Politik | Profughi

Quello che non ci dicono

Chi ha realmente diritto all’accoglienza, le responsabilità della Provincia, l'odissea di un giovane afghano. Le cose che non possiamo più permetterci di ignorare.

“Sono stranieri che non fanno parte delle quote che vengono assegnate dallo Stato all’Alto Adige. Sembra che si tratti di persone già registrate in altri Paesi o in altre regioni italiane. Ripeto, faremo ciò che va fatto dal punto di vista umanitario, ma non possiamo diventare un polo di attrazione. Tra l’altro sembra che alcune di queste persone siano state espulse da altre strutture. Ecco, è un motivo in più per essere cauti e capire bene la situazione e le ragioni di queste espulsioni”.

Aveva risposto così l’assessora Martha Stocker in una lettera diretta ai volontari di Binario 1 che, appena un mese fa, chiedevano di aumentare la disponibilità dei posti letto nei centri di emergenza freddo. Un allarme che negli ultimi giorni è tornato a scuotere le coscienze: sono infatti 160, denuncia la Fondazione Langer attraverso la “penna” di Monika Weissensteiner, “le persone che hanno presentato la loro domanda di protezione internazionale presso la Questura di Bolzano e che risultano su una 'lista di attesa' per poter accedere ad una struttura di accoglienza per richiedenti d'asilo. [...] Mentre alle famiglie con bambini piccoli è stata garantita un'accoglienza temporanea perché considerate categorie vulnerabili, gli uomini singoli sono per strada”. Sebbene il presidente della Provincia Arno Kompatscher abbia annunciato la necessità di un intervento immediato, l’assessora Stocker ribadisce l'esigenza di distinguere fra i profughi che rientrano nelle quote assegnate dal ministero dell’Interno alla Provincia di Bolzano (circa 850 persone) e quelli che hanno avviato la procedura alla Questura di Bolzano dopo essere giunti autonomamente nel capoluogo (i 160 di cui sopra, i cosiddetti “profughi ordinari”). E dunque, secondo l'assessora, occorre individuare, di fatto, chi ha diritto all’accoglienza e chi no. Ma è davvero così che stanno le cose?

Il decreto 18 agosto 2015 n. 142

Secondo l’articolo 1 del decreto 18 agosto tutti i richiedenti asilo che manifestano intenzione di presentare domanda di protezione internazionale, con o senza evidenze di identificazioni in altri paesi europei, dovrebbero avere accesso immediato all’accoglienza. Secondo le direttive europee recepite dall’Italia i richiedenti asilo dovrebbero essere accolti per tutto il tempo burocratico richiesto ai fini della determinazione della competenza dello Stato membro senza che ciò rappresenti un criterio di discriminazione ai fini dell’accoglienza stessa.  

Le responsabilità della Provincia

In seguito ai numerosi sbarchi e a una presenza di richiedenti asilo superiore alla disponibilità del sistema di accoglienza ordinario gestito da centri CARA e SPRAR, nasce l’accordo Stato-Regioni firmato nel luglio del 2014 che introduce il meccanismo delle quote. Si decide che la ripartizione dei profughi si baserà in primo luogo sulla percentuale assegnata a ogni regione del Fondo nazionale per le politiche sociali. In molte realtà italiane pertanto si creano due forme di accoglienza differenti: le strutture di tipo straordinario e temporaneo e le strutture ordinarie già esistenti (gli SPRAR). In Alto Adige l’accoglienza ordinaria non fa riferimento allo SPRAR, sistema nazionale a cui la Provincia ha deciso di non aderire. Mentre le strutture straordinarie che si sono create “ad hoc” in Alto Adige accolgono principalmente richiedenti asilo della rotta via mare, quelle ordinarie nascono come risposta alla presenza di richiedenti asilo che giungono in maniera indipendente sul territorio e iniziano le procedure per il riconoscimento della protezione internazionale a Bolzano. La Provincia, non prevedendo dunque un’“accoglienza extra”, è chiamata a rispondere in modo adeguato a una presenza stabile sul territorio di centinaia di richiedenti protezione internazionale che hanno diritto al medesimo trattamento di coloro che rientrano nelle quote, garantendo quantomeno il trasferimento dei richiedenti asilo nei centri SPRAR presenti in altre regioni

Irregolari e immeritevoli?

“Sembra che si tratti di persone già registrate in altri Paesi o in altre regioni italiane”.

