Kultur | SALTO WEEKEND

Anita, rarefatta ed ematica

Riedizione in lingua italiana del capolavoro di Anita Pichler “Come i mesi l'anno”. Occasione per riscoprire una delle più significative autrici della nostra terra.
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Foto: salto

Forse un po' inaspettatamente, e per questo la sorpresa è particolarmente gradita, la Biblioteca Civica è piena di gente. Si presenta “Come i mesi l'anno” (Edizioni alphabeta Verlag), libro bellissimo e arduo, scritto da Anita Pichler, autrice sudtirolese morta quasi vent'anni fa, ma ancora amatissima da chi l'ha conosciuta e ha fatto, sta facendo di tutto non solo per conservarne una memoria statica, ma per portarne avanti il testimone, mescolando così parole ed esperienze arretrate nel tempo agli umori dell'epoca presente. Di più. Siccome si tratta di un'autrice “tedesca”, quello che accade oggi è il recupero e la riproposizione dell'unica traduzione italiana finora realizzata (la prima volta uscì da Marsilio nel 1991), nella speranza che a riscoprirla – o a scoprirla tout court – siano davvero altri lettori e altre lettrici, giacché ogni traduzione è una scheggia perlacea che brilla sul buio dell'incomprensione tra popoli e lingue, piccola passerella di luce sulla quale si ha il privilegio di camminare incerti, posto che l'incertezza sia ancora apprezzata come un privilegio.

Brunamaria Dal Lago Veneri, Renate Mumelter e Sabine Gruber (appena rientrata nel novero dei finalisti che potrebbero ricevere il prestigioso Österreichischer Buchpreis per la sua ultima fatica, “Daldossi, oder das Leben des Augenblicks”) sono le tre officianti, amiche e testimoni, le ultime due anche curatrici del lascito, che rievocano e commentano e invitano. Nell'aria c'è un velo di commozione e gratitudine, nasce dalla consapevolezza di toccare un oggetto fragile, intrecciato ad aspettative che si vorrebbero impudicamente grandissime (è il valore dell'opera a richiederlo), ma ancora avvolte nel pudore di chi sa che dovrà ancora attendere per rivelarle.

Dal Lago Veneri accenna agli ultimi giorni della scrittrice, quelli della malattia e della fine. “Sono molto emozionata di poter parlare di Anita dopo vent'anni. Facevo parte del gruppo di persone che in quei terribili giorni hanno cercato di costruire intorno a lei una barriera al dolore, eravamo letteralmente un corpo unico e ci tenevamo stretti gli uni agli altri per non far passare la morte. Con lei parlavamo della traduzione dell'antica cultura popolare in parole, in suoni, in cose reali e attuali. Il tema, che poi è anche quello del libro, era il passato che si prolunga fino a noi, che diventa compagno di vita”. “Quando quella tensione si fece insostenibile – racconta ancora –, allora non ce l'ho più fatta, ho tolto il mio corpo che non poteva più fare schermo alla morte”. Una pausa, un respiro trattenuto, poi legge il primo frammento del libro, scelto a caso, ma davvero “Come i mesi l'anno” è anche un'opera-scrigno dalla quale si possono trarre gemme quasi per caso, semplicemente sfogliando e pescando distrattamente:

Andrò in paradiso. Arriverò in paradiso, me l'ha detto la giornalaia. Le ho dato una manciata di monete per il giornale.

Sabine Gruber alterna in tedesco e italiano altri ricordi alla fierezza di “essere riuscite [lei e Renate Mumelter, ndr] a garantire che il catalogo dei libri di Anita sia ancora accessibile”. Quindi schizza la storia di “Come i mesi l'anno”, intessuta attorno ai “dodici disegni per Oswald”. Emerge Bolzano, la città riconoscibile che fa da quinta alle vicende narrate, ai suoi piani continuamente sfumati, tra il passato leggendario e la vita attuale della protagonista. “Una delle immagini centrali è quella del naufragio, che lega la morte del poeta Von Wolkenstein alla crisi del rapporto tra Miriam Valier e Max”. Lavoro di percezioni finissime, scandite nel viaggio tra i sensi e l'anima, in un “vagabondare continuo tra il segno figurativo e la parola”. Tornano così le metafore d'acqua, “l'acqua che tutto fa dimenticare, segno, disegno e canto”, perché davvero – e se ne accorgerà chi legge – il testo della Pichler fluisce da pagina a pagina creando bolle di senso che, una volta apprese, tornano a liquefarsi, per poi raggrumarsi altrove, in forma e figura diversa. Acqua che pare sangue, allora. 

Vengono lette altre pagine, Gruber lo fa in tedesco, Mumelter dalla bellissima trasposizione di Valentina Di Rosa. “Siamo particolarmente contente di essere qui, in questa biblioteca – aveva già notato all'inizio Mumelter – perché in questo luogo sono riuniti libri in italiano e in tedesco, e per noi, come anche per Anita, il dialogo tra le culture e le lingue è un tratto irrinunciabile”. C'è spazio per un lamento, che sa di rammarico, più che di accusa: “Della ripubblicazione di questo libro, di questa splendida iniziativa ne hanno scritto i giornali italiani, ma finora l'attenzione del mondo tedesco ha latitato. Viviamo ancora in mondi paralleli...”.

Mondi paralleli che tornano a congiungersi, qui, in alto, nello spazio rarefatto eppure così ematico della letteratura. L'amministrazione comunale, intanto, ha da tempo deciso di dare ad una nuova piazza del quartiere Casanova il nome di Anita Pichler. In una terra nella quale nomi di vie e simboli esteriori sono notati solo per rianimare decrepite polemiche, è un segnale di positivo avvicinamento a quel Sudtirolo futuro che sembra non nascere mai. E per questo c'è bisogno di evocarlo ancora richiamandosi al passato, alle vite spezzate dei nostri migliori.

Anch'io apro adesso a caso “Come i mesi l'anno”, per cogliere la mia gemma quotidiana (ed è un giorno freddo e piovoso, di quelli che possono essere salvati e scaldati solo dalle pagine di un libro):

Da alcuni giorni i ghiacciai hanno cominciato a sciogliersi. I fiumi hanno superato gli argini, trascinano a valle alberi e massi. Travolgendo campi, sentieri battuti, case e strade. Inondano tutto al loro passaggio, campi da frutta e alberi, cospargono di fango i giardini pubblici. I mendicanti sono usciti dalle case lungo il fiume, si sdraiano al sole sui pendii. Mi siedo su una panchina con il blocco da disegno e la matita. Voglio disegnare ogni albero, tutte le foglie di tutti gli alberi rimasti ancora in piedi.