Gesellschaft | Amministrazione

Pratiche consolari e “smart working”

Una misura organizzativa innovativa semplificherebbe notevolmente la vita a migliaia di residenti. Nell’era COVID e non solo.
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Passaporti
Foto: upi

In Alto Adige risiedono 51.000 stranieri, dei quali circa 35.000 extracomunitari. Secondo la legge italiana, in linea con tutto il resto del mondo, uno straniero deve sempre essere in possesso di un documento di viaggio valido rilasciato dal paese di origine. Per gli extracomunitari questo è nella maggior parte dei casi il passaporto al quale fanno riferimento altri documenti, in primo luogo il permesso di soggiorno. Un passaporto è valido per 5 o 10 anni.

I passaporti sono rilasciati dai consolati dei paesi di origine, che per i residenti della Provincia si trovano quasi tutti a Roma o Milano. Più in generale, i consolati rappresentano la pubblica amministrazione dei loro paesi: notariato, pratiche di matrimonio, lo stato di famiglia, l’affido di un minore e numerosissime altre. Spetta a un consolato convalidare la firma su un documento, ad esempio, di rinuncia a un’eredità magari irrisoria, ma senza la quale parenti lontani non possono registrarsi nella casa dalla bisnonna e allacciare la luce. Sono tutti casi nei quali un notaio o un Comune italiano non ci può fare nulla né valgono le autocertificazioni: è l'autorità del paese di riferimento che convalida e certifica secondo le proprie leggi.

L'emergenza COVID ha reso molto difficile ricevere un appuntamento a un consolato, anche loro hanno limitazioni nei contatti e nelle relazioni con i paesi che rappresentano. Inoltre i consolati a Milano servono tutto il Nord Italia, quelli a Roma tutto il paese, la domanda di servizi è elevatissima. A causa delle tempistiche ristrette per gli appuntamenti e i rischi di ritardi per andarci da Bolzano occorrerebbe programmare anche un pernottamento, le spese lievitano. La complessità e il costo delle procedure, poi, sono quasi sempre totalmente sproporzionati al valore materiale delle pratiche: dieci Euro per convalidare una firma, ma trecento di viaggio.

Facendo una valutazione approssimativa, 4000-5000 dei 35.000 extracomunitari in Provincia hanno probabilmente il passaporto scaduto o in scadenza. Ma a passaporto scaduto diventa impossibile richiedere o rinnovare il permesso di soggiorno. Per via del COVID molti consolati stanno diventando di fatto irraggiungibili. Causa mancato rinnovo dei documenti persone perfettamente in regola e con la fedina pulita a un certo momento corrono il rischio di ritrovarsi, per la legge, illegali a potenziale rischio di espulsione.

SPID non si applica alle pratiche consolari. Anche nei paesi con sistemi di amministrazione elettronica questa non riguarda questioni internazionali. Per ogni pratica in almeno un’occasione è necessario un incontro di persona tra il cittadino e il suo funzionario consolare. Ma questi giorni si moltiplicano di nuovo i segnali di allarme, ormai non è escluso un nuovo lockdown. Viaggi a Roma e Milano sono sconsigliati e forse tra poco saranno nuovamente vietati. Come si fa a prenotare un appuntamento?

Una soluzione semplice e a costo ridotto sarebbe rovesciare il rapporto cittadino-istituzione: invitare periodicamente funzionari dei vari consolati a Bolzano fornendo loro un ufficio e supporto tecnico-organizzativo. A turno, il “funzionario itinerante” si occuperebbe vuoi dell’autentica di firma, vuoi dello scan delle impronte per il passaporto, vuoi della certificazione di stato libero per la connazionale che vuole metter su famiglia e mille altre cose inerenti la sua funzione.

