Politik | Il libro

Il Sudtirolo di Michael Demanega

Una terra libera nella quale le differenze culturali tra i vari gruppi linguistici dovrebbero rimanere ancora marcate. Questo il Sudtirolo del “futuro” sognato dal segretario generale dei Freiheitlichen.

Südtirol non è propriamente un libro. Piuttosto un opuscolo, un compendio, un manifesto che sintetizza in modo agile e compatto la Weltanschauung dei Freiheitlichen, presentata da un giovane militante in poco tempo riuscito a diventarne il segretario generale. Per questo motivo si tratta di un testo utile, perché offre la possibilità di conoscere l'orizzonte culturale di un movimento che negli ultimi anni ha raccolto un notevole consenso, soprattutto grazie all'idea di un “libero stato sudtirolese” da contrapporre alla più blanda prospettiva autonomistica perseguita dalla Svp.

Salto.bz: Michael Demanega, quando le è venuta l'idea di scrivere questo libro?
Michael Demanega: Molto tempo fa, diciamo che queste pagine sono il risultato di riflessioni accumulatesi per anni, e che adesso mi sono deciso a sfoltire condensandole in una forma più agevole.

Chi dovrebbe leggere il suo libro, o meglio, come ha pensato di diffonderne la lettura?
Ho stampato a mie spese 1000 esemplari, chiunque sia interessato può contattarmi per averne una copia. Per quanto riguarda la sua diffusione, sfrutterò i canali del partito e di altre associazioni. Immagino che possa risultare particolarmente utile ai giovani, ma anche a tutti quei politici, come quelli appartenenti al cosiddetto partito di raccolta, che hanno dimenticato la Weltanschauung espressa in queste pagine.

E qual è dunque questa Weltanschauung, qual è l'idea centrale del libro?
L'idea centrale ruota attorno alla definizione dell’identità culturale del Sudtirolo, basata sull'esistenza di una minoranza tedesca e ladina in grado di continuare a rivendicare il diritto di poter decidere la configurazione statuale più appropriata alle sue esigenze. Ritengo infatti che solo dando luogo a un nuovo stato sia possibile finalmente assicurare a ogni gruppo linguistico residente in Sudtirolo la piena salvaguardia e il libero sviluppo delle singole identità.

Ma la formazione di un nuovo stato non porterebbe alla creazione di una nuova minoranza (quella italiana, ndr), suscettibile a sua volta di sentirsi discriminata?
Gli italiani devono prendere atto che l'inclusione del Sudtirolo all'interno dello stato italiano è avvenuta grazie a un'ingiustizia storica. Del resto, un conto è avere 400.000 sudtirolesi in rapporto a 60 milioni di italiani, un altro pensare al rapporto reciproco di questi gruppi con numeri molto inferiori e sicuramente più in equilibrio. Un po' come avviene in Svizzera.

In Svizzera però ci sono i cantoni, dove i diversi gruppi possono vivere accostati, in un certo senso da “padroni” in casa propria.
Beh, penso che una cosa del genere potrebbe accadere senza problemi anche qui. Del resto il Sudtirolo è già diviso in diverse circoscrizioni (“Wahlkreisen”), ognuna con un proprio carattere. La città di Bolzano, per esempio, potrebbe acquistare più importanza in una cornice di tipo cantonale.

Lei pensa davvero che favorire questo tipo di divisioni sia compatibile con lo sviluppo dell'Europa? Avete mai provato a discutere queste idee in contesti internazionali?
Certo, ci siamo confrontati con esperti di diritto internazionale. Non pochi sono dell'opinione che al di là dei vincoli giuridici, degli accordi tra gli stati, quello che alla fine conta sia la volontà della popolazione. Se la popolazione, in modo convinto e compatto, persegue la finalità di creare un nuovo stato, allora la cosa diventa realizzabile.

