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"O sei matto o sei un compositore"

Heinrich Unterhofer si congeda dal Monteverdi.
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Foto: Heinrich Unterhofer

Heinrich Unterhofer, nato a Sarentino, compositore e direttore d’orchestra, dal 1992 è titolare della cattedra di composizione al Conservatorio Monteverdi. Della maggiore istituzione musicale provinciale ne è stato il direttore per tre anni dal 2014. Dal 2018 tiene anche un corso di composizione multimediale alla “Hochschule OWL“ di Detmold in Germania.

Tra i numerosi riconoscimenti ottenuti ricordiamo il più recente,  il primo premio al Concorso Internazionale per Banda Sinfonica “Angelo Inglese” 2022 con la composizione “The Descent of Inanna into the Netherworld”, eseguita poi in Italia, Spagna, Venezuela e Svizzera.

 

Salto.bz: comporre è stato un desiderio fin da piccolo?

Heinrich Unterhofer: da piccolo facevo musica e dicevo "mi piacerebbe scrivere quello che suono". Ricordo con piacere la mia prima visita al Conservatorio dal Maestro Francesco Valdambrini al quale avevo espresso il desiderio di diventare compositore e la sua reazione è stata simpatica ma anche interessante, infatti disse: "O sei matto o sei un compositore“. Io credo che avesse ragione in entrambe le diagnosi, perchè per fare il compositore bisogna essere anche un po’ matti, ma questo non solo oggi, credo da sempre.  

Nell’arco di 30 anni in cui lei è stato docente di composizione al Monteverdi l’informatica e le nuove tecnologie hanno trasformato il mondo. Come è cambiato il suo modo di insegnare e come sono cambiati gli studenti?

In merito alla tecnologia non vi è dubbio alcuno che ha trasformato l’insegnamento in modo esponenziale e penso abbia influito certamente anche sul mio modo di insegnare. Trovo il nostro metodo per insegnare la composizione un grande privilegio per gli studenti, se consideriamo che si svolge fra docente e studente. Se guardiamo le altre discipline universitarie un docente insegna anche a 30 o più studenti contemporaneamente. Chiaramente questo rapporto uno a uno è anche più delicato e spesso succede che non combacino le aspettative reciproche e allora diventa più complesso. Certamente nell’ambito artistico lo ritengo fondamentale visto che si tratta di artigianato come quello dei pittori, che apprendevano nelle botteghe dai loro maestri il “mestiere del dipingere”. In questo risvolto la tecnologia ha impoverito questo aspetto. Ci troviamo davanti ad uno schermo e il contatto è pari a zero. Poi invece la tecnologia ha certamente migliorato gli strumenti didattici con programmi notazionali e librerie sonore, ascolti diretti e possibilità di consultazione immediata in internet che prima doveva essere acquisita da libri spesso introvabili, manuali, dischi, e altro ancora. Le faccio un esempio: per l’orchestrazione oggi possiamo sentire una composizione eseguita da un computer molto vicina alla realtà e senza impiego di un’orchestra vera, è un grande risparmio e un ottimo strumento di verifica, ma non abbiamo più nessun contatto con gli esecutori che per la maggior parte si occupano di eseguire la bellissima “musica vecchia”. La “musica nuova” rimane sulla carta e nei computer, ma parlare in modo adeguato di queste problematiche richiederebbe molto tempo... che non mi mancherà, visto che vado in pensione...  

 

 

Che occasioni di lavoro ci sono oggi per un compositore in Alto Adige?

E’ difficile rispondere in modo esaustivo a questa questione. Vorrei dire che anche in passato le nuove composizioni trovavano ostacoli e spesso erano criticate in malo modo anche perché credo non sia mai cambiato l’approccio degli esecutori che per la maggiore parte dei casi eseguono male la nuova musica, ma non per incuranza, ma perché il mondo musicale, e in generale, vive ormai delle stesse cattive abitudini che riscontriamo nella società: tutto è tecnologico e straordinario ma veloce, superficiale e questo porta ad un impoverimento dell’arte che diventa un effetto, una provocazione che spesso perde la parte spirituale, e spesso ci si domanda della vera funzione della musica. La gente ascolta di tutto, spesso sempre le stesse cose, confondendo il mondo musicale con una SPA dove ci si rilassa senza dover più pensare. Anche di questi argomenti potremmo parlare ore, io avrei anche tempo, come dicevo ...

