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Politik | Avvenne domani

Il dramma di una scelta

Riflessioni a ottant'anni dalle opzioni

Riflettere sui concetti di fascismo antifascismo nell'Italia nell'Europa di oggi. Cercare di calare, come sempre con grande attenzione e difficoltà, questi concetti, queste pratiche politiche nella diversa realtà altoatesina.

Ci hanno provato, lunedì sera, due storici di estrema capacità e prudenza come Hannes Obermair e Giorgio Mezzalira, invitati per un dibattito che si è svolto nello Spazio Resistenze gestito in via Torino, a Bolzano, dall'ANPI. Con questa iniziativa l'associazione ha voluto concludere il suo programma per un 2019 denso di avvenimenti e di impegni. L'immagine che rimane ferma nella memoria è ovviamente quella, recente, dei due presidenti Van der Bellen e Mattarella immobili davanti alla nuova installazione che ricorda le vittime passate attraverso i tormenti inflitti nel lager di Bolzano. Non si è esaurita qui, comunque, l'attività dell'ANPI altoatesino che, come ha sottolineato con soddisfazione il presidente Guido Margheri, ha aumentato di un buon terzo il numero degli iscritti negli ultimi dodici mesi. Parecchi sono giovani, a dimostrazione del fatto che sta suscitando interesse la svolta storica consistente nel portare avanti i valori politici e morali della resistenza al nazifascismo, anche quando i protagonisti di quelle vicende non possono essere più, per evidenti motivi anagrafici, presenti ed attivi.

Ma torniamo al dibattito di lunedì sera, nel corso del quale, soprattutto con gli interventi di Mezzalira, il raggio della riflessione si è allargato anche ad orizzonti più ampi di quelli meramente locali. Siamo di fronte, si è detto, ad una rivalutazione della pratica politica e delle ideologie che si richiamano al fascismo in molte realtà europee e ad uno sdoganamento di pensieri e di azioni che ormai fanno parte della cronaca quotidiana anche nel nostro paese. Alla specifica realtà altoatesina e dagli effetti nefasti della mancata presa di coscienza di quanto avvenne negli anni bui delle dittature ha fatto riferimento in termini molto precisi Obermair, secondo il quale l'Alto Adige è uno dei luoghi dove meno gli abitanti di tutti i gruppi linguistici hanno fatto i conti con la storia e con le terribili verità che essa ha rivelato.

Nella mente di chi scrive queste brevi note e che, in quel dibattito, aveva semplicemente ruolo di moderatore, le parole dei due storici hanno evocato, per l'ennesima volta, un pensiero amaro e inquietante al tempo stesso. Ne ho parlato spesso queste pagine e l'ho fatto anche recentemente, ma credo sia assolutamente necessario ripeterlo ancora..

Fra pochi giorni, il 31 dicembre, cadrà l'ottantesimo anniversario di quella notte fatale del 1939, che segnò la fine dell'ultimo giorno utile perché i sudtirolesi prendessero una terribile decisione. Furono le ultime ore entro le quali un popolo era chiamato spezzare in due, nella propria anima, il concetto antico è radicato di Heimat.

O rimanere agganciati a quella terra, a quelle case, a quei prati e a quei boschi che avevano rappresentato ragioni di vita per secoli e secoli, o scegliere di partire verso un destino incerto, verso un paese che i propagandisti sguinzagliati da Himmler avevano descritto come un nuovo paradiso per la razza ariana, ma che era un paese in guerra.

Sappiamo come andò a finire e forse il sapere che molti tra coloro che scelsero l'opzione per la Germania poi non partirono e che quindi l'esodo non fu di proporzioni così bibliche ci fa velo, forse,  per capire sino in fondo il dramma di quelle ore, le divisioni spaventose che si crearono tra chi aveva scelto di andare chi invece di rimanere, portando sulle spalle il fardello di traditore della propria gente.

È una storia che è stata raccontata, ma mai a sufficienza soprattutto ai giovani. L'impressione è che anche questo anniversario non sia stato sfruttato a dovere.