Gesellschaft | Testimoni

“Non fermiamoci qua”

Il figlio di Josef Mayr-Nusser invita chiesa e politica a non accontentarsi della beatificazione: “basta obbedienza, la coscienza individuale deve poter prevalere”.
Albert Mayr
Foto: Museion

Nei giorni che hanno preceduto la solenne cerimonia di beatificazione, il figlio del martire del nazismo Albert Mayr è stato messo sotto torchio dalla stampa divenendo il protagonista di decine e decine di interviste. Ecco quali sono le sue riflessioni, ormai a ridosso dell’appuntamento con la beatificazione del padre, prevista in Duomo a Bolzano alle ore 10 di sabato 18 marzo. Con annessi dubbi sulle occasioni perse e la necessità oggi ancor più forte che la ‘scomodatestimonianza di  Josef Mayr-Nusser venga davvero presa sul serio. Attualizzandola nella rivisitazione storica del dopoguerra altoatesino e nell’inquietudine generalizzata dell’odierna fase della vita europea

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salto.bz : Alla chiesa e alla società altoatesina sono stati necessari quasi 75 anni per arrivare a riconoscere il giusto spessore alla figura di suo padre. Non è un periodo un po’ troppo lungo?
Albert Mayr - Il riconoscimento chiaramente a questo punto c’è. E riconosco che per la chiesa dell’epoca è stato davvero difficile mettersi contro il potere politico imperante in tutto il mondo sudtirolese. Un potere che aveva deciso di dimenticare ed obnubilare tutta la resistenza sudtirolese, non molto grande ma più che rispettabile ed anzi di altissimo livello. La Volkspartei aveva deciso di mettere in primo piano il Volkstumskampf ponendo l’attenzione sugli italiani che opprimevano. Cosa che era vera, ma di fatto nel heiligen Land Tirol è stata dimenticata la dimensione etica. Inoltre nel mondo tedesco c’era e c’è tuttora un problema di fondo. 

Quale?
La Autoritätsgläubigkeit (fede cieca nell’autorità). Nel mondo di lingua tedesca da questa cosa non si scappa. Bisogna ricordare che il primo a dire che l’obbedienza non è più una virtù è stato un italiano: don Milani. 

Beh, c’è anche Hannah Arendt…
Sì, ma nessuno sa chi è. E’ una questione di carattere culturale, antropologica e molto molto radicata. Mettere in questione un’autorità statale per quanto illegittima, brutale o criminosa possa essere, è una cosa che non si può fare nel mondo tedesco. 
In ogni caso penso che ora sia molto bello che la chiesa fin dal pulpito più alto abbia finalmente riconosciuto la validità di mio padre. Ma in tutte le interviste di questi giorni l’ho detto e lo ribadisco: non possiamo fermarci qua. 

Il difficile comincia il giorno dopo, insomma. Le reliquie si possono sempre venerare, ma fatto anche un altro lavoro…
Sì, tenendo presenti due punti che per mio padre erano molto importanti. Il primo è la coscienza individuale, che per fortuna è stata rivalutata. Ma andrebbe fatto un discorso non solo a livello alto e per addetti ai lavori, perché altrimenti la base non recepisce nulla. Insomma: se ne dovrebbe discutere nei consigli parrocchiali e dovrebbe passare attraverso le prediche domenicali, non solo nel dibattito tra i teologi.
Il secondo aspetto e problema che mio padre si è posto è quello del rapporto tra religione (chiesa) e potere statale. Mio padre ammirava molto Tommaso Moro che già nel ‘500 aveva sollevato questa problematica. Rimettendoci la vita come mio padre. Ebbene: per 2mila anni questa è rimasta una zona grigia. E il mio augurio è che mio padre non venga solo messo su un piedistallo e venerato. 

Però di Josef Mayr-Nusser in questi giorni in Alto Adige se ne parla tanto. E quindi molte persone saranno portate inevitabilmente ad informarsi e quindi interrogarsi. Approfondendo e forse capendo a fondo il significato del suo gesto. 
Sì, allora queste persone arriveranno a chiedere alla chiesa: come la mettiamo con la coscienza? Abbiamo degli esempi importanti: Tommaso Moro, mio padre, Franz Jägerstätter. Però in queste tre settimane dall’anniversario della morte di mio padre alla beatificazione in realtà non ho sentito accenni da parte della chiesa su queste tematiche. Il mio ottimismo iniziale si sta allora restringendo un tantino…

La chiesa tende a concentrarsi un po’ sul suo specifico celebrativo. La solennità, i velluti, l’incenso…
Sì, però il cristiano di tutti i giorni che fa? Se lo mandano a combattere in Iraq, una cosa assurda, che fa? Se in Germania gli fanno costruire le armi da mandare nelle zone di guerra, violando la Costituzione, che fa? Che dice? Obbedisco? 

