Kultur | Literatur

Berliner Luft

Das "Istituto Italiano di Cultura di Berlino" hatte jüngst zum Abend "Literaturen aus Südtirol" geladen. Salto bringt ein ausführliches Nachgespräch mit Stefano Zangrando
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Foto: Foto: Salto.bz

Salto.bz: Eine Grenzregion und ihre literarische und sprachliche Vielfalt. Darum ging es am Donnerstag am Italienischen Institut in Berlin. Die Großstadt interessiert sich für die Provinz?
Stefano Zangrando: Più che un rapporto fra provincia e metropoli, direi che è un interesse del centro per il confine. L’attuale direttore dell’Istituto Italiano di Cultura Luigi Reitani, uno dei più autorevoli germanisti italiani, sta promuovendo manifestazioni che diano visibilità alle letterature italiane di confine e/o plurilingui, da Trieste alla Sardegna, e fra queste ha il suo posto anche l’Alto Adige-Südtirol. Reitani stesso è il curatore della collana dell’editore Marsilio di Venezia che nel 2014 ha pubblicato la traduzione italiana di Stillbach oder die Sehnsucht di Sabine Gruber, sicché, quando circa un anno fa gli proposi un’iniziativa che presentasse al pubblico berlinese qualche altra stella della nostra costellazione, l’intesa fu immediata, e la discussione di ieri ne è stata un compimento. Qualche giorno prima era stato proiettato il primo capitolo del film Verkaufte Heimat e la sala era strapiena, giovedì invece c’era meno gente – per via della bella giornata secondo gli organizzatori, ma forse anche perché la storia sudtirolese/altoatesina desta più interesse della sua letteratura. Di certo è eccessivo pretendere che una categoria come quella di “letteratura sudtirolese”, qualunque cosa circoscriva, susciti curiosità fuori dal Tirolo storico. E infatti l’incontro si chiamava più appropriatamente «Literaturen aus Südtirol».

Qualche giorno prima era stato proiettato il primo capitolo del film "Verkaufte Heimat" e la sala era strapiena...

Die Schriftsteller Kurt Lanthaler, Kareen De Martin Pinter und Sepp Mall waren geladen. Sie haben das Gespräch geführt: Können Sie die Standpunkte der Autoren kurz skizzieren?
Sepp Mall purtroppo non ha potuto essere presente per un contrattempo dell’ultimo minuto, ma lo abbiamo evocato ricordando il suo romanzo Wundränder (trad. it. Ai margini della ferita), dal momento che tratta di storia sudtirolese, e lo fa dal punto di vista dell’infanzia e dell’adolescenza. Quanto a noi tre, diversamente da Mall, che vive e scrive a Merano, incarnavamo tre possibili declinazioni dell’essere autori dal e non in Sudtirolo, essendoci in parte allontanati dalla nostra terra d’origine: Kurt Lanthaler vive tra Zurigo e Berlino, Kareen De Martin Pinter si è trasferita da qualche anno a Strasburgo, io oscillo in moto perpetuo fra il Trentino-Alto Adige e Berlino. Tuttavia il romanzo d’esordio di Kareen De Martin Pinter, L’animo leggero, è ambientato a Bolzano nei primi anni novanta e, narrando di un’infanzia e preadolescenza nella periferia cittadina, tematizza le tensioni etnico-linguistiche che abitavano la città in cui anch’io sono nato e cresciuto. E il percorso dell’autrice è abbastanza esemplare di quanto sta accadendo alla letteratura italofona regionale: si può anche partire dal proprio contesto d’origine, ma la letteratura, se è tale, non è mai solo locale. Si tratta di raccontare storie, di saggiare forme, di sviluppare un’estetica, insomma di un’arte e un’artigianato apprezzabili a più latitudini. La preoccupazione, secondo me giusta, dei giovani autori di lingua italiana delle ultime generazioni non è quella di elaborare una narrazione territoriale, ma di inglobare le proprie origini in una poetica che ne ridimensioni le pretese e ne smonti l’autoreferenzalità. Del resto «il Sudtirolo non è più interessante di qualsiasi altro luogo e non ha nulla di speciale da vantare, se non la propria varietà linguistica, di cui sta a ognuno saper fare tesoro»: questa è stata la provocazione di Kurt Lanthaler, che fin dagli esordi ha fatto dello sconfinamento e del plurilinguismo i suoi principi poetici. Parlare di letteratura sudtirolese, secondo Lanthaler, può servire agli studiosi e alle istituzioni per circoscrivere il proprio ambito di lavoro o di intervento, ma serve poco a scrittrici e scrittori, la cui casa è la lingua, o addirittura le lingue: se infatti può essere individuata una potenzialità – ancora poco espressa ma anche poco mercificabile – della letteratura del e dal Sudtirolo, questa è proprio nel plurilinguismo e nelle sue possibili declinazioni poetiche.