Del tempo che ha dedicato alla direzione del Monteverdi ne trae un bilancio positivo?

Si certo ogni esperienza per bella o brutta che sia insegna qualche cosa di positivo, e credo che vedere  ancora oggi un Conservatorio fatiscente ne è la prova tangibile di come vanno purtroppo le cose. Aver tentato, nella mia legislatura di Direttore, un connubio attraverso una Legge del 2017 con la Libera Università di Bolzano è stato un passo nella direzione che non è stato gradito dalla maggioranza degli insegnanti del Monteverdi. Pertanto dispiace molto l’incomprensione e vedere il degrado di una Istituzione che si dedica alla Musica dalla quale io ho ricevuto e dato tanto. Ho capito anche che per cambiamenti di un certo tipo si deve essere pronti e forse questo, a quanto pare, non è il momento giusto. Ma non è detto che cambierà in un futuro prossimo e vicino con le nuove generazioni di musicisti e insegnanti che avanzano. Il cambiamento credo sia, prima o poi, necessario e di vitale importanza perché non si parla solo dell’educazione musicale in generale ma anche della sua funzione sociale, e bisognerà risolvere vari aspetti e non per ultimo quello delle prospettive di lavoro per i neo laureati musicisti.

 

 

Parliamo ora di una sua recente composizione, ovvero di “Shanti Mantra”. La versione per voci e archi presentata a maggio di quest’anno al Festival di musica sacra di Bolzano e Trento è su YouTube. A fine ottobre la versione per Banda Sinfonica sarà proposta in Germania alla Stadhalle di Meinerzhagen e ai Kaisergarten di Neuenrade, con la direzione di Walter Ratzek. Il sottotitolo ci dice che è “una preghiera per la pace”. Ci racconta di questa musica? 

Questa musica è ispirata da un mantra indiano, “Shanti Mantra”, la parola Shanti significa pace in sanscrito. Il mantra, che evoca la pace fra insegnante e allievo é rivolto anche  agli esseri umani e alla loro convivenza. Sarebbe opportuno pensare sempre più che siamo tutti parte di questo pianeta, e che farsi la guerra non porta niente di positivo ma solo odio, distruzione e rancore lasciando ferite aperte e pertanto, come in una spirale, si continuerà ad alimentare il male. Si dice che l’energia creata da un mantra dia forza all’universo, e forse ascoltando questa musica si percepisce questa forza che si propaga nell’aria. La pace è complessa ma è l’unica alternativa che ci rimane.  Dal lato tecnico compositivo si tratta di una musica semplice e ripetitiva. Nella nostra musica sacra antica occidentale per scrivere una composizione ci si basava su un “Cantus Firmus”,   e il lavoro del compositore era quello di ri-creare il componimento sulle fondamenta del passato. Un po’ come le chiese costruite sulle fondamenta dei templi pagani del passato. Il mio modo di comporre in questo brano è dunque simile a quello dei miei predecessori, anche se i contenuti sono diversi e rivolti ad un’altra religione. Potremmo parlare di un Minimalismo “Europeo“, con influenze stilistiche della musica impressionista francese, per quanto riguarda le sonorità. Non si può però parlare di impressionismo, in realtà si tratta di espressionismo, di una musica che esprime da dentro per andare verso qualche cosa, in questo caso l’anima delle persone.  Spero che queste ultime frasi non spaventino chi ci legge, comunque, in parole povere, e come diceva Luciano Berio: "c’è musica bella e musica brutta, la cosa migliore è ascoltarla“. 


Un libro, o un film, che sono stati per lei importanti? 

Mi piace leggere, ascoltare musica e mi piacciono i film, ma  in generale non rimango ancorato ad un libro, film o musica,  ricerco invece di volta in volta, secondo le necessità, quello che mi incuriosisce e ispira.   

Dal mese prossimo avrà dunque un poco di più tempo libero, a quali progetti sta pensando?

Se fossi un politico direi ad un nuovo partito, ma sono negato perché troppo diretto e schietto e pertanto in umiltà mi dedicherò ancora con più tempo alla mia musica, che come me non va mai in pensione.

SHANTI MANTRA / Heinrich Unterhofer