Se è così siamo da capo, dice lei.
Uno po’ sì. 

Come vede la SVP? Sembra aver fatto un passo in avanti rispetto all’originario Volkstumskampf. Una nuova generazione sta prendendo in mano il partito di raccolta…
Non sono aggiornatissimo sulle cose altoatesine e non sono in contatto continuo con Kompatscher. Però devo dire che con il Landeshauptmann ho avuto anche uno scontro. Nel 2015 mi hanno invitato ad un convegno sulla resistenza. La mia reazione è stata di pensare: bene, finalmente. Poi però mi arriva l’invito intitolato ‘Autonomia e Resistenza’ e scopro che il messaggio doveva essere che senza la resistenza non ci sarebbe stata l’autonomia. Ebbene: la cosa mi è sembrata a dir poco riduttiva. Mi è sembrato un approccio utilitaristico alla resistenza. C’è senz’altro anche quello ma, voglio dire, dopo 70 anni andrebbe fatto di più. Siamo - lo ripeto - nel heiliges Land Tirol. La dimensione etica non la tiriamo fuori? Lo facciamo finalmente un esame di coscienza? Diciamo chiaramente che “auch die Südtiroler waren Täter”?
 
Qualcosa di questo genere è stato affermato dall’Obmann Philipp Achammer in una recente intervista su salto
Bene. Però ad esempio io personalmente non ho mai sentito con le mie orecchie la frase “anche noi sudtirolesi eravamo colpevoli”. Dobbiamo dirlo: non eravamo tutti innocenti o pecorelle smarrite. In Alto Adige ci fu gente che coscientemente per anni e anni ha contribuito a seminare il terrore nazista. E noi i nazisti li conoscevamo bene, erano vicini di casa. 

In quegli anni li vertici della diocesi di Bressanone avevano chiare simpatie naziste…
Sì, anche se noi a Bolzano, che faceva parte della diocesi di Trento eravamo messi un po’ meglio. Comunque è certo che mio padre all’epoca dava noia nel confronto in atto tra  völkischer Kampf e Azione Cattolica. E questo senz’altro ha segnato il suo destino. 

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Albert Mayr è un compositore di musiche prevalentemente elettroniche, strumentali ed in mixed media: le sue installazioni sonore e le sue performances sono basate sull’interazione tra i suoni ed i rumori ambientali. Mayr ha anche pubblicato diversi scritti sulla musica elettroacustica, sulla musicoterapia, sulla musica ambientale, sull’ecologia acustica, sulla musica speculativa e sull’estetica del tempo.

 

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carlo sperzna So., 19.03.2017 - 08:00

Am Samstag fand die Seligsprechung statt. Wo waren unsere so sonst stramme Schützen. Wenn es um das Herz Jesu geht oder die Verteidigung vom Anderl aus Rinn dann marschieren sie in erster Linie. Was ist gestern (18.3.2017) passiert. Kurzschluss... Habe keine gesehen?

Südtirol wird dann eine normales Land werden wenn unsere lieben Schützen am Tag der Erinnerung 22-1 am Tag der Befreiung 25.4 und am Tag der des seligen Mayr Nusser aufmarschieren werden.

So., 19.03.2017 - 08:00 Permalink
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Robert Tam... So., 19.03.2017 - 17:02

Antwort auf von carlo sperzna

Der Schützenbund macht beim Anderlkult mit? Das ist mir neu. Können Sie das belegen, Herr Sperzna? Oder stellen Sie wieder inhaltsleere Behauptungen auf, wie vor wenigen Tagen, als Sie Hartmuth Stafflers Großvater Dinge vorwarfen, die völlig aus der Luft gegriffen waren?

So., 19.03.2017 - 17:02 Permalink
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carlo sperzna So., 19.03.2017 - 23:55

Antwort auf von Robert Tam...