La valutazione delle evidenze di identificazioni avvenute in altri paesi europei ai fini della determinazione della competenza degli Stati membri in base al Regolamento Dublino 3 non spetta né alla Questura né tantomeno alla Provincia, ma risulta esclusivamente in carico all’Unità Dublino di Roma che, considerando vari criteri ed attivando procedure condivise a livello europeo, stabilisce se la competenza è dell’Italia o meno. Le tempistiche entro cui tale processo dovrebbe avvenire possono variare dai 4 ai 5 mesi dalla formalizzazione della domanda di protezione internazionale. In questo arco di tempo è previsto per legge l’accesso ai medesimi servizi e diritti di altri richiedenti asilo identificati per la prima volta in Italia. Solo la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale può adottare decisioni relative al riconoscimento dello status di rifugiato (i tempi tecnici attualmente possono stimarsi in 8/10 mesi dalla formalizzazione della domanda). Valutazioni di merito espresse da soggetti diversi dalla Commissione territoriale possono essere rubricate sotto la voce “opinioni personali”, ma non dovrebbero essere utilizzate come giustificazione per escludere e negare l’accesso a misure di supporto o servizi destinati a queste persone

“Non possiamo diventare un polo di attrazione”

In un contesto dinamico di politiche e prassi a livello nazionale ed europeo è inevitabile dover fare i conti con una realtà territoriale di confine che osserva profughi in transito, altri che si fermano e altri ancora che dopo essere entrati in contatto con le autorità del Brennero vengono indirizzati alla Questura di Bolzano per le relative procedure di protezione internazionale. Ora, accade spesso che alcune persone richiedano accoglienza in altre città italiane ma vengano rimandati a Bolzano, dove hanno iniziato la procedura (sono infatti in possesso di un documento rilasciato dalla Questura del capoluogo altoatesino). Le questure, del resto, a causa dei flussi elevati, tendono a rimandare il richiedente nel luogo in cui è stata fatta domanda d’asilo. Sebbene venga spesso affermato che molti dei profughi che arrivano in Alto Adige siano “irregolari”, secondo la normativa italiana non esistono vincoli territoriali ovvero: non conta dove viene inoltrata la richiesta d’asilo, in quanto questa viene presa in consegna direttamente nel luogo in cui ci si trova fisicamente. Inoltre se anche le impronte sono state prese in altri paesi europei i profughi possono chiedere asilo in Italia. Nel periodo di tempo necessario per accertare la competenza e decidere l’eventuale trasferimento allo Stato membro competente l’accoglienza va garantita. 

Non tutto è come sembra

La Provincia di Bolzano assiste inevitabilmente a un flusso maggiore di persone da quando la Germania e l’Austria hanno applicato modalità più restrittive principalmente nei riguardi di profughi provenienti da determinate aree geografiche come l’Afghanistan e Pakistan, e hanno accolto soprattutto siriani. Contrariamente a quanto si possa pensare, visto il livello di attenzione riservato dai media agli uni piuttosto che agli altri, gli arrivi via mare sono decisamente inferiori a quelli via terra. Il viaggio attraverso la rotta dei Balcani è peraltro più lungo ed estenuante (spesso si conduce a piedi o si viene stipati in camion e vagoni ferroviari), senza contare i ripetuti maltrattamenti che i profughi subiscono dalle varie polizie di frontiera (l’Ungheria ne è un esempio drammaticamente palese). 

Emergenza freddo

Il Centro Emergenza freddo, il servizio del Comune del capoluogo dove i senzatetto possono trovare riparo per la notte nel rigido inverno bolzanino, non risponde ai criteri minimi di accoglienza del decreto 18 agosto 2015. Fornire unicamente un servizio notturno significa non essere in grado di monitorare adeguatamente la situazione e non poter intercettare e rispondere a vari gradi di vulnerabilità, come i disturbi da stress post traumatico o alla presenza di malattie. I posti di emergenza freddo messi a disposizione non risultano ancora sufficienti e inoltre molti dichiarano che l’accoglienza viene concessa per qualche giorno e solo se si ha fortuna, presentandosi ogni sera al centro, si continua a ricevere tale supporto.
I criteri minimi di accoglienza per richiedenti asilo previsti dalla normativa comprendono: 3 pasti al giorno (la Caritas offre esclusivamente il servizio cena), check up sanitari, oltre al fornire informazioni sulla procedura di richiesta d’asilo e indicazioni sui passi successivi da compiere.
Chi, fra i richiedenti, può permetterselo paga abusivamente un materasso in subaffitto (alimentando di conseguenza e ineluttabilmente anche il mercato illegale degli affitti), altrimenti si pernotta sotto i ponti, al freddo, in condizioni di sicurezza e igieniche intollerabili; oppure si occupano le case sfitte. 

