Kultur | Salto Afternoon

musicalmente memorabile

Patricia Kopachinskaja, la Mahler Chamber Orchestra e Béla Bartok: insieme hanno fatto impazzire il pubblico delle 32esime Settimane Musicali che si chiudono domani.
Kopachinskaja
Foto: Meraner Musikwochen

Se due anni fa Andreas Cappello, direttore e fondatore delle Settimane musicali meranesi nel lontano 1995 e ormai ridenominate südtirol classic festival, per festeggiare il trentennale si era inventato una “torta speciale” e cioè una mostra di arte visiva dal tocco musicale essendo gli splendidi quadri dell’artista meranese Pierluigi Mattiuzzi una vera e propria “musica per gli occhi” tra colori e forme usate in tutte le loro variazioni, quest’anno, giunte alla trentaduesima edizione - ricca come sempre di nomi, sia sul piano musicale esecutore che su quello dei musicisti compositori – il coniglio uscito dal “cappello” è stata la violinista Patricia Kopachinskaja, le cui capacità e caratteristiche nell’incontrare le diverse variazioni di ritmo e sonorità contenute nel Concerto per violino e orchestra n. 2 di Béla Bartok mi permettono di invertire la metafora succitata nel senso che i suoni hanno generato nella mente di colui/colei che ascoltava una infinità di immagini trasformandosi quindi in musica visiva stimolando – per restare dentro la metafora - le orecchie a vedere. La struttura compositiva della partitura passava così da trionfali scene di guerra alle più dolci e tenere scene d’amore passando per ruzzolanti e divertiti creature da fumetto che si rincorrevano e giocavano come nei più originali film d’animazione creando atmosfere anche tetre e buie, da “brivido caldo”.

Tratti fumettistici li assumeva anche la nostra violinista star, classe 1977 e originaria della Moldavia, che già nell’entrar con passo deciso sul palcoscenico attraverso la disposizione ad arco dei componenti della Mahler Chamber Orchestra fece vibrare l’intero Kursaal: con abito vistoso color rosso-arancio Patricia Kopachinskaja è come planata nel dominante color nero degli orchestrali con quel mix straordinario tra aria da ragazzina e al contempo da femme fatale che manterrà anche nell’approccio allo strumento realizzato dal liutaio Gioanni Francesco Pressenda nel 1834, ed era - poi - ancora lei a “dare” il colore all’intera esecuzione in perfetta sintonia con la ricca strumentazione dell’orchestra. Già prevista per altro nella partitura che oltre al violino del titolo prevede anche un’arpa e tanti altri strumenti di percussione, magistralmente condotti alla giusta alchimia spirituale dal giovane direttore d’orchestra italiano Lorenzo Viotti che all’ultimo aveva sostituito colui che era previsto dal programma: il venezuelano Rafael Payare dovette disdire per una improvvisa operazione agli occhi. Lui, della stessa scuola “abbadiana” come la MC Orchestra, nata nel 1977: un ensemble di musicisti indipendenti provenienti da diversi paesi (quarantasei sono i membri, per l’esattezza) sulla base dell’avveniristica visione di un dialogo musicale internazionale dedicandosi soprattutto al periodo classico viennese e romantico, ma anche a prime esecuzioni contemporanee. Ho detto “formazione abbadiana” perché il mentore fondatore era proprio Claudio Abbado, il quale si alternava a Daniel Harding e a tanti altri nella direzione dell’orchestra. 

Oltre venti minuti di applausi con due brevi intermezzi musicali concessi come “bis” assieme ad alcuni dei musicisti della MC Orchestra erano il premio del pubblico per questo evento clou del festival, e l’entusiasmo era tanto anche sul palco visto che Patricia Kopachinskaja avrebbe voluto suonare ancora tanti piccoli brani pur di stare vicino a ogni singolo membro della MCO se non che era sul punto di partenza per la prossima tappa della sua tournée europea. Ricco l’elenco dei premi ricevuti in giro per il mondo e numerose le partiture scritte appositamente per lei, la “selvaggia del violino”….

Ed eccezionale anche la Mahler Chamber Orchestra che ancora una volta si è rivelata essere un ensemble che suona insieme nel pieno senso della parola amalgamandosi sulla base della perfetta conoscenza del proprio strumento e di un davvero singolare sensibile ascolto l’uno dell’altro. Ecco che poteva crearsi quella già citata “visionarietà immaginifica” che ha investito il folto ed entusiasta pubblico del Kursaal in quanto direttore d’orchestra, musicisti esecutori e musicista compositore erano diventati un tutt’uno facendo fluire i singoli suoni a volte stridenti e in costrutti particolari tra tonalità e cromatismi – i più diversi - che sulla carta sono assemblati come una rigorosa struttura ad arco. Rigorosa ma non rigida appunto permettendo le interpretazioni più diverse. Composto negli anni trenta, nel Concerto per violino e orchestra numero due si sintetizzano le differenti modalità sperimentali praticate dal giovane Bartok trasformandosi in quello che da tanti ormai viene definito il capolavoro del musicista ungherese che alla fine del 1940 aveva lasciato il suo paese emigrando negli Usa perché troppo forte - e troppo vicino - soffiava il vento dei regimi dittatoriali europei, quello di Hitler in particolare, dopo l’annessione nel 1938 dell’Austria. “Questo viaggio è, in fin dei conti, un salto nell’incertezza per allontanarsi da una certezza insopportabile”, scrisse Béla Bartok a un’amica svizzera. Ed è proprio quel clima angusto e quella atmosfera prebellica della seconda guerra mondiale che si percepisce tessuti in filigrana lungo tutto il suo Concerto. “Scrivere di questa catastrofe, io credo, è del tutto inutile”, affermò ancora nella lettera alla medesima amica, ma Bartok, inconsciamente forse, oppure no, ne ha scritto a titoli cubitali componendo il suo Concerto per violino e orchestra n. 2. Provare, anzi ascoltare, per credere!

Di notevole livello era ovviamente anche la seconda parte della serata con la Sinfonia n. 7 in re minore, op. 70 di Antonin Dvorak suonata dalla sola MCO con un animatissimo Lorenzo Viotti che fungeva da perno alle infinite diramazioni musicali.

 

Ricordiamo infine che il festival finisce domani sera, giovedì 21 settembre, con la Philharmonia Orchestra Londra diretta da Esa-Pekka Salonen per tutti coloro che vogliono recuperare l’ultima perla del programma 2017 del südtirol classic festival a Merano, benché esaurito da tempo, come tanti altri appuntamenti di questa memorabile edizione.