bozen_um_1898.jpg
Foto: w
Gesellschaft | Avvenne domani

Con le finestre aperte

Settembre 1968. Cronaca, piuttosto nera, di un mese qualunque.

Avvenne dunque che, il 23 settembre del 1968, un bolzanino, abitante in via S. Maurizio, del quale non faremo il nome, in omaggio ad un più che legittimo diritto all'oblio, si allontanasse dalla propria abitazione lasciando incautamente una finestra aperta. Quando ritornò a casa scoprì, non senza dolersene assai, che malviventi sconosciuti erano facilmente entrati nel suo domicilio ed erano riusciti purtroppo a trovare la somma di lire 400.000 (non una sciocchezza per l'epoca) conservata in un mobile, se ne erano impossessati, fuggendo e facendo perdere le proprie tracce.

Se a quel bolzanino, allora, qualcuno fosse andato a raccontare che mezzo secolo dopo c'è chi, nella sua città, va  proclamando il proprio rimpianto rabbioso per i tempi felici nei quali, afferma, si poteva stare giorno e notte con le finestre le porte aperte senza nulla dover temere, sarebbe stato indubbiamente cacciato a male parole e fors'anche con l'agitare di un robusto bastone.

Così vanno i tempi, ma il fatterello di cronaca, raccolto quasi per caso compulsando le cronache giornaliere dalla stampa altoatesina di cinquant'anni fa, suggerisce di dedicare la puntata settembrina del nostro viaggio attraverso il 68 bolzanino proprio ad una breve ricerca su come si vivesse, allora, del capoluogo e nella periferia di una Alto Adige che oggi vengono descritti come una specie di paradiso terrestre, in confronto alla depravazione, al degrado crescente che minaccia, a causa dell'invasione delle orde provenienti da paesi lontani, la nostra serenità e il nostro modello di vita.

L'occasione vien buona anche perché, tra i mesi che si susseguono in quell'anno denso di tragici avvenimenti e presago di grandi cambiamenti, anche nel piccolo microcosmo altoatesino, quello di settembre è forse il meno segnato da fatti di grande rilevanza. A livello internazionale vede al suo inizio gli ultimi colpi inflitti dagli invasori sovietici a quel che rimaneva della Primavera di Praga e alla fine un'altra puntata del massacro degli studenti messicani decisi a guastare la festa olimpica pronta ad iniziare nel paese centroamericano. In Italia la contestazione prende un attimo di respiro ma a fine mese, anche a Bolzano, gli studenti anticipano l'apertura delle scuole promettendo battaglia. A Lisbona esce di scena, stroncato da un'emorragia cerebrale, il vecchio dittatore Antonio Salazar e in America le femministe, durante una grande manifestazione, bruciano i simboli dell'oppressione di genere: dalle copie di Playboy ai reggiseni. Ignazio Silone vince il premio Campiello con il libro "L'avventura di un povero cristiano" e in un'oscura località della Danimarca tiene il suo primo concerto una band inglese che si presenta col nome, provvisorio di New Yarbirds. Solo qualche settimana dopo adotteranno quello definitivo: Led Zeppelin.

A Bolzano quel settembre del 1968 corre via, come si diceva, senza grandissimi avvenimenti di rilievo. I partiti iniziano a prepararsi, non senza contrasti, alle elezioni regionali fissate per la seconda metà di novembre. Ci sono le liste dei candidati da stendere e soprattutto incombe la minaccia dell'applicazione di una normativa nazionale che vieterebbe la candidatura ai dipendenti di Regione e Province. Per certi partiti sarebbe un'ecatombe. Il ministro dell'Interno Franco Restivo arriva per inaugurare la 21ª edizione della Fiera Campionaria che, come le venti precedenti, registra un grande successo di pubblico. I quartieri espositivi di via Roma sono ormai chiaramente insufficienti per accogliere tutti gli espositori. Nel giro di qualche anno inizierà l'esodo verso le fiere specializzate.

