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“Non siamo fantasmi, cambiamo la legge”

La campagna di Famiglie Arcobaleno che rivendica diritti e tutele per i figli dei genitori LGBT+: “Siamo qui, ma per lo Stato non esistiamo: a rimetterci sono i minori”.
Famiglie arcobaleno
Foto: FA

Le famiglie arcobaleno presenti in Italia si contano a migliaia. Si tratta di genitori LGBT+ che a tutti gli effetti condividono oneri ed onori del ruolo che gli spetta, risultando al contempo, totalmente privi di un quadro giuridico di riferimento.

La legge Cirinnà, approvata nel 2016, ha riconosciuto alcuni diritti alle coppie dello stesso sesso lasciando però senza regolamentazione la relazione con i figli nati o cresciuti all’interno di una relazione omosessuale.

In altre parole, il genitore non biologico agli occhi dello Stato risulta invisibile, senza obblighi né vincoli legali nei confronti del proprio figlio.

Le ripercussioni di questa lacuna normativa non sono indifferenti: non è possibile riprendere i figli da scuola senza una delega, né assisterli in caso di ricovero o trattamento sanitario e nei casi più gravi, come la morte del genitore legale, potrebbe concretizzarsi il rischio di adottabilità.

Per questo motivo, l’associazione Famiglie Arcobaleno ha lanciato la nuova campagna “Non siamo fantasmi” e presenterà una richiesta formale ai presidenti delle Camere e al presidente della Repubblica finalizzata ad ottenere una legislazione chiara volta al riconoscimento alla nascita per entrambi i genitori e la sua estensione ai minori già nati, anche in caso di genitori separati.

 

Nuova campagna: “Dove lo Stato vede un fantasma, Gaia vede la sua mamma”. Il video di lancio della nuova iniziativa promossa dall’associazione Famiglie Arcobaleno


“Le famiglie omogenitoriali che si rivolgono allo sportello ascolto di Centaurus lo fanno soprattutto per questioni legali - spiega Andreas Unterkircher, presidente di Centaurus Arcigay Alto Adige Südtirol - In Italia infatti le famiglie arcobaleno non sono riconosciute perché la legge Cirinnà, la quale ha introdotto le unioni civili in Italia nel 2016, non comprende un’aspetto fondamentale della vita di una persona: la genitorialità. In questi casi l’unica possibilità di vedere riconosciuti i figli del proprio coniuge è intraprendere una battaglia in tribunale, il cui esito però non è per nulla scontato”.

“Quando parliamo di famiglie arcobaleno, parliamo di famiglie reali, non di un qualcosa di ideologico o teorico” sottolinea invece Arianna Miriam Fiumefreddo, vicepresidente dell’associazione. “I figli nati o cresciuti all’interno di coppie LGBT+ fanno le stesse cose e la stessa vita dei figli delle coppie eterosessuali, l’unica differenza riscontrabile riguarda lo stigma e il mancato riconoscimento giuridico. Noi viviamo un’epoca - prosegue - che assiste ad una continua riforma del diritto di famiglia: è stato abolita la distinzione tra figli legittimi e illegittimi, come è mutato il paradigma della patria potestà in favore del concetto di responsabilità genitoriale, perché di responsabilità si tratta e non di potere dell’adulto sul minore. Questo movimento riguarda tutte le famiglie e deve comprendere anche quelle arcobaleno che - ricorda - non è un fenomeno nuovo, ma ha più di trent’anni”.

Sarebbe già un passo avanti se i Comuni smettessero di opporsi alle richieste più basilari portate avanti dalle famiglie arcobaleno

Sono molti anche in Trentino Alto Adige, secondo Giuseppe Lo Presti per il nodo locale dell’associazione Famiglie Arcobaleno, i genitori omosessuali che anche in regione stanno lottando per i diritti dei loro figli. Circa una trentina sono i soci effettivi, ma le famiglie che in qualche modo fanno riferimento all’associazione - sostiene - sono molte di più.

Sebbene il cambio di rotta necessario finisce con il riguardare principalmente la normativa statale, anche la politica locale potrebbe avere un ruolo importante: “Sarebbe già un passo avanti se i comuni smettessero di opporsi alle richieste più basilari portate avanti dalle famiglie arcobaleno. Abbiamo a che fare spesso con situazioni molto incresciose. - sottolinea Giuseppe -. Il Comune di Trento, per esempio, ha rifiutato la trascrizione anagrafica di un certificato di nascita presentato da due mamme trasferitesi qui da un altro territorio. Quello che ha fatto il Comune è stato cambiare unilateralmente il cognome da un certificato già registrato e riconosciuto da un’altra amministrazione, sulla base di non si sa quale normativa. Le nostre socie - afferma - sono state costrette a ricorrere a vie legali e sono tuttora in causa”.

Ma la soluzione non è il tribunale, ci tiene a specificare, perchè l’unico risultato che si ottiene - se si ottiene - è la cosiddetta adozione straordinaria che, pur riconoscendo la genitorialità, esclude ogni vincolo di ascendenza e discendenza: “Le vie legali sono un ripiego. Il costo economico ed emotivo di un ricorso, assieme agli anni di colloqui portati avanti con i servizi sociali e i giudici, è molto alto.- conclude Giuseppe -. L’unica vera soluzione è una legge che riconosca i figli sin dalla nascita e che riconosca al contempo i genitori stessi, che sono alla pari di tutti gli altri nella vita reale ma totalmente invisibili agli occhi della legge”.