Gesellschaft | BURQA

Croce e… delizia

Il burqa, un abbigliamento che divide e fa discutere. Ivo Muser: “I divieti non risolvono. Serve dialogo e rispetto altrui”.
burqa111.jpg
Foto: upi

Burqa sì, burqa no? E’ un dilemma, su cui in tanti si arrovellano e si dividono. Da una parte vi è chi vuole vietare il burqa in tutto il territorio nazionale; per altro verso si sostiene che il burqa debba essere consentito tout court oppure solo in alcuni ambienti.

La risposta alla suddetta domanda non può essere sbrigativa, poiché ci si muove nell’ambito di una situazione complessa e delicata che presenta diverse sfaccettature nonché molteplici sfumature di significativa importanza.

La copertura integrale del volto col burqa (o burka) pone, infatti, interrogativi sotto i più disparati profili: sociali, giuridici, culturali e religiosi.

Abbiamo approfondito il tema col vescovo della diocesi di Bolzano – Bressanone Ivo Muser.

Salto.bz: Monsignor Muser, consentire che alcune donne si muovano in città col volto completamente coperto può creare a suo avviso un problema di sicurezza?

Monsignor Ivo Muser: Non bisogna partire da presupposti negativi. Ci dobbiamo aprire al dialogo interculturale e religioso senza paura.

Molti ritengono che il burqa mortifichi il corpo delle donne. Lei è d’accordo?

Sì, il burqa può costituire un segno di sottomissione e può essere limitante per la libertà di una donna. Come cristiano credo nei diritti delle donne e sono per l’uguaglianza tra donne e uomini.

Sono necessari la conoscenza reciproca nonché il dialogo libero, franco e rispettoso. Si devono accettare le differenze tra le persone ed essere consapevoli che un solo elemento ci accomuni: la nostra umanità. Giacché siamo uomini, abbiamo tutti la stessa dignità.

Secondo lei, allora, si deve impedire alle donne di indossare il burqa?

Non tocca a me stabilire le regole, ma proibire non è l’atteggiamento giusto. Se si introduce un divieto, in seguito la discussione finisce sotto al tappeto, non si risolve la problematica e inoltre si crea uno scontro tra culture.

Per evitare il conflitto culturale, qual è il corretto approccio?

La conoscenza reciproca nonché il dialogo libero, franco e rispettoso. Si devono accettare le differenze tra le persone ed essere consapevoli che un solo elemento ci accomuni: la nostra umanità. Giacché siamo uomini, abbiamo tutti la stessa dignità.

La Croce è il simbolo religioso per eccellenza, è il nostro credo, la nostra appartenenza a Cristo, morto, incarnato e risorto. E’ un simbolo che non esclude nessuno, anzi coinvolge chiunque: Gesù non è morto solo per noi cristiani, ma per tutti.  E’ il simbolo della solidarietà verso tutte le persone che soffrono. E’ infine il simbolo del fatto che la morte non abbia l’ultima parola nella nostra vita.

Su quali basi si deve impostare il dialogo?

Certi costumi come il burqa, che è un simbolo più culturale che religioso - esso non è, infatti, usato in tutti gli Stati islamici - sono lontani dalla nostra cultura, quindi dobbiamo capirli dall’interno. Bisogna fare tavole rotonde per confrontarci: rispettare le scelte dell’altro, comprenderne le ragioni e insieme giungere a una negoziazione. Dobbiamo abituarci a convivere, nel rispetto delle regole e nell’osservanza delle leggi vigenti. Se non ci si parla, si creano mondi distaccati. Una donna islamica deve sentirsi libera di vivere secondo la sua cultura e coscienza. Allo stesso modo rivendico la presenza della Croce in pubblico.

 

A proposito di Croce, qual è il suo autentico significato oggi?

La Croce non è un simbolo culturale, né di tradizione e neppure di supremazia, ma è il simbolo religioso per eccellenza, è il nostro credo, la nostra appartenenza a Cristo, morto, incarnato e risorto. E’ un simbolo che non esclude nessuno, anzi coinvolge chiunque: Gesù non è morto solo per noi cristiani, ma per tutti.  E’ il simbolo della solidarietà verso tutte le persone che soffrono. E’ infine il simbolo del fatto che la morte non abbia l’ultima parola nella nostra vita.

Molti ritengono però non più opportuno collocare i crocefissi nelle scuole o in tribunale.  

Ma perché la Croce dà tanto fastidio? Si deve tutelare la libertà di culto, ossia di esprimere e professare la propria religione anche mediante segni esteriori in pubblico. E’ giusto rivendicare tale libertà per sé e per gli altri.

