiko), il quale ha richiamato la differenza tra Democrazia e Demopraxia, in pratica la prevalenza del fare artistico su ogni esercizio di potere, e soprattutto ha annuciato che alla fine di settembre – dal 25 al 27 – Pistoletto verrà in provincia di Bolzano per tre giorni d'incontri e conferenze, nonché per inaugurare nella scuola un murales e una galleria espositiva (“Escape”). A Caselles è toccato invece il compito di illustrare più nel dettaglio le tappe dell'epifania della Venere. “La Venere è un pretesto – ha spiegato – per mostrare come l'arte possa diventare uno strumento di riflessione invertendo il movimento consueto con il quale noi siamo abituati a fruirne. In questo caso il movimento non è più quello del pubblico verso l'arte, come accade quando visitiamo un museo, ma è proprio lei, è l'arte che si muove dal suo ipotetico centro e viaggia verso la periferia, così come il candore classico e remoto della Venere si immerge nella policromia contemporanea degli scarti e degli stracci. Per questo, quando questa grande scultura, alta quasi tre metri, arriverà da Ventimiglia, dove adesso si trova, prima la lasceremo imballata, probabilmente negli spazi dell'ex Alimarket, e poi sarà collocata dietro l'Università, per rimanere nei pressi della Facoltà di design fino ad ottobre”.

Cinquant’anni fa – ha detto una volta Pistoletto accompagnando la sua creazione a Lampedusa, uno dei luoghi simbolici della frontiera tra mondi e uomini diversi, ma anche tra disperazione e speranza – realizzai la Venere degli stracci. Gli stracci rappresentano il passaggio delle persone dentro tutti questi vestiti, questi vestiti ormai degradati. La Venere, venendo dal passato come simbolo di bellezza e di speranza, ridà vita, rigenera questi stracci”. L'esibizione della Venere di Pistoletto non sarà così fine a se stessa: nella cavea in cui verrà collocata si organizzeranno spettacoli, performance, interventi su vari temi d'attualità.

La cornice di riflessione complessiva, lo sfondo sul quale va a incastonarsi anche l'operazione della Venere – hanno spiegato infine gli organizzatori – dev'essere ricercata nell'ultima direttrice del lavoro di Pistoletto, raccolta nel simbolo del “Terzo Paradiso”. Esso rappresenta “l’impegno a realizzare un mondo sostenibile e rinnovato”, come sintesi o conciliazione tra il mondo della natura (primo paradiso) e dell'artificio (secondo paradiso). Utopia dell'arte come impegno civile, dunque, auspicando la nascita di un nuovo livello di civiltà planetaria, in cui l’artificio restituisce vita alla Terra e ci fa assumere la responsabilità di rifondare i principi ed i comportamenti etici, affinché al genere umano possa essere data la possibilità di sopravvivere.