In numerose situazioni due parti hanno interesse a collaborare, ma se nessuna si fa avanti per prima per segnalarlo all’altra alla fine non succede nulla. Lose-lose invece di win-win. La Provincia Autonoma potrebbe prendere l’iniziativa di invitare a turno funzionari dei diversi consolati stranieri e mettere a loro disposizione un ufficio con dotazione base: computer, scanner, stampante, terminale POS, lettore di impronte, connessione Internet. Due assistenti per il supporto: uno specialista IT, metti che occorra connettere e configurare una tastiera turca o cinese e predisporre la stampante, e un collaboratore trilingue per brevi traduzioni o altre questioni da risolversi rapidamente sul posto. Per un neolaureato in legge o relazioni internazionali sarebbe un lavoro da favola, entrare da subito in contatto con tutto il mondo: lunedì il rappresentante brasiliano, martedì quello ivoriano, mercoledì il russo e così via. Poi si stabilirà un calendario a seconda delle pratiche necessarie e dal numero di cittadini del paese in questione con necessità di servizi consolari.

Cosa potrebbe obiettare la Provincia per *non* farsi promotrice di tale iniziativa? I costi? Aggiungiamo un contributo spese. Per il singolo resta preferibile pagare venti Euro extra per avere un documento in dieci minuti sul posto piuttosto che duecento o più per averlo dopo un viaggio a Milano o Roma e uno o due giorni persi. Non è previsto dal diritto consolare? Non è nemmeno vietato, è semplicemente una situazione nuova. Da una decina d’anni l'Italia ha introdotto la figura del “funzionario consolare itinerante” che per il disbrigo di pratiche raggiunge periodicamente località dove risiedono numerosi italiani ma senza accesso a consolati ufficiali od onorari. Esempio da Internet, Consolato italiano di Barcellona: “due funzionarie del Consolato Generale si recheranno a Palma de Maiorca per raccogliere sul posto le impronte digitali necessarie per il perfezionamento della pratica del passaporto, evitando così ad un 150-200 connazionali di dover venire a Barcellona”. Alcuni gruppi nazionali contano solo poche persone? Parliamo con Trento o Verona, aiutiamo a organizzare gli incontri lì, con bacini di utenza allargati.

Ovviamente il successo dell’iniziativa dipende dalla disponibilità dei diversi consolati. Agire però in modo propositivo e fornendo gli strumenti di base sarebbe un buon inizio per stimolarli a collaborare. Ne gioverebbero anche il bilancio COVID e quello ambientale: meno spostamenti significano meno rischi di contatti e meno emissioni di gas serra.

L’alternativa ideale sarebbe l’automazione completa del processo amministrativo, ad esempio contatti in videoconferenza con i consolati. Certificati cartacei potrebbero poi venire preparati in pdf da inviarsi per email e i nuovi passaporti spediti per posta. Spese contenute, utilità massima. Ma anche qui la Provincia dovrebbe proporsi come autorità di riferimento per garantire l’identità della persona interessata, delegando propri funzionari per le verifiche necessarie. Sarebbe la pratica dei consoli onorari, ma a Bolzano ce ne sono solo due e oltretutto di paesi UE, per i quali buona parte dei problemi indicati sono di più facile soluzione. A Trento sono cinque, quattro dei quali di paesi UE. Qui occorrerebbe invece la figura del “console onorario unico”, inteso come istituzione, non come persona, per tutti i paesi che altrimenti non sono rappresentati. Qualcosa di simile esiste già per le pratiche di visto, che quasi tutti i consolati hanno ormai delegato ad agenzie private che le gestiscono per posta e con uffici decentrati. Per cinquanta Euro extra uno evita il viaggio a Milano o Roma e lunghe attese agli sportelli. Successo immediato!

La crisi attuale e l’affermazione delle tecnologie informatiche impongono la revisione delle procedure amministrative. Le tecnologie, in particolare, devono essere parte della soluzione, non acutizzare il problema. Occorre anche prevedere le necessità e non limitarsi a reagire a contingenze estreme. Amazon non ha aspettato la legge sulle vendite online, ha dettato lei stessa dal principio le regole del gioco e il risultato non può che darle ragione. Vogliamo dimostrare di essere “smart” nei fatti e non solo a parole? La Provincia avrebbe credibilità e autorevolezza per proporre soluzioni necessarie e pragmatiche, a iniziare dalla presa di contatto con rappresentanze straniere. È pronta a farlo?