Tra le cronache politiche ed economiche fa capolino, tuttavia, anche una robusta dose di notizie di cronaca nera. Riesce difficile immaginare cosa succederebbe, al giorno d'oggi, se in una sola notte, tra le località di Lagundo e di Foresta, ignoti saccheggiassero quattordici auto di turisti germanici. Avviene il 6 settembre del 1968 e il 18 settembre successivo le auto saccheggiate sono addirittura venti. Nel frattempo, nelle campagne di Laives opera, per lungo tempo impunita, una banda di ragazzotti che tendono agguati alle coppiette che si appartano nei frutteti. In molti casi tutto finisce con una rapina, ma c'è anche una denuncia per violenza carnale.

A Bolzano vanno di moda i furti nei negozi del centro (4 e 9 settembre), ma non se la passano male nemmeno i rapinatori che colpiscono in pieno giorno addirittura all'interno di una banca che si affaccia sulla centralissima piazza Walther (11 settembre) o che si fanno consegnare il portafogli dalla vittima in una strada a due passi dal tribunale (13 settembre). È un classico quello della barista aggredita da un ubriaco cui non voleva più servire da bere (16 settembre) mentre una caccia ai ladri (21 settembre) finisce addirittura a colpi di pistola. Non mancano notizie più inquietanti come quella del pedofilo bloccato mentre cerca di insidiare alcuni ragazzini (25 settembre).

Il panorama è questo e va detto, per completezza ed onestà, che quel 1968, negli annali della cronaca altoatesina, può essere sicuramente considerato come uno degli anni più tranquilli. I bolzanini, gli altoatesini in generale, si stanno lentamente disabituando a vedere interrotte le loro notti dagli scoppi degli ordigni esplosivi, dal suono delle sirene ed anche dai conflitti a fuoco tra terroristi e forze dell'ordine. È una pausa che durerà poco, perché, di lì a qualche anno, sia pur con esiti meno sanguinosi, i signori del tritolo torneranno a far sentire la loro voce. Deve ancora arrivare anche l'ondata di reati, una microcriminalità diffusa ed insidiosa, legati all'uso degli stupefacenti. Negli anni in cui il consumo dell'eroina esplode in maniera drammatica, con una catena apparentemente inesauribile di morti per overdose, i tossicodipendenti, per procurarsi la dose quotidiana, devono effettuare furti a raffica. Saranno gli anni nei quali è normale vedere gente che va a passeggio portandosi dietro l'autoradio. Arriverà anche il periodo nero per le rapine in banca. A Bolzano i dintorni i colpi si susseguiranno con cadenza quasi settimanale e andare allo sportello per un prelievo o un pagamento diventerà un'avventura assai poco piacevole. Quasi sempre, per fortuna, tutto finisce con la consegna del contante ai rapinatori e con la fuga, ma in qualche caso si spara e una volta ci scappa anche il morto. L'ondata dei sequestri di persona, partita dalla Sardegna e dalla Calabria, ma dilagata poi in tutto il paese terrorizza soprattutto i ricchi. A Bolzano verrà rapito un noto industriale, ma diverse famiglie spediranno i pargoli a studiare in qualche ben protetto collegio svizzero.

Tutto questo per riflettere sul fatto che forse il mito dell'epoca d'oro nella quale si poteva dormire con porte e finestre aperte appartiene più alla retorica di un estremismo politico che non tollera obiezioni che alla realtà.

Nel ricordare questi fatti, chi scrive non si illude minimamente di poter cambiare la cosiddetta "percezione" dell'insicurezza che domina incontrastata l'opinione pubblica anche nella nostra terra. Sarebbe come voler accendere un fiammifero svedese all'aperto durante l'imperversare dell'uragano Florence. Così però andavano le cose, cinquant'anni fa, e non dicendolo, in questo nostro viaggio tra gli avvenimenti grandi e piccoli di quell'anno fatale, mi sarebbe sembrato fare un torto alla verità.