Habe mich bei Herrn Staffler entschuldigt. Das Problem aber bleibt. Herr Hans Stanek war ein wiedriger deutschsprachiger Faschist den die Gemeinde Brixen in einer Festschrift hoch lobt....
Herr Casagrande stammt aus Leifers. Er hat es im fernen Deutschland geschaft zu sagen das sein Vater ein SS-ler war und damit abzurechnen. Bei uns aber gibt es nur Opfer

So., 19.03.2017 - 23:55 Permalink
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carlo sperzna So., 19.03.2017 - 23:30

Antwort auf von carlo sperzna

Sie sind vieleicht noch jung. Ich war vor ungefaehr 30 Jahren als Bischof Stecher den Anderlkult aufgab in Rinn und habe und wie die Schuetzen aufmarschieden sehen. Diese Tiroler Tradition musste aufrechterhalten bleiben. Im ORF Archiven gibt es sicher noch hunderte von Reportagen.
Das meine ich mit "wer die eigene Geschichte nicht kennt weiss auch nicht wohin er geht"

So., 19.03.2017 - 23:30 Permalink
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Robert Tam... Mo., 20.03.2017 - 14:44

Antwort auf von carlo sperzna

Also gab es in den - sagen wir mal - letzten 25 Jahren kein offizielles Anderl-Gedenken seitens der Schützen?
Diesen Stanek kenne ich nicht. Ihren Beschreibungen, Herr Sperzna, entnehme ich, dass es ein Anhänger totalitärer Ideologie gewesen sein muss. Wer hat denn diese Festschrift verfasst, in der ihn die Gemeinde Brixen so lobt? Vielen Dank im Voraus für die Info.

Mo., 20.03.2017 - 14:44 Permalink
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carlo sperzna So., 19.03.2017 - 08:16

Auch Südtiroler waren Täter. Ja aber alles unter dem Teppich gekehrt. Ein Volk von Opfern: Kieg, Faschismus, Nationalsozialismus, Armut, Überschwemmungen, der böse Besatzer, Muren und Lawinen
Das weiterbehalten und Pflegen dieser Lüge kann nur der Gesellschaft schaden auf den Weg zu mehr Offenheit.
Wer die eigene Geschichte nicht kennt weiß auch nicht wohin er geht pflegen meist viele unserer Patrioten zu sagen. Wer waren diese Täter?

So., 19.03.2017 - 08:16 Permalink
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Karl Trojer Di., 21.03.2017 - 11:09

Dank dem Albert Mayr-Nusser für seine durchaus klare Sprache ! Ich denke, dass es sinnvoll wäre, die ehemals aufgebrochenen Risse zwischen Optanten und Dableibern behutsam zu heilen. Ich war 5 Jahre alt, als 1943 deutsche Landser, vom Reschen kommend unter großem Jubel durch Schlanders zogen und gleichzeitig die italienischen Soldaten übers Martelltal in die italienische Nachbarprovinz abzogen. Mein Vater, ein sehr friedfertiger und fürs Gemeinwohl engagierter Mensch, war als SS-Gebirgsjäger in Finland eingesetzt. Meine Mutter musste uns drei Kinder durchschlagen und widerwillen Wirtin sein. Diese beiden jungen Menschen hatten sich fürs Deutsch-Sein-dürfen eingesetzt und waren dem Wahn ausgesetzt, Hitler hätte Südtirol vom Faschismus befreit. Wir hatten optiert, kamen aber, Gott sei Dank, nicht soweit, auzuwandern. Ich weiß nicht, ob ich damals nicht auch optiert und die Dableiber verachtet hätte. Heute bin ich den damaligen Dableibern dankbar, letztlich haben sie die Voraussetzung dafür geboten, dass Südtirol heute ein so freies, friedliches und wohlhabendes Land ist. Wenn heute die Mehrheit der jungen Franzosen einer Le Pen ihre Stimme gäben, dann müssten europaweit die Alarmglocken läuten. Fanatische Ideologien wie der Nazionalsozialismus, der Faschismus, der stalinistische Kommunismus, werden heute von Hasspredigern und Lügenschleuderern abgelöst; sie verbreiten Angst ohne Problemlösungen anbieten zu können; gleichzeitig zerstört die weltweite Finanzspekulation mit ihrer Gier das friedliche Miteinander und täuscht mit Konsumzwang den Wohlstand vor. Die Schere zwischen Arm und Reich öffnet sich zusehend. Diesen Zuständen entgegenzuwirken ist m.E. dringendste Aufgabe unsere Zeit. Eine Stärkung Europas mit Marshal-Plänen für Afrika und Südamerika erscheinen mir dafür geignet zu sein.

Di., 21.03.2017 - 11:09 Permalink