Berlino è forse il luogo più adatto per capire dove stia andando l’Europa, tra velleità progressiste e realtà turbocapitalista: la città sta mutando in un modo che la sta rendendo sempre più lussuosa e turistica, e un po’ meno accogliente per chi voglia viverci una vita normale

Kurt Lanthaler hat einen starken Berlin-Bezug in seiner Biografie, Sepp Mall hat das Buch „Berliner Zimmer“ geschrieben, Sie haben auch für einen bestimmten Zeitraum in Berlin gelebt. Ist Berlin eine Insel für Literaten und Übersetzer?
È arcinoto che negli ultimi decenni Berlino sia stata un polo d’attrazione per artisti e scrittori, e non soltanto per queste categorie di persone. Ma a contare sono poi le singole biografie: bisognerebbe chiedere a Lanthaler che cosa lo portò a Berlino, in cui ha vissuto e lavorato a lungo, e a Mall che cosa lo abbia spinto a narrare una storia che portasse il protagonista nella capitale tedesca sulle tracce di una donna amata dal padre. Per me Berlino è stata il luogo di una seconda nascita, dello sviluppo della mia parte tedesca, quindi di una deflagrazione interiore, di uno sconfinamento identitario e di un’iniziazione alla molteplicità senza le quali non avrei saputo trovare la mia strada. Ma questa è una cosa che può succedere a ognuno in un posto diverso. Del resto vari nostri amici e colleghi della Südtiroler AutorInnenvereinigung hanno ad esempio in Vienna la loro Großstadt di riferimento. Ma Berlino è forse il luogo più adatto per capire dove stia andando l’Europa, tra velleità progressiste e realtà turbocapitalista: la città sta mutando in un modo che la sta rendendo sempre più lussuosa e turistica, e un po’ meno accogliente per chi voglia viverci una vita normale. Qui ci si può incontrare, confrontarsi e dialogare in moltissimi bei posti raccogliendo un’infinità di stimoli, ma è sempre più difficile farlo con le tasche semivuote.

Weshalb gelingt ein Brückenschlag zwischen deutschem und italienischem Sprachraum in Südtirol nicht wirklich?
Posto che sia vero quanto si afferma nella domanda, credo che innanzitutto non ci sia ancora abbastanza fiducia nel bilinguismo – da entrambe le parti. Non ci si può sentire parte di una comunità plurilingue se non si parlano le sue lingue a un livello che permetta di comunicare per strada, nei bar, negli uffici, o di frequentare manifestazioni culturali o politiche nell’altra lingua, senza sentirsi inadeguati. Per molte persone è un circolo vizioso: se non sai abbastanza l’altra lingua, ti senti inadeguato; se ti senti inadeguato, non hai abbastanza motivazione per migliorarti e preferisci voltare le spalle all’altro, rifugiandoti nel recinto rassicurante della tua comunità linguistica. E questo oggi in tanti altoatesini italofoni si accompagna a un mal celato complesso d’inferiorità che scaturisce dalla propria reale minorità economica e politica, e che può indurre a un rifiuto ancor più deciso di quello dei sudtirolesi attratti dai rigurgiti anti-italiani. Ma così ci si nega all’avance culturale dell’altro. E il bilinguismo più che studio o pari opportunità richiede coraggio: bisogna imparare a buttarsi, a fregarsene degli errori, a sopportare le incomprensioni e i frantendimenti, lasciandosi sedurre dall’ignoto, sfidando i propri limiti, per il gusto di parlare e mescolarsi, finché le lingue, lavorando segretamente in noi, ci avvicinano gli uni agli altri più di quanto avremmo potuto sperare. Allora sì che inizia il godimento. Dovremmo imparare dai nostri nuovi concittadini, da quelle persone arrivate dall’Europa dell’Est, dall’Africa o dall’Asia che, spesso già bilingui in partenza, imparano indistintamente il tedesco o l’italiano o il ladino mosse da una strenua volontà di integrazione. E si esaltano: parlano italiano o tedesco o ladino e, quando lo fanno, si esaltano, perché il piacere di sentirsi plurilingui è una botta di vita.

Berlin hat ungefähr gleich viele Straßenkilometer wie Südtirol. Im Vergleich zur Anzahl an Literaturhäusern steht Südtirol hingegen schlecht da? Würde ein Haus, eine Struktur für Literatur, die literarische und sprachliche Vielfalt in der Grenzregion verbessern?
Sinceramente non lo credo più. Per anni ho accarezzato anch’io, come molti colleghi e colleghe sudtirolesi, l’idea di una casa delle letterature aggregante e molteplice ad un tempo, che offrisse manifestazioni, workshop, borse e premi, ho però sempre trovato una sostanziale resistenza delle associazioni e, complementare a questa, il silenzio delle istituzioni. Il motivo è semplice: esistono ormai talmente tanti orti e orticelli letterari in ogni angolo della provincia, ben concimati dai fondi pubblici e operanti in certi casi molto bene, che una casa delle letterature confliggerebbe con gli interessi di tutti e darebbe adito a invidie, tensioni e lotte di cui, in una terra come la nostra, non c’è proprio bisogno. La nostra peculiare pluralità letteraria e linguistica, del resto, è tale perché è la sua geografia a favorirla: mentre Berlino è una metropoli tedesca di pianura popolata ogni giorno da cinque milioni di persone fra abitanti e turisti, un aggregatore di talenti da tutto il mondo che si muovono agevolmente da un capo all’altro del tessuto urbano, l’Alto Adige-Südtirol è una regione alpina abitata da cinquecentomila anime che spesso parlano lingue ugualmente involute, seppur per ragioni diverse, e vivono per lo più nel proprio paesino, quartiere o versante di valle. Per una simile realtà, così dispersa, è già molto che ci sia quel che c’è. A Berlino abbiamo cercato di comunicare anche questo: in Alto Adige-Südtirol c’è un microsistema letterario vivace e variegato, autonomo e allo stesso tempo connesso ai grandi centri. Certo, una casa unificata delle letterature avrebbe il pregio di instaurare un dialogo alla pari con questi centri. Ma siamo sicuri che ne saremmo all’altezza?