Vogliamo forse una società secolarizzata senza identità religiosa? In uno stato laico non ci si può liberare dalla religione e dai valori della nostra convivenza. La religiosità fa parte dell’umanità. Senza una propria identità religiosa non si può essere pronti al dialogo. 

Qual è il compito dei cristiani?

Noi cristiani dobbiamo riscoprire la nostra identità nel rispetto dell’identità degli altri e combattere per non far affievolire il sentimento religioso nella collettività. Sta a noi conservare i nostri valori e non far sparire i crocefissi dai luoghi pubblici. Vogliamo forse una società secolarizzata senza identità religiosa? In uno stato laico non ci si può liberare dalla religione e dai valori della nostra convivenza. La religiosità fa parte dell’umanità. Senza una propria identità religiosa non si può essere pronti al dialogo. Come cristiano soffro in Arabia Saudita a non potermi presentare con i simboli religiosi cristiani. E lo contesto.

Perché si deve, a suo avviso, consentire nel nostro Stato alle persone di fede non cristiana l’ostentazione dei loro simboli culturali o religiosi, non concessa invece ai cristiani altrove?

Noi non dobbiamo copiare il comportamento dell’Arabia Saudita. Non dobbiamo accettarlo. Non è umano. La libertà di religione non è libertà dalla religiosità, ma è vivere la propria religione nel rispetto del sentimento religioso e della sensibilità altrui. Altrimenti rischiamo di creare una società rigida.
 
 

Domani: Parte 2 - Il quadro normativo e giurisprudenziale con Ulrike Oberhammer.

 

 

 

Bild
Profil für Benutzer Redaktion - Redazione
Redaktion - Re… Mo., 20.03.2017 - 13:53

Nein, es gibt drei Folgen - morgen kommt die zweite Folge. Aus einem technischen Versehen war der Artikel in der google-Suche kurzzeitig sichtbar. Wir entschuldigen uns.
Die Redaktion

Mo., 20.03.2017 - 13:53 Permalink
Bild
Profil für Benutzer Oskar Egger
Oskar Egger Di., 21.03.2017 - 07:47

Ci riprovo: trovo fuorviante collegare un tema cosí importante come le regole islamiche sugli indumenti ad un' immagine di occhi sensualmente truccati. Il messaggio del burqa infatti é totalmente diverso ed é necessaria una profonda analisi su cosa siamo ancora disposti ad accettare di queste forme velate di violenza patriarcale.

Di., 21.03.2017 - 07:47 Permalink
Bild
Profil für Benutzer Oskar Egger
Oskar Egger Di., 21.03.2017 - 15:24

Ich persönlich finde dieses Geliebäugle mit der Verschleierung ein Aufbäumen des Patriarchats und kein Zeichen von Demokratie und ich will mir einen psychologischen Diskurs dazu vorstellen und nicht diese Weihwasserhaltung, die salto zu diesem Thema zeigt.

Di., 21.03.2017 - 15:24 Permalink
Bild
Profil für Benutzer gorgias
gorgias Di., 21.03.2017 - 18:58

Una donna islamica deve sentirsi libera di vivere secondo la sua cultura e coscienza. Allo stesso modo rivendico la presenza della Croce in pubblico.

Hier sieht man das eigentliche interesse des Bischofs. Es man greift die Symbole der anderen nicht an damit die eigenen verschont bleiben. Wobei es ein unterschied auch nocht ist, ob in einem öffentlichen Gebäude ein religöses Symbol hängt, oder ob jemand der es betritt trägt oder anhatt.

Di., 21.03.2017 - 18:58 Permalink
Bild
Profil für Benutzer Oskar Egger
Oskar Egger Mi., 22.03.2017 - 08:04

Unabhängig von allen Islamwissenschaftlern, von Karl Marx, der ganz klar geäußert hat, dass für den Moslem jeder Nicht-Moslem ein Feind zu sein hat (so der von Marx zitierte Koran) und allen gemäßigten Politikern, die berechtigte Bedenken äußern, braucht man sich nur die Artikel von Frau Alice Schwarzer auf Emma durchlesen, eine wirklich durchdachte Analyse des Patriarchats. Deswegen lass ich kein Argument bzgl. Populismus, Rassismus, Intoleranz oder Demokratiefeindlichkeit bei Islamkritik gelten. Es ist der Islam der gefordert ist, eine Phase der Aufklärung durchzustehen, nicht die Demokratie, mittelalterliche Vorstellungen zu legitimieren.

Mi., 22.03.2017 - 08:04 Permalink