Wirtschaft | RITRATTO D'AZIENDA

Da Lagundo al mondo

Da Cuba alla Siberia, dall'Australia all'Algeria. Le macchine per la lavorazione della carne della Eller di Lagundo si trovano in 50 Paesi diversi in tutto il mondo.
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Foto: Assoimprenditori-Unternehmerverband

Passione, flessibilità, sacrificio, attenzione al particolare e alla qualità. Sono alcuni degli ingredienti della storia di successo della Eller, impresa familiare fondata nel 1960 da Franz Eller, presa in mano dal figlio Oswald e arrivata oggi alla terza generazione, rappresentata da Manuela: "L'ingresso in azienda - racconta - per me è stato un percorso naturale. Qui ci sono cresciuta, già da bambina assieme a mio fratello accompagnavamo papà alle fiere internazionali e per noi era sempre una festa, si vedevano sempre posti e cose nuove". Anche per Oswald gli inizi sono stati simili. "Mio padre Franz mi portava con lui a trovare i clienti, il rapporto con loro era molto personale". Oggi le cose sono cambiate, spesso si comunica per telefono o via mail. Quel che non è cambiato è l'entusiasmo per il proprio lavoro.

"Le nostre macchine si trovano in tutto il mondo. A Cuba producono un milione di hot dog al giorno"

La Eller produce macchine per la lavorazione della carne destinate a imprese dell’industria alimentare. A Lagundo, dove si trova l’azienda, lavorano 14 persone. Una tipica impresa familiare, ma con una particolarità: il mercato, fin da quando Oswald è entrato in azienda negli anni Ottanta, è il mondo. Papua Nuova Guinea, Tasmania, Qatar, Oman, Stati Uniti, Brasile, Giappone, Israele, Cuba: le macchine della Eller si trovano in oltre 50 Paesi di tutto il mondo. Ogni mercato conquistato ha una sua storia: “In Australia ci siamo arrivati grazie ad un’impresa di emigranti italiani. Per portare i nostri macchinari in Siberia è stato necessario realizzare dei contenitori speciali che avevano la forma dei treni russi in modo da permetterne il trasporto. Per sbarcare a Cuba ci abbiamo messo 4 anni, impiegati in gran parte in lunghe trattative con il governo”, racconta Oswald. Le trattative sono andate a buon fine: “Oggi le nostre macchine a Cuba lavorano circa 30 tonnellate di carne al giorno: per intenderci, ogni giorno producono un milione di hot dog”, prosegue Eller.

Per un’impresa di 14 persone non è facile seguire tanti mercati diversi. “Anche perché – spiega Manuela – quando le trattative coi clienti entrano nella fase decisiva bisogna sempre essere presenti sul posto”. Ancora qualche anno fa, quando l’internazionalizzazione dell’azienda era all’inizio, Oswald Eller passava all’estero oltre metà dell’anno. La prima trasferta “importante” – in azienda c’era ancora il fondatore Franz – Oswald Eller l’ha fatta a Belfast. “Non sapevo una parola di inglese, un disastro”, sorride. Poi, con l’esperienza, le trasferte successive andarono sempre meglio. Accanto al tedesco e all’italiano, durante i suoi viaggi Eller ha imparato a comunicare in inglese, spagnolo e addirittura in russo. “Sempre da autodidatta; e oltre alla lingue c’era da imparare anche la cultura, il modo ci rapportarsi, i diversi usi e costumi. Anche se queste lingue non le parlo perfettamente, coi clienti ci capiamo”.

"Non importa il settore di appartenenza o la dimensione, ogni azienda può sempre dare qualcosa in termini di esperienza"

Flessibilità e velocità nel rispondere alle esigenze sempre diverse dei clienti sono fondamentali (“Un esempio? I polli che si lavorano in Cile hanno un peso diverso da quelli europei e quindi è diversa anche la lavorazione. Oppure il salmone: in Russia deve essere molto affumicato, in Spagna appena appena. Le nostre macchine devono essere perfette sia per un mercato che per l’altro”), ma decisiva è anche la rete di contatti e la collaborazione con altre aziende: “Non importa il settore di appartenenza o la dimensione, ogni azienda può sempre dare qualcosa in termini di esperienza, know-how, consigli”, spiega Eller.

La tentazione di spostarsi all’estero, in un luogo più facilmente raggiungibile e con un costo del lavoro meno costoso rispetto all’Alto Adige, a Oswald Eller non è mai venuta. “Spostarsi non è così semplice come si potrebbe pensare. Cambia il contesto in cui lavori, le leggi, i collaboratori. E per un’impresa di dimensioni ridotte adeguarsi a tutti questi cambiamenti è difficile”. La richiesta alla politica locale è molto diretta: “Meno burocrazia, procedure più semplici. Un esempio molto concreto è quello dei contributi: abbiamo smesso di chiederli perché la procedura è troppo lunga e complessa. Troppo tempo per compilare moduli e carte e magari poi dover discutere con gli uffici. Molto meglio utilizzare i fondi per abbassare le tasse: è un aiuto più efficiente e veloce per noi imprese e anche l’amministrazione si risparmierebbe un sacco di tempo”.