Sport | para ice hockey

“Non siamo considerati professionisti”

Tra competizioni internazionali e sessioni d’esame Cristoph Depaoli ci racconta il Para Ice Hockey, le sue Paralimpiadi e il superamento delle barriere linguistiche.
Cristoph Depaoli, Para Ice Hockey
Foto: Marco Mantovani

Cristoph Depaoli è un giocatore dei South Tyrol Eagles e della nazionale italiana di Para Ice Hockey, meglio conosciuto come hockey su slittino. Nato a Brunico e cresciuto a Caldaro, pltre allo sport sta frequentando l'ultimo anno di Management del Turismo, dello Sport e degli Eventi nella sede a Brunico dell’Università di Bolzano. Nonostante un infortunio alla mano da cui è riuscito a riprendersi perfettamente, in vista dei Giochi paralimpici di Milano Cortina 2026, a 25 anni Depaoli rappresenta il futuro della squadra. L’ultimo impegno sportivo della nazionale è stato il 10° Torneo Internazionale tenutosi a Torino lo scorso gennaio. Purtroppo i risultati non sono stati all'altezza delle aspettative. Dopo un brutta partenza, l’Italia ha sfiorato l’accesso alla finale perdendo 3-2 contro la Norvegia. Questa sconfitta riserva però una nota positiva in vista dei Mondiali in Canada in programma a fine Maggio. La squadra infatti “sta affrontando una fase di crescita”, ci ripete il giocatore, e si è potuta confrontare con altre nazionali di alto livello. L’obiettivo degli azzurri è quello di diventare più competitivi ed essere riconosciuti giuridicamente sportivi professionisti, in modo da poter puntare all’ambitissimo podio nei prossimi Giochi paralimpici che si disputeranno proprio sul suolo italiano.

 

Salto.bz: Depaoli, come mai ha deciso di praticare il para ice hockey?
 
Cristoph Depaoli: Mi sono avvicinato al Para Ice Hockey grazie ad uno dei miei compagni di squadra attuali che qualche anno fa ha deciso di formare una squadra a Caldaro, il paese in cui abito. Conoscendo già i miei genitori mi ha contattato per chiedermi se volessi provare ad allenarmi con loro. Dal momento in cui sono entrato in campo non ho più smesso di giocare.
 
Qual è stata la difficoltà più grande che ha affrontato nella sua carriera?
 
E’ difficile trovarne una in particolare. Ogni anno dobbiamo prepararci a grandi competizioni come i Giochi paralimpici, i mondiali oppure tornei internazionali e bisogna allenarsi molto. Oltre a questo una difficoltà che ho dovuto affrontare è stata la rottura della mano durante una partita di preparazione agli europei nel febbraio 2020. Sono stato costretto a trascorrere due mesi in casa senza poter praticare sport e temendo di non poter partecipare agli europei. Poi a causa del Covid-19 quell’anno sono stati annullati tutti gli eventi sportivi, quindi sono stato anche “fortunato” a non aver dovuto rinunciare a competizioni importanti.


 
E’ stato difficile far fronte agli impegni universitari durante la preparazione a grandi competizioni come le Paralimpiadi?
 
Non è stato per niente facile. In questo momento sto studiando Management del Turismo, dello Sport e degli Eventi nella sede a Brunico dell’Università di Bolzano. Spesso la preparazione alle competizioni internazionali o gli stessi tornei si svolgono durante la sessione d’esame e sono costretto a spostare molti esami in estate. In questo momento sono all’ultimo semestre e, se tutto va come programmato, dovrei laurearmi a luglio.
 
Qual è il ricordo più bello che ha dei Giochi paralimpici di Pechino del 2022?
 
Decisamente l’ultima partita. Abbiamo giocato contro la Repubblica Ceca la finale per decretare il quinto e il sesto posto. Nel corso degli over time ho segnato il gol decisivo e sono stato travolto da una gioia immensa. In totale hanno partecipato sette squadre, in quanto la Russia è stata squalificata a causa della guerra. Tra queste, solo l’Italia e la Slovacchia non sono riconosciute come squadre professioniste nel loro paese. Dunque già poter raggiungere il 5° posto non è un traguardo da poco, figuriamoci segnare il gol decisivo.


 
L’ultimo impegno sportivo con la nazionale è stato il torneo internazionale a Torino lo scorso mese, si aspettava una prestazione migliore da parte della squadra?
 
Il torneo era di alto livello. Abbiamo giocato contro la Repubblica Ceca e la Norvegia. Mi aspettavo una prestazione migliore contro i norvegesi ma siamo stiamo attraversando una fase di crescita. La squadra sta subendo molti cambiamenti in vista dei Giochi paralimpici di Milano Cortina che si terranno nel 2026, quindi è stato importante avere un confronto con altre nazionali. Ci siamo resi conto che dobbiamo crescere come gruppo. Inoltre durante questi tre anni di preparazione speriamo di essere considerati giuridicamente sportivi professionisti.

La mia fortuna è stata imparare la lingua praticandola

Lei è nato a Vipiteno e attualmente vive a Caldaro, due luoghi in cui si parla prevalentemente tedesco. Quanto le è stato utile lo sport per abbattere le barriere linguistiche del nostro territorio?
 
Per me è stata la salvezza. Tramite lo sport ho imparato molte cose, tra cui l’italiano. Ovviamente si studia anche a scuola ma non è la stessa cosa. La mia fortuna è stata imparare la lingua praticandola. Inoltre da quando ho 16 anni faccio parte della nazionale italiana di Para Ice Hockey, quindi ho avuto modo di confrontarmi spesso con i compagni di squadra di madrelingua italiana. Poi tramite i tornei internazionali ho avuto modo di conoscere persone di diverse nazionalità ed interfacciarmi con loro in inglese.
 
Crede che nei prossimi Giochi paralimpici invernali la nostra nazionale possa raggiungere il podio?
 
Ovviamente è quello l’obiettivo anche se non sarà facile. Come già accennato in precedenza non siamo ancora considerati professionisti ma spero che avvenga qualche cambiamento in vista dei prossimi Giochi paralimpici. Abbiamo bisogno di essere più competitivi ma sento che qualcosa sta cambiando. Ultimamente gli allenamenti con la nazionale sono sempre di più e anche le competizioni da giocare sono molte. Poi nelle Paralimpiadi siamo andati sempre discretamente bene, nel 2018 siamo arrivati quarti e nel 2022 quinti. Il bello dello sport è l’imprevedibilità, quindi perché non puntare al podio?