Qualcosa di personale

Un senso di frustrazione costante è il sentimento più comune fra i profughi che arrivano nella presunta “terra promessa”; esemplare la vicenda accaduta a un ragazzo afghano fuggito dal proprio paese dopo essere stato vittima di pesanti maltrattamenti dai talebani insieme alla moglie, la quale, in seguito alle percosse subite, è finita sulla sedia a rotelle e quindi non ha potuto lasciare il paese insieme al marito. Il giovane ha subito atti di violenza anche da parte della polizia iraniana e ungherese: “le mie impronte sono state prese in Ungheria dopo che la polizia mi ha picchiato con un manganello elettronico (mostra le lesioni e ustioni sul corpo). Come posso chiedere protezione in quel paese? Ho paura di ritornarci. Ho chiesto protezione all’Italia, vivo per strada e mangio una volta al giorno. Mi hanno detto che devo aspettare molti mesi prima di poter entrare in un centro e forse decideranno anche di rispedirmi in Ungheria. Sono spaventato, non so dire se è più grave quello che ho passato prima di arrivare in Alto Adige o il fatto di dover restare in questa specie di limbo perenne senza sapere quale sarà il mio destino. Nel primo caso, almeno, avevo qualcuno in carne e ossa da poter incolpare. Oggi mi trovo a dover aspettare, come tanti altri, senza poter fare nulla per cambiare la mia situazione”.
Resta ora da capire se siamo davvero impotenti di fronte al dramma dei migranti, giustificando questa inamovibilità con la scusa dell’imprevedibilità quantitativa, o se l’etica della responsabilità non debba imporci piuttosto uno sforzo convergente di sensibilità (piegato anche sulle esistenti ed evidenti curvature normative), prima che sia troppo tardi.

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Massimo Mollica Mo., 21.12.2015 - 09:04

Da cittadino altoatesino sudtirolese, da elettore, da contribuente, da semplice essere umano, personalmente non mi interessa se una persona rientra o meno nelle quote spettanti. Va aiutato e basta. Questo fa parte della nostra natura!
E da cittadino di questa città aggiungo che vi sono palazzi interi totalmente liberi che potrebbero essere temporaneamente riconvertiti per dare un tetto a queste persone disperate. Tra i vari palazzi, quasi tutti in mano alle grande famiglie bolzanine, tutto capitale bloccato che andrebbe liberato per aumentare l'economia e battere la crisi, ve n'è uno in particolare della Provincia Autonoma di Bolzano Bozen. Si trova vicino alla stazione. Da contribuente trovo scandaloso che tale palazzo sia chiuso da anni e non venga utilizzato. E' bello, per altri, usare soldi e fondi non propri! Chiedo che venga riconvertito temporaneamente per ospitare un presidio di polizia al primo piano e sopra creare posti letto per la notte. E che cavolo!

Mo., 21.12.2015 - 09:04 Permalink
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Sepp Bacher Mo., 21.12.2015 - 10:26

Nun ich habe nicht den ganzen langen Artikel gelesen. Grundsätzlich habe ich Verständnis für die Haltung der Institutionen und der Landesregierung. Andererseits gebietet die christliche und humanitäre Hilfspflicht, zu handeln. Dabei erinnere ich mich an eine Studienfahrt nach Holland. Wir waren überrascht, dass wir in einer Kirche eine Kaffee-Ecke mit Tischen und Toiletten vorfanden. Man berichtete uns, dass dies von einer Tradition herrühre, als man arme und obdachlose Menschen im Winter in der Kirche einen Schlafplatz bot. So etwas müsste doch heute auch noch möglich sein!? Die meisten Kirchen sind auch noch geheizt! Außer den Kirchen, haben die Pfarreien meistens auch noch leerstehende Pfarrsäle. Auch besitzende Privatpersonen könnten Strukturen zur Verfügung stellen!
Zu den Fotos und Geschichten: Menschen in Baracken, unter den Brücken, auf Parkbänken, vor Geschäften, unter überdachten Winkeln, auf Pappkarton, mit Zeitungen und Decken zugedeckt, ist jetzt nicht gerade etwas ganz Neues. Ich kenne das in Bozen, seit ich hier lebe, also seit Ende der Siebziger Jahre. Ich musste sogar erfahren, dass auch ein Halbbruder von mir, den ich aber nicht kannte, unter solchen Umständen hauste.

Mo., 21.12.2015 - 10:26 Permalink
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paolo zucconi Mo., 21.12.2015 - 18:09

160 persone, anche se fossero tutte a bolzano, sono meno del 2x1000 della popolazione cittadina. credo che sia l'assessora stocker sia i comuni cittadini si possiamo rendere conto che non si tratta di masse oceaniche da gestire e che quindi una degna sistemazione per queste persone vada trovata al più presto.

Mo., 21.12.2015 - 18:09 Permalink