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L'economia globale diventerà green?

L'Europa ha diminuito del 23% le emissioni di CO2 fra il 1990 e il 2018. Al contempo l'economia è cresciuta del 61%. E' possibile una via verde allo sviluppo?
Green Deal
Foto: EU Commission
Fare dell'Europa il primo continente a emissioni zero entro il 2050. E' l'obiettivo del “Green new deal” di Ursula von der Leyen, fatto di 50 azioni concrete per raggiungere l'obiettivo. E la Commissione Europea ce la sta mettendo tutta per convincerci che il risultato è a portata di mano, perfino con un nuovo logo tutto a righe verdi attorno all'iconica bandiera blu stellata. Basti pensare che fra 1990 e il 2018 – vale a dire in quasi vent'anni di tempo – le emissioni di gas serra dell'Unione Europea sono diminuite del 23%. Niente male, vero? C'è però una notizia ancora più positiva: nello stesso periodo l'economia europea è cresciuta del 61%. Con buona pace di chi pensa che le emissioni possano diminuire solo con la decrescita felice, così come di chi si dice convinto che l'economia può crescere solo se smettiamo di preoccuparci di quanti gas serra emettiamo.
L'Europa cerca la via verde allo sviluppo, ma i grandi della Terra riuniti a Madrid non prendono sul serio gli scenari apocalittici degli scienziati e nicchiano
E' vero che la COP25 di Madrid, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima, si è chiusa con un risultato che non solo gli ambientalisti di Greenpeace ma anche i media internazionali – dall'ANSA al Corriere della Sera alla Repubblica, solo per citare le principali testate italiane – hanno definito un “fallimento”. A poco sono valsi gli appelli a non ignorare la scienza lanciati da Greta Thunberg, fresca di incoronazione di “Persona dell'anno 2019” da parte del magazine statunitense TIME che ne ha fatto il simbolo di "un passaggio generazionale in ambito politico e culturale", come ha detto alla CBS il caporedattore della rivista Edward Felsenthal.
 
 
Le multinazionali dei combustibili fossili e dell'automotive investono da tempo in tecnologie green: aspettano solo che cambi l'aria per continuare a presidiare le proprie fette di mercato con prodotti diversi e, stavolta, sostenibili
Nonostante le grida d'allarme di Greta, per le compagnie dei combustibili fossili il punto di non ritorno non è ancora arrivato. Non è ancora arrivato il momento di dirottare la propria azione di lobbying sull'economia verso il mercato della sostenibilità. Eppure quasi tutte le grandi multinazionali del petrolio e del carbone statunitensi hanno già in pancia investimenti in ricerca e sviluppo e partecipazioni a società che si occupano di risorse rinnovabili. Le principali aziende produttrici di batterie e componentistica per auto – parliamo di Cina, Giappone e Taiwan – investono gran parte delle proprie risorse nello sviluppo di tecnologie a propulsione pulita basate sull'idrogeno. Anche sul green l'Europa deve al più presto recuperare terreno nei confronti di USA e Cina.
Solo quando la guerra al riscaldamento globale diventerà redditizia quanto quella per le risorse energetiche non rinnovabili, allora qualcosa potrà davvero cambiare
E noi da che parte ci schieriamo? Crediamo a Greta e all’urgenza planetaria decretata dagli scienziati, oppure ci lasciamo blandire dall'indolenza dei grandi del mondo? Se guardiamo alla storia dell'uomo fino a questo momento, possiamo agilmente osservare come il principale motore economico sia sempre stato l'industria bellica: ha promosso e finanziato lo sviluppo delle tecnologie informatiche, lo studio delle nanotecnologie, la creazione di materiali innovativi ed efficienti, l'applicazione dell'intelligenza artificiale alle azioni che compiamo ogni giorno, l'analisi dei big data per programmare manutenzioni, studiare consumi, linguaggi e comportamenti. Per convincere i grandi del mondo, la lotta al cambiamento climatico dev'essere anche redditizia. Le multinazionali ascolteranno davvero Greta solo farlo gli converrà economicamente, quando il green sarà più remunerativo di carbone e petrolio. Ma l'economia globale sta cambiando, e c'è da scommettere che presto le guerre per le risorse naturali non rinnovabili saranno sostituite da una competizione virtuosa, una corsa a sviluppare e vendere le tecnologie in grado di salvare noi e l'ambiente in cui viviamo. Nel frattempo però, ciascuno di noi deve fare la propria parte, riducendo i consumi e adottando uno stile di vita più rispettoso del pianeta. Perché, ci ricorda il pensatore cinese Lao Tzu: "Anche un viaggio di mille miglia inizia con un solo passo".