Gesellschaft | In fuga

Al Brennero la società civile c'è

Ecco la testimonianza di una delle due volontarie che da 7 settimane si recano al Brennero per osservare e cercare di dare un minimo sostegno ai profughi.

I profughi al Brennero non sono completamente abbandonati a sé stessi. Due giovani donne, Monika Weissensteiner e Sonja Cimadom, salgono settimanalmente al passo per monitorare la situazione ed offrire a titolo personale alcuni generi di prima necessità (thè caldo e qualche indumento invernale).

"La società civile c'è" ci ha significativamente detto Monika Weissensteiner, che abbiamo raggiunto al telefono nell'immediata vigilia di un'altra nevicata autunnale al Brennero. 

Monika Weissensteiner: siete al Brennero per conto di chi?
Monika Weissensteiner - Io con la Fondzione Alexander Langer e Sonja con l'Organizzazione per un Mondo Solidale (OEW). 

Com'è la vita quotidiana al Brennero? Come funziona l'andirivieni dei profughi?
Ogni giorno è un po’ diverso perché dipende dalla tipologia dei controlli che vengono adottati ma anche dallo sviluppo della politica europea per quanto riguarda i richiedenti asilo. Fatto sta che i flussi migratori, anche nel nostro territorio, sono una realtà. Può piacere o meno, ma è così.

Concretamente cosa fate lì?
Facciamo Monitoraggio, quindi in sostanza vediamo un po' com'è la situazione. Da un paio di settimane, e cioè da quando è iniziata la stagione fredda, stiamo anche portando su vestiti e thè caldo. E aiutiamo le persone a trovare la sala d'attesa riscaldata, così non restano fuori al freddo. Spieghiamo loro inoltre che si trovano sul lato italiano del confine tra l'Italia e l'Austria.

Il vostro monitoraggio come funziona?
Oltre alla verifica della situazione cerchiamo di capire le dinamiche che riguardano le  cosiddette riammissioni (n.d.r. i respingimenti da parte dell'Austria, letti nel contesto del regolamento Dublino). La nostra presenza è un sostegno minimo a queste persone, e nel contempo a chi al Brennero ci vive o ci lavora. E abbiamo comunicato le nostre osservazioni agli enti di riferimento. Soprattutto in questo periodo d'inizio della stagione fredda la situazione va peggiorando da un punta di vista umanitario.

Vi riconoscete nelle notizie che in questi giorni rimbalzano sui media?
Il tema è complesso e delicato. L’informazione di base è molto poca e questo si vede. Per il Brennero in particolare, di fatto noi siamo le uniche persone esterne ad essere qui più di una giornata e per più giorni alla settimana. 

Com'è successo che siete venute al Brennero? Vi hanno mandato le vostre associazioni?
Possiamo dire che l'iniziativa è nata sulla spinta… della società civile. Cioè l'iniziativa l'abbiamo presa proprio noi due, io nel tempo libero e Sonja durante l'orario lavorativo attraverso un accordo con OEW.  Io poi sono antropologa con esperienza di ricerca e di lavoro in ambito asilo, migrazione e salute. Quest'anno il premio Alexander Langer è andato a Borderline Sicilia, una rete d'impegno civile che fa monitoraggi sui diritti umani dei migranti in Sicilia. E Sonja oltre al lavoro sulla convivenza con la OEW ha anni di esperienza come corpo civile di pace in Kossovo. Entrambe abbiamo anche un background di formazione nella mediazione di conflitti. E qui al Brennero c'è una situazione problematica, è importante essere presenti.

Che tipo di persone incontrate al Brennero. Quanto si fermano normalmente?
Si tratta di ore. Le persone arrivano in stazione quando escono dal commissariato della polizia al Brennero, quindi dopo la loro riammissione da parte della polizia austriaca e la loro successiva identificazione in Italia.  Spesso queste persone non sono dotate dei vestiti invernali di cui c'è bisogno in un posto come il Brennero e in una stagione come questa. Ho visto anche persone in infradito camminare nella neve. Quasi sempre sono disorientate e non sanno dove esattamente si trovano. In questo momento difficile possono trovare conforto solo se hanno uno spazio chiuso dove magari possono bere anche una bevanda calda, mangiare qualcosa, riprendersi. Ci sono anche famiglie con bambini piccoli e neonati. E minori non accompagnati. Le persone arrivano soprattutto da Siria, Somalia ed Eritrea.

Una volta identificate queste persone cosa possono fare?
Un binario ha sempre due direzioni: quindi al Brennero una che va verso nord ed una che va verso sud. Quindi “possono” riprovare ad andare in Austria o in Germania, ma poi magari vengono rimandate nuovamente indietro. Oppure “possono” tornare verso sud. D'altronde se vanno verso l'Italia queste persone nella maggioranza dei casi finiscono per rimanere comunque per strada. Di per sé hanno diritto di chiedere asilo  (“protezione internazionale”) ma, se per esempio guardiamo alla situazione attuale in Alto Adige, per poter avviare la procedura d'asilo si scontrano nella pratica contro l'assurdo obbligo di dover segnalare un domicilio che non hanno. L'accoglienza insomma non è per niente scontata e i centri di accoglienza sono tutti pieni. E se ne hanno lasciato uno per cercare di andare a nord non hanno più il diritto di rientrare. 

Cosa ne pensate della preoccupazione che circola in merito al fatto che il presunto centro di accoglienza previsto al Brennero possa diventare una sistemazione stabile per i profughi?
C'è stata cattiva informazione. Si discute ora di un centro di accoglienza quando non c'è stata né una proposta né la volontà politica di fare questo. Un centro d'accoglienza secondo le nostre osservazioni non serve. Quello che serve è un punto di sostegno diurno dove le persone possono avere qualcosa di caldo da bere, dei vestiti e stare un attimo là per riscaldarsi e per riprendersi.  Questo bisogno è stato riconosciuto anche dal sindaco di Brennero, che ha espresso disponibilità in riguardo anche durante un intervista. Prima, qualche settimana fa, una tale proposta era stata comunicata in una conferenza stampa dalle autorità provinciali. Insomma: è inutile polemizzare su un centro che nessuno ha intenzione di istituire. 

Attualmente i profughi al Brennero su quale struttura possono contare?
Solo sulla sala d'attesa della stazione ferroviaria, che però è un po' nascosta. Se le persone che arrivano non trovano nessuno che dia loro indicazioni alla sala d'attesa non ci arrivano nemmeno. 

Chi vi sostiene al di là delle associazioni a cui vi appoggiate?
La gente. In occasione della prima neve al Brennero la Rai ci ha intervistate e subito diverse persone ci hanno inviato per i profughi cartoni pieni di vestiti. La società civile risponde positivamente, non è vero che ci sia solo una chiusura. 

Chi vuole aiutare può contattarvi?
I nostri contatti sono [email protected], tel. 331 9110393 e [email protected], tel. 334 1216413.

Ma al Brennero davvero ci siete solo voi al momento a prendervi cura di queste persone?
Non c'è nessun altro, e la nostra presenza non è la risposta quotidiana che serve. Però sembra che i servizi sociali si stiano muovendo ed è molto importante appoggiare in questo senso sia il distretto che il comune e il sindaco di Brennero. Voglio anche ricordare che le persone che  lavorano qui intorno alla stazionesono molto solidali con le persone. Ma sono situazioni quotidianamente difficili. Non possono essere loro ad occuparsi di tutto questo. Lo ripeto: non si tratta di un centro di accoglienza, si tratta comunque sempre di un punto di sostegno di base.