Una tendenza che metterebbe capo alla creazione di un grande numero di piccoli stati...
Non penso. Non sono in realtà molte le regioni europee che ambiscono veramente a staccarsi dai contesti nazionali nei quali sono costrette a vivere: le Fiandre, i Paesi Baschi, la Catalogna, la Scozia. Il Sudtirolo.

Torniamo al libro. Il testo è nato da sue personali riflessioni o si è basato su una letteratura di riferimento? Più in generale: quali sono, se ci sono, gli autori che l'hanno ispirata?
Sicuramente molte cose mi hanno ispirato, mi sento per esempio vicino al modo di concepire la politica dei romantici, ma non volevo appesantire il testo con troppe citazioni o note a pie' di pagina. Se vogliamo parlare di autori, diciamo che Carl Schmitt, con la sua dicotomia “amico-nemico”, è sicuramente un mio riferimento. E per quanto riguarda autori sudtirolesi, direi subito Josef Fontana.

Josef Fontana era di Egna, lei è di Salorno. Possibile che l'essere nato al cosiddetto “confine linguistico” abbia prodotto una certa inclinazione ad occuparsi di temi patriottici?
Sicuramente. A Salorno è forse possibile osservare meglio che altrove quanto sia problematica la sopravvivenza della minoranza tedesca, essendo sottoposta a un processo di costante assimilazione culturale. Direi che se a livello generale i sudtirolesi, quelli che si sono allontanati da certi valori, rischiano di perdere la loro identità perché tendono ad assumere semplicemente quella dello stato in cui vivono (se gli chiedessi dove vivono, guarderebbero la loro carta d'identità), a Salorno i tedeschi diventano sempre meno, e chi è figlio di coppie miste finisce col sentirsi in prevalenza italiano.

Lei sembra avere una vera e propria ossessione contro il fenomeno della mescolanza, dell'influenza reciproca tra le culture. E' un seguace della teoria di Zelger, quello che affermava “Je mehr uns trennen, desto besser verstehen wir uns”?
Il pensiero di Zelger è ancora attuale. Finché tedeschi e ladini rimangono in minoranza, non c'è dubbio che la divisione in certi ambiti, a cominciare da quello fondamentale della formazione, garantisce quella salvaguardia nei confronti della nostra identità alla quale non possiamo rinunciare. Ciò non toglie che a livello privato le persone possano incontrarsi e fare tutte le “mescolanze” di cui sentono il bisogno.

Ha mai provato ad invertire i termini della questione? Ha mai pensato che la nascita di una nuova statualità sudtirolese, proprio quel Sudtirolo indipendente che desidera lei, possa nascere forse solo sul presupposto di una profonda rivoluzione anche formativa, basata sull'unione e non più sulla divisione dei gruppi linguistici?
In questo momento gli italiani hanno una maggiore consapevolezza (“Selbstbewußtsein”), la loro lingua diventerebbe in breve quella dominante. A questo proposito facciamo giustamente sempre l'esempio di un un gruppo di tedeschi al quale si aggiunge un italiano: dopo un po' tutti si mettono a parlare in italiano. Da questo punto di vista favorire il contatto, o come dice lei l'“unione” sarebbe un esperimento troppo rischioso. Meglio non fidarsi. Io sono per la certezza.


 

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Martin Senoner Mo., 21.04.2014 - 08:52

schreibt Demanega sicher nicht. Aber auswärtige Besucher unseres Landes, wie zuletzt der Deutsche mit italienischen Wurzeln Mario Adorf, schätzen die Brückenfunktion, die Möglichkeit von klein auf zwei Sprachen zu lernen und in beiden Kulturen ein wenig zu Hause zu sein. Natürlich bedeutet das nicht, dass die lokalen Bräuche und die lokale Kultur nicht gepflegt werden sollen (auch die italienischen in den Städten), dabei gilt immer zu beachten, dass beide nicht statisch sind und sich mit der Zeit und im Kontakt mit anderen verändern.

Mo., 21.04.2014 - 08:52 Permalink